#RileggiamoConVoi - marzo 2017

Foto di ©ElenaGhioni


Cari Lettori,
siamo all'inizio della primavera e non ci resta che assaporare il piacere di rifugiarci a leggere finalmente all'aperto! Vi consigliamo qualche testo che è bello portare nel parco cittadino e (attenzione!)... per marzo vi proponiamo anche un "doppio" consiglio.

Buona lettura e continuate a seguirci per tante luminose novità della primavera 2017,
La Redazione

***

Moscacieca - Il coraggio ed il dovere di cambiare.

Moscacieca
di Gustavo Zagrebelsky
Editori Laterza, 2017
(edizione precedente: "i Robinson/Letture", 2015)

pp. 113

€ 8,50 (cartaceo)
€ 5,99 (e-book)

Gustavo Zagrebelsky è uno di quei nomi entrati a far parte del lessico quotidiano di quanti hanno familiarità col diritto, ma non sarà sfuggito nemmeno a coloro che si informano di politica e cultura.
Giurista di origine russa, in passato è stato un giudice e Presidente della Corte Costituzionale, professore di diverse università e collaboratore de La Repubblica e La Stampa, e le sue teorie sono da anni al centro degli studi di tutti i costituzionalisti.
Tra le sue molteplici opere, Moscacieca merita un'attenta analisi per l'importanza delle tematiche affrontate. Questo volume indaga la politica dei nostri giorni, provando ad analizzarne i fallimenti e a trovare delle soluzioni.
Nel titolo è racchiuso bene il pensiero di Zagrebelsky, perché se da un lato richiama l'ingenuo gioco dei bambini, dall'altro fa riferimento alla condizione della politica nostrana la quale, al pari di un individuo con una benda posata sugli occhi, procede senza una guida e incespica nei suoi passi.
" (...) Vivere, per gli esseri umani come per le loro società, significa progettare ciò che ancora non è e si vuole che sia. Sopravvivere significa invece dibattersi per non farsi sopraffare dall'onda che minaccia di sommergerci. La politica dovrebbe controllare l'onda e governarla ai propri fini (...) ".

#ScrittoriInAscolto - Una città dentro: incontro con Mauro Covacich

Covacich, Pernigo e Contò - Ph. Eugenio Oliboni
          "In fondo, a prescindere dalla diffusione del testo, si scrive sempre per una sola persona, per incastrarla e, al tempo stesso, 
aiutarla a salvarsi"


Ha avuto luogo l'altro ieri, presso la Biblioteca Civica di Verona, il mio incontro con Mauro Covacich, in occasione di un tour veneto per la presentazione del suo ultimo libro, La città interiore, recentemente edito da La Nave di Teseo. Siamo stati accolti e introdotti dal responsabile, il professor Agostino Contò. Nella cornice suggestiva della Sala Farinati, ci si è chiesti innanzitutto che cosa sia e dove si trovi la città interiore. La prima, ovvia risposta è che si tratti di Trieste, città natale e amatissima per l'autore, esplorata nel volume in ogni meandro, in ogni possibile suggestione storica, letteraria, emotiva. Trieste, indefinibile, inafferrabile, inconcepibile. Trieste, che sfugge nel momento in cui credi di averla finalmente inquadrata e in cui ciò che conta davvero non è ciò che si colloca in primo piano, ma ciò che resta a baluginare sullo sfondo. Ma la città interiore è molto più che questo: è prima di tutto lo spazio mentale in cui lo scrittore si aggira, si sonda, si conosce e, alla fine del viaggio, forse si riconosce; è il luogo in cui - come nelle immersioni marine spaventose e rigeneratrici che descrive in più di una sua opera - è necessario immergersi per rimparare a respirare e anche ogni volta a scrivere.

Il post-esotismo di Antoine Volodine

Il post-esotismo in dieci lezioni, lezione undicesima di Antoine Volodine,
66thand2nd

p. 106
16

Traduzione di A. D'Elia


Gli ultimi libri di Volodine pubblicati in Italia sono comunicati strategici diramati all'esercito che ha perso la guerra, chiamate alle armi quando non restano altro che lacrime da piangere e mea culpa da recitare.
L'autore francese è il cantore di una fine disperata e sempre in corso: una fine che non finisce mai. Un po' come nelle opere di Beckett, peraltro parzialmente affini solo da questo punto di vista.
Lanciati verso le soglie del nulla, verso il limbo grigio tra una non vita e una morte che è un miraggio irraggiungibile, i Malone e i Godot sono purificati dalle scorie di ogni possibile vissuto. Sono liberi da qualsiasi sovrastruttura, e per Beckett, in fondo, tutto è sovrastruttura: la filosofia e la psicanalisi, la letteratura, l'etica e la politica.
Il processo di nientificazione scarnifica l'uomo in quanto prodotto culturale, e si arresta solo – ed è uno smacco non da poco – prima di investire anche la voce nominante, l'io biologico che dice 'moi'. Senza di essa, il silenzio definitivo sarebbe raggiunto.

Sarah Manguso, "Il salto"

Il salto 
di Sarah Manguso
 NN Editore, 2017
Traduzione di Gioia Guerzoni
pp. 112
€ 16
Io ho scelto esattamente tutto quel che sono
senza la scelta io la vita l'abbandono
ho scelto tutto, tutto tranne il mio dolore
lo ammazzo io e non c'è niente da capire.
(Il Testamento, Appino) 

«Il dolore che porto con me ora, e che a volte si attenua senza preavviso, non è il suo. Questo dolore è mio, e a differenza del mio amico non cerco di nasconderlo. Lascio che ricopra tutto. Urlo in casa. Piango in metropolitana. Dico a quelli che conosco che il mio amico si è buttato sotto un treno.»
Il salto di Sarah Manguso, appena uscito per NN Editore, nella traduzione di Gioia Guerzoni, ha come sottotitolo “Elegia per un amico”. Ed è tutto qui. Queste poche e brevi pagine sono un urlo sommesso, sono la ricomposizione impossibile di una polaroid strappata che reca un sorriso mai dimenticato.
Il lutto per la morte di un amico che si è buttato sotto un treno della metro non è qualcosa che si può elaborare. È una cieca furia contro cui si deve lottare.
Non importa poi molto in fondo chi fosse Harris, non importa come gli piacesse cucinare il pesce, o che tipo di cocktail fosse il suo preferito, non importa che fosse un musicista, o che avesse un pene maestoso, o almeno così si diceva di lui.
Harris non c'è più, ed il dolore non è quello della perdita, è quello dell'essergli sopravvissuti.
Non c'è indagine possibile, di fronte al Grande Salto. È del tutto inutile giustificarlo con una diagnosi di schizofrenia, cercare un'origine, e una colpa, ricordare gli episodi precedenti.
È un buco, un vuoto che non si riempie.

Londra Italia - Istruzioni per sognatori in fuga.

Londra Italia
di Enrico Franceschini
Editori Laterza, 2016

pp. 191

€ 10,00
€ 8,99

A pochi giorni dall'attentato terroristico che ha sconvolto Londra ed il mondo intero, ci troviamo a commentare un libro del giornalista e scrittore Enrico Franceschini che può aiutarci ad alleggerire la tensione di questi momenti difficili.

Londra Italia, edito da Laterza, prende le mosse da un'idea molto originale, quella di immaginare Londra come una comunità nella quale migliaia di italiani si cimentano nei mestieri più disparati (dal barbiere al barista, dall'avvocato all'attore, dal dentista all'economista).

La realtà è nient'affatto diversa da quella che il corrispondente de "La Repubblica" descrive, perché si stima che la Little Italy anglosassone costituisca la città con il maggior numero di italiani al di fuori della nostra penisola.

Sui passi di Elizabeth Gaskell

Sui passi di Elizabeth Gaskell
di Mara Barbuni
Jo March edizioni, settembre 2016

pp. 144
€ 15 (cartaceo)


La fortuna recente in Italia dell’opera di Elizabeth Gaskell assomiglia un po’ ad un miracolo. O forse no, perché dietro al rinnovato interesse di pubblico e critica per i romanzi della scrittrice inglese, c’è in realtà il lavoro tenace di editori come Jo March che per primi hanno tradotto in italiano North & South e Wives & Daugthers, tra le opere più significative della produzione gaskelliana, contribuendo ad accendere l’interesse nei confronti di una scrittrice che per lungo tempo, fuori dall’ambito accademico, godeva di scarsa considerazione. E complice il successo delle trasposizioni televisive di alcune delle opere più celebri, Gaskell è tornata oggi ad occupare anche nel nostro Paese il posto che le spetta, tra i grandi romanzieri della stagione vittoriana, con un pubblico di lettori sempre più numeroso, dentro e fuori le aule universitarie. Nella redazione di Critica Letteraria, nel corso del tempo abbiamo dato ampio spazio all’opera dell’autrice inglese, di cui siamo da sempre lettori appassionati, e accogliamo con gioia ogni nuova traduzione o testo critico relativo all’opera di Gaskell che ci capiti sottomano.
Ciò che senza dubbio ancora mancava, era una biografia dell’autrice, un vuoto che ha provato a colmare Mara Barbuni con questo breve testo che, lungi dal voler essere esaustivo, rappresenta  un punto di partenza interessante nella ricostruzione del percorso personale e professionale di Gaskell, pubblicato ancora da Jo March edizioni, alla fine dello scorso anno. Nella sua brevità, il saggio di Barbuni è tutt’altro che superficiale ed offre stimolanti spunti di riflessione dal punto di vista biografico e critico: già traduttrice di Gaskell per la casa editrice umbra, con un Phd in letteratura inglese e studi specifici sulla letteratura femminile e vittoriana, Barbuni è prima di tutto un’estimatrice dell’opera gaskelliana, che conosce molto bene e riesce a presentare al lettore con serietà ed attenzione ma libera da rigidi codici accademici, costruendo una biografia che è prima di tutto un viaggio appassionato, nei luoghi e nella scrittura di Gaskell:

Mary Lavelle: un piccolo capolavoro deliziosamente femminile

Mary Lavelle
di Kate O'Brien
Fazi Editore, 2016

Traduzione di Antonella Sarti

pp. 334
18,50 euro


Mary salì la scala per andare al piano di sopra. Ma fatti cinque o sei gradini si voltò. Anche Juanito, accanto alla porta del salone, si era fermato a guardarla, prima di seguire il padre nella stanza. Il sole del tramonto, riversandosi dalla finestra del pianerottolo, illuminò entrambi con dolcezza, avvolgendoli in un alone fatale. (p. 148)

Difficile recensire un romanzo che, per la sua acuta capacità di narrare e descrivere, si recensisce da sé.
Mary Lavelle, capolavoro novecentesco della scrittrice irlandese Kate O’Brien, racconta la storia di un amore «acerbo e dilaniante» (p. 300), una passione travolgente, sia per i sensi che per l’intelletto, tra la giovane e cattolica irlandese Mary e l’aitante Juanito, promessa politica di una Spagna in piena crisi identitaria.
Ma è pure, e soprattutto, la narrazione di una evoluzione femminile che registra un cambiamento interiore, nel segno della crescita naturale verso l’età adulta, e un movimento universale, emancipatorio, che rende Mary simbolo di una donna che, negli anni Venti del Novecento, inizia il suo complesso cammino (mai terminato davvero) verso l’affermazione di sé.

Alla luce del mito - Costruire il futuro a partire dal mitopensiero.

Alla luce del mito
di Marcello Veneziani
Marsilio nodi, 2017

pp. 167

€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)



Fin da quando ho iniziato ad apprezzare i libri la prima cosa che corro a leggere è la dedica che gli scrittori mettono all'inizio delle loro storie. 

Ebbene, quella di Marcello Veneziani, in apertura de Alla luce del mito, mi ha incuriosita fin da subito:
"Dedicato a chi ama i miti e non li confonde né con la verità né con la finzione".
"Ed allora - mi sono domandata -, sotto quale prospettiva Veneziani avrà voluto analizzare la mitologia, la sua funzione nell'immaginario dei popoli antichi ed i frammenti che ne rimangono nella società di oggi?".

Possiamo iniziare col considerare che la grande sfida che si è posta l'opera di Marcello Veneziani (vedremo nel prosieguo se sarà riuscito a vincerla o meno) è stata quella di attualizzare il mito, o meglio di cercare di contestualizzarlo all'interno della nostra collettività, giungendo fin dal principio ad un'importante conclusione: la narrazione mitologica, oggi come nel passato, è fondamentale perché in grado di muovere le moltitudini, di convincere le folle, prova ne siano le ideologie del Novecento (altro modo di chiamare i miti politici) che sono riuscite a cambiare (spesso tragicamente) la Storia dell'umanità :
" (...) Il mito è per la storia quel che l'anima è per il corpo (...) ".

La scrittura verticale di Andre Dubus

I tempi non sono mai così cattivi (The times are never so bad)
di Andre Dubus
Mattioli 1885, 2015

Traduzione di Nicola Manuppelli

pp. 232
 16,90


Andre Dubus ha rappresentato, nel panorama letterario statunitense, uno dei veri interpreti del genere short story. Ha scritto un solo romanzo, peraltro rinnegato. Dal 2009 i suoi racconti vengono pubblicati in Italia e hanno subito mostrato grande qualità narrativa, ribadita in questa ultima raccolta. Così, come per Kent Haruf abbiamo reso omaggio a NNE, per Dubus dobbiamo fare la stessa cosa per Mattioli 1885, casa editrice di Fidenza, finora a me sconosciuta. E devo rammaricarmene, specie se a tutto il catalogo dedica la cura tipografica e nella traduzione mostrate per “I tempi non sono mai così cattivi”.

«Per ricordare non serve la memoria: basterebbe avere coraggio»: la sfida di guardarsi dentro e (ri)conoscersi.

Io lo so chi sei
di Antonella Gatti Bardelli e Marco Maggio
Bompiani, 2017

pp. 176
€ 11 (cartaceo)



È dal liceo in poi che credo di poter ricostruire qualcosa di me. È dal liceo che uno inizia a capire chi è, quando gli altri e il mondo ti corrompono, insomma.

Avete presente quel compagno di classe un po' schivo, molto bravo, quello che già ti immaginavi professore, un giorno? Sì, quello che non si fa avvicinare troppo e che, un domani, resterà solo una faccia sull'annuario, e stenterai a ricordarne il nome. Ecco, Luciano Carteri è un po' questo, con la differenza che - ora che ha quarant'anni ed è diventato professore (cvd) - stenta anche lui a ricordare i suoi compagni di classe. Anzi, quando riceve una mail da un suo ex compagno di classe per organizzare una pizzata-rimpatriata, Luciano prova un istintivo fastidio e si domanda chi sia questo Andrea De Curtis, che davvero non riesce a ricordare. Se persino uno dei suoi migliori amici dell'epoca, Massimo, si è volatilizzato dopo il liceo, figuriamoci se questo Andrea può dire qualcosa a Luciano?! Sì, perché Luciano adotta una vecchia tecnica, apparentemente aggressiva, in realtà un'autodifesa: schifa il mondo, per giustificare il fatto che non riesce a prendervi parte. Professore tra i più noiosi all'università, non fa che rifugiarsi tra i libri che gli calmano tanti disagi e ansie sociali («La conoscenza è qualcosa di sapientemente pericoloso. Non il potere, la conoscenza logora chi ce l'ha»). Il mondo, Luciano si limita a guardarlo da lontano o a incontrarlo, scontrandolo con fastidio in posti pubblici, come l'università e il mercato, dove lavora Monica, una ragazza che ha il potere di urtarlo profondamente con la sua avvenenza sfacciata. 

#SpecialeLAllieva - "Mamihlapinatapei": il cuore in subbuglio di Alice in "Una lunga estate crudele".

Una lunga estate crudele
di Alessia Gazzola
Collana La Gaja Scienza
Milano, Longanesi, 2015
pp. 320


cartaceo € 16,40
ebook € 8,99

È proprio Una lunga estate crudele quella che Alice vive nel penultimo (per ora) capitolo della saga di Alessia Gazzola. Un'estate che lascia nel ricordo dei lettori l'ombra di una felice promessa di una proficua continuazione.
Anche stavolta, come in Le ossa della principessa, Alice deve fare i conti con il ritrovamento di un vecchio cadavere e anche in questo caso le ricerche del colpevole devono fronteggiare il tempo trascorso, che separa il presente dalle prove incerte e un passato troppo lontano.
Un attore che si credeva scomparso da tempo viene trovato nei sotterranei del Teatro del Bardo dell'Avon, specializzato nella messa in scena delle opere di William Shakespeare e frequentato, tra gli altri, anche da Cordelia, sorella di Arthur, diventato l'Innominabile a causa del dolore che provoca ad Alice anche solo il sentir nominare il suo nome, e dalla sua compagnia. Le indagini che Alice e l'ispettore Calligaris - ormai coppia inossidabile, capace di grandi intuizioni in grado di risolvere i misteri più fitti - si trovano a portare avanti devono stavolta fronteggiare il mondo attoriale, facendo i conti anche con la capacità degli indagati di recitare la parte dell'innocente con particolare convinzione. Riusciranno i nostri investigatori a districare i diversi percorsi che gli si offrono e a capire quali misteri nascondono i protagonisti di questa vicenda? Come sempre Alessia Gazzola è in grado di stupirci, offrendoci un finale a dir poco sensazionale, in cui si scopre che niente è come sembra.

PARTE II John Williams: l'uomo, lo scrittore, il romanzo perfetto (?)

L'uomo che scrisse il romanzo perfetto. Ritratto di John Williams, autore di Stoner
di Charles J. Shields
Fazi editore, 2016

Traduzione di Nazzareno Mataldi e Franca Di Muzio


pp. 324
€ 18,50 (cartaceo)


La saggezza di Stoner
a cura di Barbara Carnevali
Fazi editore, 2016

pp. 132
€ 16 (cartaceo)











Facendo attenzione a non costruire il mito del genio incompreso, Shields scrive, come si è detto, una biografia interessante, abbastanza esaustiva, che forse liquida un po’ troppo frettolosamente le ombre della vita di Williams – l’alcolismo, soprattutto, ma anche l’instabilità sentimentale e le mancanze come padre – ma getta spunti interessanti per la riflessione critica sull’opera dello scrittore americano, di cui Stoner, il suo terzo romanzo, rappresenta innegabilmente il culmine del percorso artistico. Dalla riscoperta del romanzo a cinquant’anni dalla sua prima pubblicazione, abbiamo appreso la storia editoriale del testo che solo la critica contemporanea – soprattutto europea – ha infine inserito tra i classici della narrativa novecentesca, a dispetto dei rifiuti e della tiepida accoglienza riservata al romanzo al momento della sua pubblicazione, nel 1965. La delusione di Williams deve essere stata bruciante, la scarsa attenzione e la decisione di ritirare l’opera dal mercato appena un anno dopo l’uscita, ne avranno messo duramente alla prova orgoglio e fiducia nelle proprie capacità di romanziere. Eppure, come sappiamo, la storia semplice di un anonimo professore universitario, tra scarsi riconoscimenti accademici, rivalità, rimpianti e delusioni, ha saputo conquistare i lettori di oggi, diventando un bestseller, attirando critiche e recensioni entusiaste da quella stampa che a malapena si era accorta della sua esistenza al tempo della pubblicazione.

Un’altra indagine per l’ispettore Santoni: "Delitto con inganno" di Franco Matteucci

Delitto con inganno 
Le indagini dell’ispettore Santoni
di Franco Matteucci
Newton Compton, 2017

pp. 252
€ 9,90 (cartaceo)
€ 2,99 (ebook)

È uscito a febbraio per Newton Compton un nuovo romanzo giallo del romano Franco Matteucci con protagonista l’ispettore Marzio Santoni, già al centro di altre indagini che hanno appassionato i lettori italiani. Delitto con inganno è un libro ben scritto, diviso in due parti, in cui un passato ancora da risolvere si intreccia con un presente pieno di inganni. Il mistero della trama si svolge tra montagne anch’esse misteriose, dove soffia un forte vento e si creano delle strane bufere che neanche i meteorologi riescono a comprendere. La storia si svolge nella piccola comunità montanara e omertosa di Valdiluce, un luogo perfetto per ambientare un giallo, con le sue montagne piene di caverne che nascondono misteri e un hotel abbandonato che cade a pezzi. 
Il protagonista è Marzio Santoni, un brillante poliziotto sciatore, che dovrà risolvere un caso in cui sarà personalmente coinvolto. Santoni è un personaggio intrigante: se da un lato lo si descrive come una persona tranquilla, con le stesse passioni che possiamo avere noi lettori (la neve, la buona cucina, “gli bastava il caminetto acceso e la neve e le sue montagne” scrive Matteucci), dall’altro l’identificazione con un detective che viene fotografato dai paparazzi con una bellissima sciatrice di fama internazionale a Dubai, che ha come animali da compagnia formiche, un topo, un riccio e un pipistrello è impossibile. Santoni ha poi un fiuto fuori dal comune, e anche per questo è detto Lupo Bianco.

Profugopoli, il nuovo business dell'accoglienza


Profugopoli
di Mario Giordano
Mondadori, 2016

pp. 167
cartaceo € 18.50


Profugopoli è un libro molto attuale, un’inchiesta molto attenta e ricca di particolari che mira ad approfondire uno dei temi caldi della nostra attualità, chi gestisce e a che titolo i migranti, perché decide di farlo in un certo modo, e soprattutto come ci si arricchisce con l’accoglienza. 

A questo proposito il giornalista Mario Giordano fornisce un quadro molto approfondito del business nato, fiorito e consolidato a spese dei migranti e degli italiani, o almeno di coloro che credono ancora nel volontariato, fatturando cifre impensabili con la scusa della solidarietà. Se la domanda che il giornalista pone al lettore è, in fin dei conti, “Chi si arricchisce?”, il dubbio che resta dopo l’ultima pagina, e che ci fa molto preoccupare, è se davvero sia solo questa l’accoglienza “made in Italy”. Speriamo di no. 

Giordano non ci fornisce queste risposte, ma ha le prove e le argomenta con dovizie di particolari di quanti si siano improvvisamente impietositi e abbiano avuto a cuore la causa dei rifugiati o dei richiedenti asilo, per ragioni economiche o umanitarie e di come questa sia la nuova frontiera del guadagno facile in Italia, spesso con una incredibile cecità da parte della Prefettura, altre volte con bandi di gara viziati dal fatto che vi partecipi una sola società. 

«Non divenire avida di futuro, senza più ricordare. Tu e io veniamo dalla stessa povertà»

Se mi tornassi questa sera accanto
di Carmen Pellegrino
Giunti, 2017

pp. 240
€16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Sono qui a dipanare il mio passato e il tuo, a raccontartelo perché ci custodisca nel presente. (pp. 64-65)
In un paesino sull'Appennino, Giosuè Pindari si trova ad aspettare sua figlia, Lulù. Niente di strano, direte, se non fosse che Lulù è sempre stata la figlia perfetta, accuditiva oltre il limite tollerabile da una ragazza così giovane: lei si è occupata per anni della madre, Nora, annaspante in una pesante depressione; il tutto, sacrificando la propria adolescenza e, ancora prima, piegando l'infanzia al compiacimento dei genitori. Infatti, solo questa pareva la via per una piccola dose di serenità: essere la prima della classe, mai lamentarsi, accudire Nora, sognare con Giosuè una città nuova, fondata sulle sponde di un fiume, in cui tornasse il socialismo di una volta. Ma lo spazio per l'utopia si fa sempre più ristretto, la vita asfissiante, il futuro inimmaginabile: è per questo, forse, che Lulù se ne è andata? Per sempre? 

Il mestiere più antico del mondo? Viaggio nel degrado di un fenomeno di cui non si parla (quasi) più

Il mestiere più antico del mondo?
di AA.VV.
Elliot Edizioni, 2016

pp. 125
14,50 euro


Quello del meretricio è un fenomeno dalle mille sfaccettature, che prende la forma della criminalità, quindi della tratta e del racket. Che cresce sulle guerre e sulle emergenze di chi fugge dal proprio paese con un sogno nel cuore. Che si alimenta della crisi economica, per cui vendere il proprio corpo diventa un modo per mantenere se stessi e gli altri, magari i propri figli. Che degrada in maniera proporzionale a un concetto di libertà e trasgressione per cui ci imbattiamo in ragazzine che col beneplacito delle mamme si concedono e ricattano uomini adulti per potersi comprare un cellulare.” (p. 6, Introduzione di Camilla Ghedini)
Il senso stesso de Il mestiere più antico del mondo? è racchiuso in questo climax che nelle parole della giornalista Camilla Ghedini condensa i tanti noccioli narrativi e riflessivi delle quattordici storie di questa raccolta di racconti.

I Moore: l'ultimo (?) , inedito, incompiuto, di Charlotte Brontë

I Moore
di Charlotte Brontë
Flower edizioni, 2017

Traduzione e cura di Alessandranna D'Auria

pp. 94
€ 7,99 (ebook)
€ 12,43 (cartaceo)





Ancora Charlotte Brontë , ancora un manoscritto incompiuto, l’ultimo. Nell’anno brontiano, la casa editrice Flower prosegue l’opera di pubblicazione degli inediti della scrittrice inglese, chiudendo proprio con I Moore, riscrittura alternativa del suo primo romanzo dell’età adulta, Il Professore (1846), pubblicato postumo e lo scorso anno nuovamente tradotto in italiano. Rifiutato da numerosi editori, Il Professore è forse il testo più intimo di Charlotte, nato dall’esperienza a Bruxelles, esempio di una scrittura in divenire, non ancora matura, certo, ma in cui sono già facilmente rintracciabili le qualità che caratterizzeranno le opere successive. Il crudo realismo, la trama piuttosto semplice che privilegia l’indagine psicologica alla narrazione di fatti straordinari, la scelta di nascondersi dietro un punto di vista maschile, le opinioni decise su matrimonio, relazioni e codici morali, sono, di fatto, gli elementi che appaiono oggi più interessanti, tematiche e spunti che ritorneranno anche nei romanzi più celebri, ma che all’epoca della scrittura ne hanno impedito la pubblicazione. Eppure Charlotte è sempre rimasta molto legata a questo romanzo, in parte probabilmente per via dei numerosi spunti autobiografici che la vicenda contiene, ma anche per la certezza che in fondo, nonostante le feroci critiche e i rifiuti decisi, Il Professore meritasse maggior benevolenza da parte degli editori.

L'odissea di un giovane marocchino, migrante suo malgrado, armato di sogni e di poesia

Via dei ladri
di Mathias Enard
Rizzoli, 2014

301 pp.
19,00 



Lakhdar ha diciotto anni e tutta la vita davanti. Da cucciolo randagio si è transformato in uomo e vaga fra le strade di Tangeri come un cane battuto. Non sa di preciso cosa sia la dignità ma è certo di averla già perduta. La fame e il freddo gliel’hanno strappata dalle mani, in una lurida camera d’hotel, in una centrale di polizia, in un parcheggio desolato di Tangeri. Quando chiude gli occhi, è l’odore della pelle di Meryem, sua cugina, a tornargli in mente: l’odore di una felicità impaziente, fugace; di un amore proibito costatogli tutto, troppo.

Ma Lakhdar è ancora un giovane uomo pieno di risorse: ha fiducia nel destino, fede in Dio e fantasia sufficiente per farlo volare lontano, al richiamo irresistibile della letteratura (araba o europea, ogni lettura è un pretesto per evadere, ma sono soprattutto i polizieschi francesi a fargli perdere la testa). È curioso, tenace; si tiene stretta la vita come uno scrigno vuoto da riempire e quando la nostalgia e il senso di perdita gli danno un po’ di tregua, lascia che una voce gli parli nell’orecchio: il tempo di vivere è appena cominciato, occorre muoversi, agire.

La musa italiana di un poeta americano. "Italia" di Charles Wright



Italia
di Charles Wright
a cura di Moira Egan e Damiano Abeni
Donzelli, 2016

€ 18,50 (cartaceo)



Che la distanza tra la poesia italiana e quella statunitense dipenda da molto più che da semplici fattori geografici è opinione comunemente diffusa tra i critici e gli sparuti cultori del genere. In effetti tale pregiudizio è suffragato dalla differente evoluzione delle rispettive storie linguistiche e letterarie; una storia che, nel caso che ci riguarda più da vicino, fa leva sul peso di una rigida quanto illustre tradizione secolare. Insomma, l'auctoritas del Petrarca (a cui solo in un secondo momento si aggiunge quella del 'vate' Dante) funge nella penisola da centro catalizzatore di tutte le esperienze poetiche fino al Novecento inoltrato, determinando così una dinamica nei confronti dell'exemplum che Harold Bloom ha sagacemente definito "angoscia dell'influenza". Quante volte, infatti, da varie parti della penisola si è guardato con invidia (e sempre, appunto, in un'ottica di pre-giudizio) alla più libera e meno invadente presenza dei 'padri' fondativi nella letteratura d'oltreoceano! L'erba del vicino (anche se è lontano) è sempre più verde, come è noto, e quasi mai si tiene in conto la prospettiva dell'altra parte...

Massimiliano Boni, "Il museo delle penultime cose"

Il museo delle penultime cose
di Massimiliano Boni
66th and 2nd

pp. 373

18,00 (formato cartaceo)
8,99 (formato elettronico)




"All'inizio credi che si tratti solo di raccogliere dei dati e ricostruire una specie di mosaico [...] Ma quando cominci, senti che non è così. Inizi a mettere insieme i tasselli. Ricomponi la storia della famiglia, e scopri che l'uomo, o la donna, su cui ti sei concentrato, era sposato, aveva una moglie o un marito. E dei figli, e anche un padre e una madre. Ti succede allora una cosa strana, come se ti sentissi parte di quella famiglia, uno di casa".
Roma, anni Trenta del Ventunesimo Secolo: Pacifico Lattes è uno storico e un ricercatore presso il Museo della Shoah di Roma, di cui è anche vicedirettore; a lui viene affidato il compito di organizzare una mostra sugli ultimi reduci dei campi di sterminio, ormai scomparsi, quando all'improvviso giunge la notizia della presenza di un possibile sopravvissuto – probabilmente l'ultimo – presso una casa di riposo nella periferia romana. Verificare la vera identità dell'uomo sarà un compito difficilissimo, sia perché Attilio – questo il suo nome – è persona scontrosa e devastata da un'apparente rabbia verso tutto e tutti, sia a causa delle paure e delle insicurezze di Pacifico, studioso eccellente e ricercatore meticoloso che, tuttavia, non è ancora riuscito ad affrontare l'orrore di quanto accadde in quei lager che non è mai riuscito a visitare; per la stessa ragione, Pacifico ha difficoltà a relazionarsi con i superstiti, come se inconsciamente si vergognasse di non aver dovuto percorrere lo stesso calvario. Per questo motivo è solito evitare i rapporti diretti con le vittime, dedicandosi a un'opera di raccolta e catalogazione di notizie e documenti in modo da restituire alle vittime la loro dignità di persone, togliendo loro quello status umiliante di dati statistici.

Difficile perdonare la storia. Difficile perdonare noi stessi, per averci creduto.

Tante piccole sedie rosse
di Edna O'Brien
Einaudi, 2017

Traduzione di Giovanna Granato
pp.  304
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



"Lei vuole risposte... Vuole che lui si spieghi... non le avrà... lui non può... i sentimenti non sono gli stessi nel luogo da cui proviene lei e in quello da cui proviene lui... carneficina". (p. 282)
Immaginate di offrire a una bravissima scrittrice 10.000 piccole sedie rosse. Sono sedie macchiate di sangue, che ricordano le altrettante vittime serbo-bosniache, di ogni età, sesso, stato sociale. Sono sedie che non danno brividi di dolore e di sdegno al presente per la loro quantità: ne basta una a suscitare la vergogna della Storia. Immaginate però che alcune di queste sedie rosse vengano tra le mani - sapienti, attente, minuziose - di una scrittrice come Edna O'Brien, abituata a prendersi cura di storie, come nelle sue acclamate raccolte di racconti. Ma immaginate che le sedie vengano portate dentro la casa accogliente di una donna irlandese, anni dopo e a chilometri di distanza. Come è possibile? 

#CritiComics - Goodbye Marilyn, un nuova sfaccettatura del mito

Goodbye Marilyn
di Francesco Barilli e Sakka
Becco Giallo, 2016

pp. 127
€ 18,00

 
Tra le icone del secolo passato, alcune emergono prepotentemente. Un grande ciuffo si capelli neri su un sottofondo di note rock; un sogno, lanciato davanti al Lincoln Memorial di Washington e mai terminato; una gonna bianca che svolazza sopra una grata al ritmo del passaggio della metropolitana.
Marilyn Monroe è sicuramente uno dei personaggi più riconoscibili del Novecento. Può piacere o meno, ma al suono del suo nome immediatamente scattano diverse associazioni visive e sonore e tutti pensiamo al mistero della sua morte. Goodbye Marilyn, scritto da Francesco Barilli e illustrato da Sakka per Becco Giallo edizioni, è una graphic novel che sviluppa un interessante presente alternativo: e se Marilyn fosse sopravvissuta alla fatidica notte del 4 agosto 1962 e, ormai novantenne, avesse deciso di rilasciare un'intervista?

Fabrizio Manzetti, "Nascosti davanti a tutti"

Nascosti davanti a tutti
di Fabrizio Manzetti
Augh edizioni, 2016

pp. 118
€ 12,00




Leggere i racconti che compongono l'opera di esordio di Fabrizio Manzetti fa un po' lo stesso effetto di quando si osservano persone sconosciute incrociate per strada e si prova a immaginare come possa essere la loro vita, quali i loro sogni, le loro passioni, le loro paure. Sedici racconti brevissimi, diretti e fulminanti, fotografie istantanee - questa la felice definizione in quarta di copertina - di vite normalissime, ma proprio per questo degne di interesse e cariche di significato.

#CriticaLibera - To be continued: la serialità nelle narrazioni da Madame Bovary a Breaking Bad, passando per Montalbano.

Cosa hanno in comune Breaking Bad e il romanzo d'appendice dell'ottocento? Siamo andati al convegno "To be continued", il 16 marzo a Milano, per scoprirlo.

La risposta è una, semplice e lampante: la serialità. In barba a un'Italia che "non legge più" il fenomeno delle narrazioni seriali sembra non conoscere crisi. Siamo costantemente a caccia di storie, poco importa che si traducano nella forma di Grey's Anatomy o nei romanzi di Elena Ferrante: l'importante è che, giorno dopo giorno o mese dopo mese, continuino.

La serialità risponde, di fatto, al nostro "bisogno compulsivo di storie", come lo definisce Bruno Pischedda, docente di Letteratura italiana contemporanea all'Università Statale di Milano. Aspettare il seguito di una vicenda sapientemente lasciata aperta è un sentimento del tutto naturale, che tocca la nostra curiosità (e, aggiungerei, la nostra scarsa propensione all'attesa e al lasciare in sospeso). 

Non stupisce quindi che, dal lato della produzione, il pensare alle proprie opere come narrazioni in divenire è un'operazione vincente, Ed è un espediente, appunto, vecchio come il mondo, al quale aveva già pensato Balzac (o, un po' più tardi, il nostro Collodi) e che è stato ripreso dalla televisione e dal cinema (pensiamo al cliffhanger - tecnica usata  soprattutto in televisione caratterizzata dall'interrompere un episodio proprio "sul più bello").

PARTE I John Williams: l'uomo, lo scrittore, il romanzo perfetto?

L'uomo che scrisse il romanzo perfetto. Ritratto di John Williams, autore di Stoner
di Charles J. Shields
Fazi editore, 2016

Traduzione di Nazzareno Mataldi e Franca Di Muzio


pp. 324
€ 18,50 (cartaceo)


La saggezza di Stoner
a cura di Barbara Carnevali
Fazi editore, 2016

pp. 132
€ 16 (cartaceo)











«L’unica cosa di cui sono certo è che si tratta di un bel romanzo; col tempo, potrebbe perfino essere considerato un romanzo molto bello». [John Williams, a proposito di Stoner]
Il tempo, alla fine, ha dato ragione a John Williams, forse superando perfino le sue stesse aspettative: la sua opera più celebre, Stoner, celebrazione di una vita ordinaria, diventata caso letterario a distanza di cinquant’anni dalla prima pubblicazione. Il romanzo perfetto, secondo alcuni critici, di certo un testo divenuto ormai un classico della narrativa contemporanea. Peccato che riconoscimenti e celebrazioni siano arrivati troppo tardi, ben vent’anni dopo la morte di Williams, vinto dall’alcool e dalla malattia. Oggi, che il suo everyman è protagonista di letture approfondite, conferenze e studi, sentiamo di risarcire almeno in parte il buon vecchio professore di Denver, collocando la sua opera nel posto che gli spetta accanto ai grandi romanzi americani del secolo scorso. L’interesse tardivo intorno a Stoner ha quindi spinto critica e pubblico ad interrogarsi sulla figura di Williams e sulle ragioni dell’inaspettata stonermania, un fenomeno nato grazie al passaparola e alla caparbietà di una manciata di editori e librai che hanno creduto nel racconto di questa ordinay life. È il miracolo della letteratura che, qualche volta, sfida il tempo e lo spazio e la condanna all’oblio, riuscendo a farsi viva e palpitante. In Italia l’opera di Williams è tradotta da Fazi, tra i primissimi editori europei a credere nel potenziale di Stoner, che di lì a poco sarebbe diventato un bestseller e il caso editoriale più interessante del 2013. È ancora per Fazi, quindi, che sono usciti alla fine dello scorso anno, due testi fondamentali per ricostruire la carriera letteraria di Williams e cercare di spiegare le ragioni del successo tardivo: L’uomo che scrisse il romanzo perfetto, l’interessante biografia scritta da Charles J. Shields apprezzato saggista e biografo, che ripercorre le tappe del travagliato percorso umano e professionale di Williams, e il volumetto La saggezza di Stoner, a cura della professoressa Barbara Carnevali, che mediante cinque letture e approcci critici differenti indaga le ragioni del fenomeno Stoner nel panorama letterario contemporaneo.

Il baratro senza fondo dell'amore: "Ultime lettere da Montmartre" di Qiu Miaojin


Ultime lettere da Montmartre
di Qiu Miaojin
Calabuig, 2016

Traduzione di Silvia Pozzi
pp. 176
€ 14  

Se questo libro verrà pubblicato, i lettori potranno cominciare da una qualsiasi delle lettere. Non c'è un ordine, se non la successione cronologica con cui sono state scritte.

C'è una giovane donna di Taiwan, innamorata dell'arte in tutte le sue forme, che scrive un libro composto da una successione, non ordinata e non ordinabile, di lettere, nelle quali apre il suo cuore e dona ogni singola parola per la sua amata, ora perduta, Xu. Questo è grossomodo la trama, anche se è difficile usare una parola del genere per un libro così, di Ultime lettere da Montmartre di Qiu Miaojin, uscito in Italia per Calabug, un'interessantissima realtà editoriale molto attenta alla letteratura internazionale. Ultime lettere da Montmartre è un libro bello perché fa stare male, fa soffrire e fa contorcere le budella, tanto Qiu Miaojin è andata nel profondo dei suoi sentimenti e ci ha donato, realmente, la sua anima e la sua individualità per quello che è, senza abbellimenti. Qiu Miaojin nel 1992, anno al quale risalgono queste lettere, è così una ragazza coltissima e fragile, innamorata della vita e che al contempo odia, piena di sentimenti e piene di paure: una meravigliosa fragilità che, ahinoi, a soli 26 anni ci ha lasciato, togliendosi la vita per un motivo sconosciuto che non è dato da sapersi.

Un anti-atlante che ci porta alla scoperta delle città che furono. E che continuano a narrarci una storia, la nostra

Atlante delle città perdute
di Aude de Tocqueville
Bompiani, 2015
Collana Bompiani overlook

144 pagine
€ 22.00

Sfogliando l'Atlante delle città perdute di Aude de Tocqueville, il richiamo a un'altra opera, esplicitamente letteraria, appare imprescindibile: parliamo de Le città invisibili di Italo Calvino. Infatti, qui come nel libro dell'autore italiano, non si palesano centri abitati riconoscibili ma luoghi il cui particolare fascino si deve allo sforzo immaginativo di chi li contempla: no man's land depennate dalle cartine geografiche, cancellate per sempre dalla storia da catastrofi naturali, cause economiche o drammatici errori di valutazione. Nell'accostarsi a esse, è impossibile non "fare della letteratura": ove la documentazione, lo studio dei reperti archeologici e l'osservazione stessa – anche in ragione del decadimento a cui tutte le cose inevitabilmente vanno incontro – non arrivano, la fantasia completa il quadro, fornendo a queste città perdute la natura ibrida di luoghi in parte fittizi e in parte reali (potremmo addurre a queste motivazioni la scelta editoriale di corredare le descrizioni di ogni città – oltre quaranta tra America, Africa, Asia ed Europa – con illustrazioni, escludendo il materiale fotografico?).

Il matto e la zoppa: il pregiudizio secondo Missiroli

Il buio addosso
di Marco Missiroli
TEA, 2011
€ 9,00

"La lana è la purezza di R., e questa purezza deve abitare ovunque. Nelle case, nelle strade. Negli uomini, nelle donne, nei bambini. Da oggi R. sarà puro come mai lo è stato"

Tutto inizia con una legge: nel paese di R. non si darà spazio a nessuna imperfezione, i difformi e gli storpi verranno addormentati al momento della nascita, per non gravare con la loro disgrazia sulla felicità altrui, per non contaminarne la purezza. La zoppa e Nunù sono l'eccezione, la stranezza, l'incongruo. Vivono segregati in casa, separati dal resto del mondo da un vetro che è prigione e protezione al tempo stesso. In modo diverso sognano la libertà: il piccolo matto immagina di raggiungere il cielo, dove "non ci sono gli uomini che lo guardano", mentre la zoppa si figura di poter scendere in piazza, coinvolta in una gara di corsa con le bambine della scuola. Si rendono oscuramente conto entrambi che la mentalità bigotta del paese non è pronta né disposta ad aprirsi per accoglierli. Solo di notte la voglia di evasione prevale e la giovane Poline trova il coraggio di violare la legge e i tabù, fuoriuscendo al mondo, lontana però dagli sguardi dei maldicenti. A proteggere i due innocenti dalla crudeltà del mondo sono solo l'amore di un uomo, il sindaco di R., padre che non può fare abbastanza, e la dedizione di un altro, il maestro delle campane, che convive con un segreto doloroso e cerca l'opportunità di fare ammenda. Intanto il paese, cieco e ottuso, non capisce e non perdona: associa ogni differenza, ogni alterazione della perfezione, alla maledizione che si è abbattuta sulle greggi, rovinando la lana magica e perfetta famosa in tutto il contado, gloria per R. e per i suoi abitanti. 

Ci vuole un fisico bestiale: Gli animali nella Storia della Civilità di Morus

Gli animali nella Storia della Civilità
di Morus (pseudonimo di Richard Lewinson)
Odoya, 2017

Traduzione di Bianca Montalenti

Pp. 365
€ 22


"È l'aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende". Così recitava uno dei tanti slogan fascisti che tra gli anni Venti e Quaranta del Novecento spesso erano visibili dipinti sui muri delle case in Italia. Tuttavia, senza stare qui a prendere posizione sull'ovvia retorica che ammanta simili slogan, occorre una riflessione: se infatti la spada è, come logico che sia, brandita da un essere umano, chi è che materialmente spinge l'aratro? Facile direte voi: i buoi! Ecco proprio da questa logica risposta però si apre un mondo, un mondo che vede come protagonisti gli animali ma non in una, diciamo così, semplice etologia quanto in uno studio sul rapporto tra esseri umani e animali. Questo è il senso intimo di Gli animali nella Storia della Civilità, libro edito da Odoya nel 2017 e scritto da Morus, pseudonimo, insieme a Campanella, di Richard Lewinson, giornalista economico e scrittore tedesco del Primo Novecento. Il libro va così ad indagare questo mondo il più delle volte misconosciuto e tenuto da parte dalla Storia ufficiale, troppo presa a raccontare le gesta e le conquiste degli uomini, senza considerare mai i loro "compagni di viaggio ed aiutanti" animali. Nobile scopo per questo volume ma, bisogna asserirlo in sede preliminare, non completamente raggiunto. Il testo di Morus infatti si presenta, soprattutto oggi, come "uno splendido errore".

Solo se c'è la luna - I colori e le atmosfere di una Sicilia dal sapore notturno

Solo se c'è la luna
di Silvana Grasso
Marsilio editore, 2017

pp. 222

€ 17,00 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)

Dopo aver trascorso trent'anni negli Stati Uniti, il manovale cinquantenne Girolamo Franzò (per tutti, ormai, "l'americano Gerri") torna nella sua assolata Sicilia, deciso a mettere in pratica anche sul suolo natio le idee apprese nella patria delle grandi promesse ed opportunità, intenzionato a diffondere marketinghi e bisinés per far progredire una terra che non riconosce più come la propria casa:
" (...) Qui sono ancora all'antidiluvio, qui vivono come capre, non c'è volontà d'emanciparsi, di conoscere cos'altro c'è oltre la terra, gli ulivi, le vigne, i conigli, le galline, le vacche (...) ".
Siamo negli anni cinquanta e gli abitanti dell'isola usano ancora
" (...) la cenere per lavare e lavarsi (...) ",
ma Gerri ha un'idea rivoluzionaria: apre una fabbrica di sapone (la "Gerri soap") che, col passare del tempo esporta i suoi prodotti dapprima in Sicilia, e poi anche sull'intero territorio della penisola italiana.

Apocalisse in Sardegna: "Grande nudo" di Gianni Tetti

Grande nudo
di Gianni Tetti
Neo Edizioni, 2016

pp. 688
€ 17,00


Da qualche parte, rinchiusa in una stanza imbottita, una donna nuda e impaurita parla con un cane nero, segregata da due aguzzini che la seviziano deridendola. Altrove un uomo si risveglia in una grotta sul mare: ascolta il suo respiro, è ferito o malato, non riesce ad alzarsi, ci prova, ricade a terra, richiude gli occhi. Fuori, comincia a soffiare il vento. Un vento che soffierà incessante, violento, travolgente per mesi, anni, forse per sempre.

Il vento dovresti sentirlo. Non si sente altro. Un vento di maestrale che fa venire la pelle d'oca. C'era stato un maestrale così freddo, dieci anni fa. S'era portato appresso un diluvio. Per questo, oggi abbiamo paura. Siamo tutti superstiti. Siamo quello che è rimasto. Dopo le guerre, dopo gli attentati. Dopo i virus. Dopo la Grande depressione. Dopo la ripresa che ne ha ammazzato più di tutti.

Tutti i nemici del procuratore - Il valore di chi ha scelto di non piegarsi.

Tutti i nemici del procuratore-L'omicidio di Bruno Caccia
di Paola Bellone
Editori Laterza, 2017

pp. 228

€ 20 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)

Questo libro inizia dalla fine, dall'epilogo della tragica vicenda che vide coinvolto il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, Bruno Caccia, ucciso dalla 'ndrangheta il 26 giugno del 1983: è, infatti, il 22 dicembre 2015 quando la Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Milano arresta il presunto esecutore materiale dell'omicidio, Rocco Schirripa, detto "'o Barca" (dal quartiere della periferia di Torino nel quale è cresciuto), panettiere torinese di 62 anni di origini calabresi.

Tutti i nemici del procuratore, però, non è solo il resoconto delle indagini condotte sopra questo tragico fatto, ma un'analisi accurata di tutti i personaggi coinvolti, dai malavitosi ai magistrati, da noti politici a uomini di Chiesa.

Parlando di Gardaland e altri nonluoghi

L'unico viaggio che ho fatto. Storia di Gardaland e di quello che è successo dopo
di Emmanuela Carbé

Minimum Fax, 2017
pp.111, € 14,00 






Ai miei tempi c'era la canzone di Gardaland che faceva Gardaland, il sogno dei bambini è andare a Gardaland, e che tutti i bambini dotati di un minimo di strategia cantavano in continuazione ai genitori da fine maggio in poi.

Gardaland è un luogo iconico delle infanzie anni '80 e '90. Per amore o per forza, tutti noi, ad un certo punto tra gli otto e il dodici anni, siamo stati in quel posto che evocava la magia dei grandi parchi divertimento oltralpe e oltreoceano e che ci consentiva l'accesso al mondo dei pirati, a quello degli antichi egizi, ci dava la possibilità di provare un simulatore di volo e ci faceva urlare alle discese delle montagne russe. Emmanuela Carbé nel suo ultimo romanzo L'unico viaggio che ho fatto edito per Minimum Fax, ci porta a ripercorrere i viali e la storia del primo grande non- luogo della penisola italiana. 

"Senza amare andare sul mare": l'infinito navigare di Christian Pastore

Senza amare andare sul mare 
di Christian Pastore
Frassinelli, 2017

€ 22,00
pp. 672


Un libro, 40 personaggi, 40 capitoli, 40 storie. Oppure 41? E' questa la prima domanda che si pone il lettore di "Senza amare andare sul mare", prima opera di Christian Pastore. C'è una trama? Troveranno unione le 40 divagazioni relative ai personaggi? I loro vissuti si incastreranno a formare un disegno finale, una chiave o una vicenda complessiva? Questa domanda, il lettore se la pone all'inizio del libro e a pagina 500 non ha ancora trovato una risposta.
L'opera (che per ora non chiamo romanzo) è costruita sulla giustapposizione di 40 personaggi, che si incontrano su una nave da crociera, la Tituba. Non si conoscono, non ricordano come sono finiti in alto mare, né sanno se la navigazione avrà mai fine. La Tituba, infatti, offre un viaggio pieno di comfort e stranamente gratuito, ma altrettanto stranamente non fa scalo nei porti, vaga (o così pare) in un oceano senza fine, da cui non si riesce mai a scorgere la terraferma. Ciò che il sinistro equipaggio della nave chiede ai suoi straniti passeggeri è di redigere un diario e di guardare quotidianamente la foto che hanno trovato nelle loro cabine.

L'altra faccia dell'ottobre fatale: Impero e rivoluzione di Vittorio Strada


Impero e rivoluzione
di Vittorio Strada
Marsilio, 2017

Pp. 171
15 €


All'Hermitage di San Pietroburgo è ospitato forse il più affascinante esempio di robotica del 1700. Si tratta di un orologio con protagonisti un pavone, un gallo ed una civetta robotici. Ogni giorno, alle 19 in punto, i personaggi si "animano" e donano uno spettacolo senza paragoni ai visitatori del museo. Forse quest'immagine di splendente bellezza è utile per iniziare a parlare di Impero e rivoluzione, un saggio a firma di Vittorio Strada, edito da Marsilio. Il saggio di Strada, uscito a cento anni esatti dalla Rivoluzione d'Ottobre, è lo strumento giusto per riflettere in modo disincantato e de-mitizzato a questa vera e propria architrave della Storia contemporanea. Vittorio Strada analizza tale immane fenomeno in modo tagliente, senza guardare in faccia a nessuno, benché meno all'ideologia. Impero e rivoluzione è la "faccia oscura" della Rivoluzione d'Ottobre colta, soprattutto nei suoi effetti duraturi nel tempo, non come totale rottura della Storia ma come, più o meno, perfetta continuazione dell'Impero zarista. Un libro che, ne siamo certi, farà discutere ma probabilmente questo sarà un bene per non lasciare che un cono d'ombra, molto pericoloso, possa scendere su tale evento storico.

#SpecialeLAllieva - "Le ossa della principessa", di Alessia Gazzola

Le ossa della principessa
di Alessia Gazzola
Collana La Gaja Scienza
Milano, Longanesi, 2014
pp. 360


cartaceo € 17,60
ebook € 8,99

Questa volta Alice è alle prese con un'indagine diversa da quelle a cui la Gazzola ci ha abituato: un cold case, ovvero un omicidio avvenuto diversi anni prima, tornato sulle prime copertine dei giornali in seguito al ritrovamento del corpo della vittima.
Il rinvenimento coincide oltretutto con un altro fatto preoccupante: la sparizione di Ambra Negri Della Valle. In questo libro, quindi, Alice deve fare i conti non solo con un modus operandi tutto diverso, ma anche con un nuovo sentimento nei confronti della (finora) tanto odiata Ambra. La sua scomparsa, infatti, suscita nella nostra protagonista un confuso groviglio di sentimenti contrapposti: da una parte il senso di colpa per non averla mai sopportata e nemmeno compresa fino in fondo, dall'altro la tenacia nella prosecuzione delle indagini per scoprire che fine abbia fatto. I dettagli che man mano vengono fuori riguardo la sua fuga, inoltre, sembrano sempre più avvicinare la figura di Ambra a quella della vittima, fino ad arrivare a scoprire che la giovane specializzanda aveva organizzato un viaggio proprio nel luogo in cui la spedizione del professore aveva eseguito gli scavi per incontrare Daniel Sahr, figlio dell'accademico e probabile fiamma giovanile della vittima.

#CritiComics - Il caso di Charles Dexter Ward: dal romanzo al fumetto

Il caso di Charles Dexter Ward 
di I.N.J. Culbard
Traduzione di Giorgio Saccani
Magic Press, 2015
144 pag.

L'adattamento a fumetti de Il caso di Charles Dexter Ward firmato da Ian Culbard si apre con uno zoom che da una vista panoramica del pianeta Terra ci porta all'interno della cella del manicomio da cui il giovane Ward è appena fuggito. Un'apertura suggestiva e al contempo capace di collocare i pericoli e le paure non solo nella zona circoscritta di un luogo o di una mente, ma addirittura nell'intero universo. Culbard è bravo in queste cose: sintetizza, comprime, mette in fila i fatti e riesce farli filare per il verso giusto, trova aperture suggestive e chiuse altrettanto forti, senza dimenticarsi di costruire personaggi credibili e con una recitazione curata e interessante in certe sfumature antiquate che riesce a dare (recuperando in questo modo la prosa di Lovecraft).

Culbard è bravo, l'esatto contrario di Lovecraft, che invece era inutilmente barocco, complicato, spesso prolisso, confuso, incapace di imprimere un ritmo stabile alla sua narrazione. E Lovecraft lo sapeva perché era un giudice spietato nei propri confronti, un uomo che ha visto spesso naufragare le proprie ambizioni letterarie contro le sue reali capacità di scrittore. Leggere Il caso di Charles Dexter Ward è ripercorrere i passi (spesso falsi) di Lovecraft nella costruzione di un romanzo complesso capace di diventare contenitore di generi e tematiche. Si parte con una trama mistery a cui Lovecraft innesta subito una lunga digressione storica su Providence che al contempo introduce la tematica magico/alchemica del romanzo (con tanto di citazioni dai testi). Riprese le redini del mistery, Lovecraft si concentra poi sulla follia di Ward (con interi articoli di giornale a testimonianza) e quindi l'indagine del dott. Willett prosegue molto lentamente verso la scoperta dell'orrore cosmico e verso un colpo di scena che il lettore ha intuito da molto tempo. Il tutto è raccontato con una lingua volutamente antiquata, molto fredda e distante dai personaggi, che cerca di mantenere logica e decoro nell'orrido manifestarsi dei fatti.