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#CriticaNera. Un appunto a proposito di "7-7-2007" di Antonio Manzini

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Marco Giallini nei panni di Rocco Schiavone
Arrivo a leggere 7-7-2007 di Antonio Manzini con colpevole ritardo e senza aver visto neanche un secondo della fiction Rai sul vicequestore Schiavone andata in onda lo scorso autunno. Devo anche confessare un secondo peccato: di Manzini ho solo letto i cinque racconti con protagonista il poliziotto di Trastevere e nessuno dei romanzi che hanno preceduto questo. Ma alla fine è un bene perché le cinque narrazioni brevi danno quelle tre, quattro coordinate che permettono al lettore di orientarsi senza troppe difficoltà e non anticipano nulla. Si arriva preparati, insomma, sapendo che Marina è morta a seguito di un'indagine di Schiavone; si sa che il vicequestore è stato trasferito ad Aosta per ragioni politiche; si conoscono i tre amici di una vita di Rocco, ovvero Furio, Bizio e Seba e le loro attività illecite; e si conosce Roma, quella Roma anti-ufficiale e trasteverina che illumina e fa da personaggio aggiunto a tutta la serie.



7-7-2007 è un romanzo a cornice, in pieno stile boccacciano. Vi è una narrazione principale, aostana, del 2013, e una narrazione secondaria, a Roma, nel luglio del 2007, incorniciata da quella principale. Esiste naturalmente un legame tra il presente narrativo e il passato, legame che costituisce la trama noir di questo capitolo della serie. Tecnicamente quasi perfetto, il narratore onnisciente dei primi capitoli lascia il posto allo stesso Schiavone che racconta, in una terza persona a sua volta onnisciente, ciò che accadde durante l'estate 2007. E Schiavone tornerà ad essere narratore anche nei capitoli finali quando racconterà a Furio e Bizio il colpo di coda di quell'indagine che gli ha portato via Marina per sempre. Si percepisce chiaramente che Antonio Manzini ha una padronanza della materia narrativa assoluta e non una sbavatura è presente nelle oltre trecento pagine del romanzo. Anche il momento culmine, la morte di Marina, è un piccolo gioiello che spiazza il lettore, lo pugnala alle spalle e lo lascia steso in una pozza di sangue. Una doccia fredda e improvvisa in una calda giornata d'estate durante la quale si possono quasi vedere le smorfie di dolore e angoscia sul volto di Schiavone. E la vendetta che segue, inutile come necessaria, rappresenta una liberazione non solo per il vicequestore.

Come già segnalato da Nicola Campostori su queste stesse pagine forse la novità più concreta di questo capitolo della serie Schiavone è la presenza, fisica, della moglie Marina. Personaggio solo abbozzato, come giustamente nota Campostori, e che conosciamo solo nei ricordi del vicequestore e attraverso il suo filtro. Ciononostante, qui, a differenza dei racconti, si percepisce quel carattere forte, audace ed emancipato che può tenere testa alla ruvida natura di Rocco. Non sono completamente d'accordo con Nicola quando afferma che Manzini ci consegna Marina solo sotto forma di spettro: io credo che in 7-7-2007 la donna assuma quell'essenzialità fisica e un carattere proprio che condizionerà il lettore e la sua percezione del personaggio nelle prossime uscite. Marina finalmente esiste, parla, agisce, e la prima cosa che fa è lasciare Schiavone, schiaffeggiarlo (metaforicamente) di fronte al suo pubblico e obbligarlo ad andarla a cercare implorandola di tornare. Gli unici momenti in cui vediamo il vicequestore realmente in difficoltà, in cui lo percepiamo debole e vulnerabile sono quelli in cui pensa a Marina e alla sua fuga, quelli in cui va a trovarla sul luogo di lavoro, quello in cui parla con l'amico antiquario e omosessuale di lei. Viene da chiedersi, piuttosto, quale sia il ruolo di Marina nella serie, quale la funzione che Manzini le ha assegnato. Nella speranza che un giorno sia lo stesso autore a rispondere, posso solo dare la mia interpretazione: Marina è la chiave di lettura di Rocco Schiavone, l'elemento esterno che mette in luce dettagli e sfumature che non si coglierebbero, ma che divengono essenziali quando dobbiamo capire il personaggio, entrarci dentro, farlo nostro e amarlo.

Ed è forse questo il vero colpo di genio di tutta la serie.


Alessio Piras