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Guardare oltre, guardare attraverso: la Sardegna per "viaggiatori" di Michela Murgia

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Viaggio in Sardegna.
Undici percorsi nell’isola che non si vede
di Michela Murgia
Einaudi, 2008

pp. 198

Euro 12,50

«Basterebbe ricordarsi, ogni volta che si legge della Sardegna,
che niente sull’isola è mai soltanto un luogo».


Due avvertenze preliminari agli aspiranti lettori di Viaggio in Sardegna di Michela Murgia, edito da Einaudi nel 2008. La prima: impossibile non tenere conto della sua collocazione all’interno della collana ET Geografie, comprensiva di peculiari guide di viaggio compilate da ciceroni “scelti” (tra gli altri, Fernando Pessoa che parla di Lisbona, Roberto Bertinetti che descrive Londra e Danilo Manera che racconta Cuba). Seconda avvertenza: impossibile affrontare questi Undici percorsi nell’isola che non si vede senza tenere conto del fatto che chi li tracciò una decina di anni or sono sarebbe di lì a poco diventata una delle più note scrittrici sarde contemporanee, conosciuta, oltre che per le sue opere, anche per i toni tutt’altro che accomodanti e anzi ironici e polemici in eguale misura, principalmente (ma non solo) quando l'argomento in questione è la sua regione d’origine. Chi dunque vada cercando un comodo prontuario di itinerari turistici sui “Caraibi del Mediterraneo” potrà prudentemente ignorare questo libro, e magari cercare con più profitto tra le molte, e spesso patinatissime, guide in circolazione. Oppure potrà correre il rischio di lasciarsi comunque condurre dall’autrice, che con fare ospitale lo porterà proprio dove non si aspetta; vale a dire, non alla scoperta dei soliti paradisi balneari, talvolta non meno artificiali di certe stupefacenti allucinazioni.

Si capisce già dall’Indice che le tappe di questo viaggio non saranno in modo alcuno quelle dell’abusatissimo immaginario da cartolina, ovvero di una Sardegna possibile solo in quanto Eldorado vacanziero o spettacolo folkloristico: a dare i titoli ai capitoli ci sono concetti complessi come Alterità, Confine, Indipendenza e Femminilità; elementi naturali e fondativi come Pietra e Acqua; necessità del corpo e dello spirito come Cibo, Arte, Fede e Suoni. Ma non basta ancora, perché anche i paragrafi interni “tradiscono” ulteriormente le aspettative: dei murales di Orgosolo, per esempio, si parla in relazione a valori ben più profondi di quelli meramente formali, mentre la lingua si fa amara nell’apprendere che il menu del ristorante “tipico” non coincide quasi mai con la verità del sostentamento quotidiano locale. Come ben sintetizza la scrittrice nel penultimo capitolo – dedicato non a caso alle Narrazioni esistenti nell’isola e dell’isola – se questo accade (se può ancora accadere) è perché
«quello che maggiormente determina il successo o l’insuccesso dell’impatto con la Sardegna, trattandosi di uno dei luoghi più presenti e delineati nell’immaginario comune, è la corrispondenza tra ciò che si vede e le aspettative di chi guarda».
Molto meglio, dunque, non aver nessun preconcetto, e affrontare ogni tappa di questo manuale come un’occasione di (ri)scoperta vera e propria:
«chi viene in Sardegna con l’aspettativa di trovare facili corrispondenze al verosimile, rischia di fluire naturalmente nel ruscello artificiale di un agriturismo, dove gli organizzeranno volentieri quello che cercava, ottenendo il paradossale risultato di renderlo soddisfatto di aver visto quel che non esiste, mentre gli è sfuggito tutto ciò che non era predisposto a vedere, soltanto perché non è stato mai narrato prima».
Michela Murgia è abile nel bilanciare la densità dei contenuti (che sono molti, e non di rado innervati di intenti polemici) con la gradevolezza di uno stile evocativo quanto basta, sempre brillante ma misurato, che nel rendere giustizia delle caratteristiche dell’isola non solo non mira al marketing turistico, ma all’occorrenza ne smaschera la malafede. Certamente, oltre che di un lavoro già un po’ “datato” (risale a quasi un decennio fa, e nel frattempo molta acqua, non sempre gradita, è passata sotto i ponti isolani: si pensi alla drammatica alluvione del 2013), si tratta di un testo “parziale”, sia per la costante evidenza del punto di vista dell’autrice, sia per le scelte operate anche a livello informativo; ma forse questo è un “difetto”, per così dire, strutturale, dal momento che sarebbe stato comunque impossibile rendere conto di ogni luogo di interesse culturale, trasporto pittoresco, festival, artista, artigiano, oasi, parco, stabilimento termale, prodotto alimentare… (si veda a questo proposito la sezione finale dedicata alle Indicazioni utili, mentre è apprezzabile la bibliografia minima inserita in coda). Ciò che ancora oggi ne fa un volumetto intrigante è la sua vis intrinseca, che anima l’invito a non accontentarsi di una Sardegna da vulgata o, peggio ancora, da caricatura. Una guida per “viaggiatori”, dunque, e non per “turisti”, che si fa ben leggere anche da chi in Sardegna è nato o vi risiede. Perché riflettere su se stessi nel desiderio di conoscersi veramente sarà sempre preferibile al riflettersi compiaciuto in certi “gramignosissimi” stereotipi.

Cecilia Mariani