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La storia e le lingue antiche: un'educazione privilegiata alla diversità

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A che servono i Greci e i Romani?
di Maurizio Bettini
Einaudi, 2017

pp. 147
€ 12 (cartaceo)

Fantasia ci vuole, nello studio come nell'insegnamento. E insieme con lei il coraggio di sperimentare, senza il timore di "vagare" fra le infinite risorse intellettuali che l'antichità è ancora in grado di offrirci. (p. 80)

Siamo un gruppo di lettori nostalgici, noi che scegliamo con assiduità a opere dedicate alle lingue antiche e portiamo nella classifica della saggistica vere e proprie apologie dei classici? Senza dubbio, molti detrattori ci chiamerebbero "passatisti", o "perdigiorno". Ma può esserci molta più utilità in un libro come quello di Bettini che in un bel manuale di marketing spendibile nell'immediato. 
In gioco, non c'è infatti solo il presente, ma anche il nostro futuro: né Bettini né altri studiosi che si sono cimentati in questo genere di saggio (penso a Dionigi, Gardini, Marcolongo, ad esempio) si sono ritirati su una turris eburnea da cui dispensare consigli anacronistici. Anzi, il loro punto di partenza è proprio l'oggi, dominato da metafore economiche che ormai sono travalicate in ogni campo del sapere. Ma c'è una "spendibilità" (ecco, appunto) del sapere che "serve" ben oltre le leggi del mercato e, tuttavia, ha ricadute anche sul mondo economico. Ad esempio, perché la bell'Italia, dotata di un enorme "patrimonio" culturale, dovrebbe salvaguardare i suoi monumenti, se non comprende pienamente cosa rappresentano? 
Non può esserci conservazione senza memoria: i monumenti e le opere d'arte muoiono se le generazioni ne ignorano il contesto e il significato, così come le ragioni che li hanno prodotti e la cultura che nel tempo da essi è scaturita. [...] Che cosa intendiamo per memoria culturale? Quella consapevolezza diffusa del passato, condivisa da una certa comunità, che risulta non soltanto dalla conoscenza storica degli eventi trascorsi [...]. Si tratta di quella memoria che è contemporaneamente un mezzo di comunicazione, una vis capace di "farci intendere" quando parliamo di noi e del nostro passato all'interno della comunità nazionale: e quando, soprattutto, ci troviamo di fronte ai monumenti che esso ci ha lasciato. (pp. 29-30)
Così ogni monumentum, degno di essere ricordato, porta in sé non solo tracce della storia, ma anche della letteratura e dell'arte a lui precedenti, contemporanei e successivi. C'è una profonda osmosi tra passato e presente: determinate opere artistiche e letterarie non sarebbero mai nate, senza l'ispirazione della tradizione. In ogni caso, non si tratta solo di un processo di bieca filiazione, ma di un continuo estasiarsi e rimettere in gioco i classici secondo un dialogo ininterrotto, di cui forse non siamo pienamente consapevoli. Si pensi, ad esempio, che si sta affermando una corrente di studi dedicata specificamente a rintracciare la ricezione dei classici nelle opere contemporanee. 

Ma anche nell'ambito privilegiato dell'incontro con il greco e il latino, ovvero la scuola, occorre riuscire a innescare questo continuo movimento tra passato e presente, in un rapporto che non sia solo di vicinanza (come tendono a fare molti manuali), ma anche di alterità. Vi sono alcuni campi che ben si prestano a sviluppare questo confronto, sempre produttivo se discusso e contestualizzato: la religione, la famiglia, l'antropologia, la politica. Dunque, secondo Bettini, non bisogna mai limitarsi a insegnare la lingua o la letteratura latina, come previsto dai programmi scolastici rigidi, ma puntare a far conoscere un popolo nel complesso, con usi, tradizioni,... Allora il latino diventa il mezzo privilegiato per entrare in quel mondo e imparare a decodificarlo, perseguendo «l'arte di decifrare una cultura». L'obiettivo da conseguirsi, allora, è duplice: «la salvaguardia della memoria e dell'identità da un lato, l'esperienza dell'alterità dall'altro» (p. 133).

GMGhioni