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#CriticARTe - "Sono Fernanda Wittgens". Una vita per Brera, a cura di Giovanna Ginex

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"Sono Fernanda Wittgens". Una vita per Breradi Giovanna Ginex
Skira, Collana Biblioteca d'Arte Skira, 2018

Formato: 15 x 21 cm

pp. 160
€ 19,00 Brossura






“Anima generosa e forte
Fernanda Wittgens
dopo le distruzioni della guerra
dedicò se stessa al risorgere
della città, della cultura
della Pinacoteca di Brera
attuando nell’antico istituto
il moderno concetto del museo vivente.” 
– Giovanna Ginex 


Fernanda Wittgens fu la prima direttrice donna della Pinacoteca di Brera, a distanza di 60 anni dalla sua morte, Skira Editore le rende omaggio attraverso un libro, che ripercorre le tappe salienti del suo delicato lavoro trentennale, in cui l’arte si mischia alle vicende storico politiche del tempo, all’opposizione al regime fascista e al conseguente imprigionamento. Brera, la ricostruzione postbellica cittadina, il carattere forte e coraggioso di una storica dell'arte, una moderna eroina antesignana del movimento femminista, di cui fino a oggi si conosceva ben poco, sono gli ingredienti di un libro di grande valore culturale, che si legge con fresca scorrevolezza. 

Il saggio "Sono Fernanda Wittgens"Una vita per Brera, a cura della storica dell’arte Giovanna Ginex, è introdotto dal testo di James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera e Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, ed è arricchito dai contributi di Ginex, Bernardi e Daffra. 
“Nell’intensa storia personale di Wittgens si intrecciano tre grandi temi: lo studio dell’arte lombarda cui contribuì con ricerche e scritti fondamentali, l’attività pubblica nei ruoli della soprintendenza a Brera, l’impegno sociale e politico di democratica e antifascista. In ognuno di questi aspetti e compiti Wittgens portava la sua straordinaria lucidità intellettuale, una tenace capacità organizzativa e un’indiscussa coerenza morale.”
La Pinacoteca di Brera che vediamo oggi è in gran parte la conseguenza dell’opera di tre direttori: Ettore Modigliani, Fernanda Wittgens e Franco Russoli. Questi si batterono per la visione di una "Grande Brera", ossia un sito di civiltà dal respiro cittadino ed internazionale, intorno al quale ruotassero non solo l’arte, il collezionismo ed il suo principale Museo, ma anche collaborazioni professionali, un laboratorio educativo, e la mondanità tipica di questi luoghi, atta a trasformare Brera nel cuore dinamico e pulsante di una Milano dal carattere contemporaneo. 
Il concetto di “identità” del tessuto sociale, della compenetrazione dell’arte nel tessuto cittadino, il ruolo del Museo come parte fondamentale e ponte tra queste due realtà in dialogo, sono solo alcuni dei principi cardine dell'operato dei tre direttori.

A partire dagli anni ’30, Fernanda Wittgens fa il suo ingresso a Brera come sovrintendente della Pinacoteca, al fianco del direttore Ettore Modigliani, occupandosi per il primo decennio di attività del restauro delle opere, nonché della ricollocazione e sistemazione del Museo stesso. Successivamente allo scoppiare della Seconda Guerra Mondiale, i lavori subiscono una brusca battuta d’arresto e, come purtroppo noto in molti altri casi, opere di inestimabile valore storico artistico, devono essere messe al sicuro. La necessità di mettere in salvo opere d’arte e monumenti dalla devastazione diviene una drammatica priorità.
È Fernanda a occuparsi di quest’onere, salvando dalla distruzione i capolavori della Pinacoteca, scortandoli personalmente in luoghi di rifugio al riparo dai bombardamenti. Il suo prestigio personale e le amicizie su cui poteva contare la pongono in una posizione per certi aspetti privilegiata, che le permette, fin dallo scoppio della guerra, di aiutare familiari, amici, perseguitati, ebrei, a espatriare. 

Dopo il bombardamento della notte tra il 14 e il 15 febbraio 1943 avvengono massicci trasferimenti, proseguiti sino all’inizio dell’estate dello stesso anno. 
Nella notte fra il 7 e l’8 agosto, Brera è colpita e devastata da bombe dirompenti e incendiarie sganciate da aerei britannici La struttura del Museo viene danneggiata, così come altri importanti edifici di via Brera, la Wittgens incarcerata, con l’accusa di aver protetto un gruppo di ebrei. 

“Le mie idee poggiano prevalentemente su un socialismo teorico-sindacalista”, afferma Fernanda in sede di Tribunale, durante il periodo trascorso nella prigione di San Vittore, terminato nel 1945. 

A cinque anni di distanza, con la solidità del carattere ferreo e indomabile che la contraddistingueva, la storica dell’arte riapre i battenti della Pinacoteca, inaugurando un nuovo periodo foriero di successi, come quello del 1956, “Fiori a Brera”, ventimila ingressi solo nella giornata inaugurale, divenuto esempio di collaborazione tra un’azienda privata, La Rinascente, e un museo nazionale. Wittgens impone la Pinacoteca di Brera all’attenzione del pubblico con una “Settimana del fiore” e per la prima volta ingressi serali per la visita del pubblico. 
“Dovevo far l’agente pubblicitario o il giornalista. Pensa che la trovata del ‘Fiore a Brera’ ha letteralmente svegliato l’indifferenza cittadina verso il museo aulico, in modo da paralizzare di stupore la Rinascente perché dalle 9.30 di stamane alle 19 via Brera ha nereggiato di folla come il quartiere attorno allo Stadio; e nelle sale abbiamo calcolato un passaggio di 30.000 visitatori!”
Fernanda Wittgens muore l’anno seguente, il 1957, a soli 54 anni d’età, una vita caratterizzata da un’intensa attività professionale, politica, l’amore per l’arte e la lungimiranza, il coraggio pionieristico, la sensibilità di un animo femminile, dotato di straordinaria forza modernista.
La Wittgens è stata esempio di femminilità coniugata al duro lavoro, che le è valso il plauso di innumerevoli personalità; la sua opera, raccolta e documentata con dovizia di particolari in questo libro, ci aiuta a comprendere l’immenso valore culturale della struttura museale, della Pinacoteca di Brera nello specifico, ma anche di quelle che arricchiscono con la loro presenza il tessuto cittadino, contribuendo a costruire quell’identità sociale, che contraddistingue ogni individuo. 

La valenza storica di questo testo contribuisce alla conoscenza delle dinamiche che hanno portato alla costruzione del moderno cuore di Milano, narrazione che si compenetra alle scelte determinate di una donna, alla sua resistenza al regime, alla ribellione contro le strette convenzioni sociali. Il tutto fa sì che la figura di Fernanda e le sue gesta possano essere apprezzate da chiunque desideri guardare alla vita con coraggio e desiderio di affermazione personale.



Elena Arzani