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#CriticaNera. Noir is Blues, and Blues is Noir: l'ultima sonata dell'Alligatore

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Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane
di Massimo Carlotto
Edizioni e/o, 2017

pp. 224
€16 (cartaceo)




Avevamo lasciato l’Alligatore di fronte a un bivio: accettare o no di lavorare per Giorgio Pellegrini e aiutarlo a trovare chi aveva torturato, violentato e ucciso Gemma e Martina, moglie e amante del criminale. Era l’ultimo capitolo di Per tutto l’oro del mondo. Poi Massimo Carlotto ha abbandonato il lettore della serie con protagonista l’investigatore senza licenza Marco Buratti per due anni mentre scriveva e pubblicava Il turista per i tipi di Rizzoli, uscito nel 2016.
Fino a pochi mesi fa, quando nelle librerie italiane plana Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane. Un titolo lungo, difficile da memorizzare, ma che racchiude i tre pilastri tematici su cui si fonda la letteratura noir di Carlotto da sempre: la musica blues; la distinzione tra un cuore criminale e un fuorilegge senza scrupoli né codice etico; le donne, che con il crimine e il blues sembrano andare a nozze nell’universo narrativo dell’Alligatore.

Ritroviamo Marco Buratti sulle tracce di Giorgio Pellegrini, agli ordini di un funzionario di polizia che fa il doppio gioco e al centro di una trama criminale che si dipana tra il traffico di droga e la prostituzione, i due gironi infernali della criminalità da cui Buratti, Rossini e Max la Memoria si sono sempre tenuti fuori. Per non sporcarsi. Perché anche un criminale può avere un cuore e un suo codice etico. E forse l’etica è paradossalmente più importante per un delinquente che non per una persona normale: il criminale non ha le leggi che gli dicono cosa deve e, soprattutto, cosa non deve fare; il criminale è fuori dal perimetro legale, si muove in una zona buia, senza regole scritte, e per evitare la deriva le leggi se le deve scrivere da sé. Un faro che illumini l’oscurità nella quale il criminale si muove. Senza queste regole è perso, alla deriva, disumanizzato. Ciò che lo rende umano è il suo autocontrollo, la sua disciplina, la capacità di mettere dei freni e dei limiti al naufragio. È l’anarchia portata all’estremo delle sue potenzialità e sono in pochissimi quelli che riescono a mantenere la rotta. È quello che fa e spiega l’Alligatore durante tutta la serie; ed è quello che in Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane emerge in maniera quasi violenta.

Tra Padova e Vienna, Marco Buratti e i suoi due soci si muovono per conto della Polizia italiana in un territorio dove la Polizia non può entrare, ma in cui deve mettere le mani per arrivare a chiudere un’indagine di traffico di droga e di donne di rango internazionale. In questo territorio si muovono solo criminali: i tre detective senza licenza; due organizzazioni che all’apparenza non hanno nulla in comune tra loro (una muove droga, l’altra donne) e Pellegrini, che sta nel mezzo. Nella terra di nessuno che è la Vienna del romanzo, emergono le differenze tra l’Alligatore, Rossini e Max, e gli altri gruppi criminali; ma emerge anche una inquietante sfumatura che vede sullo stesso lato della barricata criminali e Polizia di Stato, mentre sull’altro stanno Buratti e i suoi. Si tratta dell’eterna distinzione tra bene e male, tra giusto e sbagliato, che è differente e ben più assoluta della differenza che intercorre tra legale e illegale.

Questa ambiguità si riflette nell’io narrante che, come ne La banda degli amanti, è un pendolo che oscilla tra Burratti e Pellegrini, cambiando voce senza preavviso. I due personaggi sembrano quasi sovrapporsi e il lettore in alcuni momenti può essere portato in confusione. Non è quello che dicono che li distingue, ma quello che fanno e pensano. A tratti sembrano le due facce della stessa medaglia, complementari e, per questo, legati tra loro da un filo invisibile e indissolubile: finché Buratti vivrà non ci libereremo di Pellegrini. Sembrano essere l’uno la ragione di vita dell’altro: si detestano, ma non si possono uccidere. 

Lo spaccato criminale su cui Carlotto punta i fari in Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane è quello della prostituzione, forse una delle piaghe sociali più vergognose e difficili da estirpare che ha contraddistinto tutti i modelli di società che ha costruito l’essere umano in millenni. Cangiante, si è adattata a tribù, imperi, monarchie, repubbliche e a tutti i climi e le latitudini. È il mestiere più antico del mondo, bellezza. Ma in un’epoca in cui si è raggiunto benessere economico ed emancipazione, in cui i diritti dell’essere umano sono al centro del dibattito politico internazionale, che si getti la spugna di fronte alla più squallida e persistente forma di schiavitù, è qualcosa che Buratti, Rossini e Max non possono accettare. Quindi alla missione principale di trovare Pellegrini e magari toglierlo di mezzo, si aggiunge quella di provare a raddrizzare un poco questo mondo storto, in una sorta di lotta contro i mulini a vento che è un po’ la quintessenza della letteratura da sempre. E Marco Buratti sembra qui come scalfito da un’ingenuità donchisciottesca. Il tutto con un sottofondo musicale da spezzare il fiato e rompere gli argini della malinconia. La voce roca di Julie Rhodes vi accompagnerà nella seconda parte: dal momento in cui Buratti la tira in mezzo è un attimo andarla a cercare in internet. Un album all’attivo, un singolo che si cita nel romanzo e una voce da far venire le vertigini. È l’apoteosi musicale di un genere letterario che con Massimo Carlotto ha trovato metodo, quantità e qualità anche in Italia. Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane è noir allo stato puro.