in

Niccolò Machiavelli: uno sceneggiatore sul palcoscenico della storia

- -
La stanza del principe
di Alessandro di Nuzzo
Wingsbert House, 2015

pp. 157
14 € 




- Avete conosciuto i re?- fa Baccio - I paesani dicono che quel che si racconta sulla vostra vita è favola...-
Sul palcoscenico della storia si muovono i "grandi". Sia che si parli di narrativa, sia che si tratti di volumi di studio, le prime donne che rubano la scena sono sempre le stesse. Vestendo i panni di varie dramatis personae che rispondono a nomi come Alessandro, Cleopatra oppure Napoleone ci troviamo sempre di fronte il geniale stratega, il condottiero visionario, il furbo e potente politico. Per dirla con una parola sola: i protagonisti. Eppure, senza tecnici del suono, costumisti, sceneggiatori e suggeritori in buca, lo spettacolo teatrale non esisterebbe o, quanto meno, non avrebbe lo stesso impatto e la stessa qualità. Il protagonista de La stanza del principe è il primus inter pares dei grandi tecnici che hanno diretto le fila della storia e della politica: Nicolò Machiavelli.


Sognavo di uno stato libero. Governato dai migliori. Con un esercito non di mercenari, ma di popolo. La mia Firenze. Un Davide fiero e indomabile. Che resisteva contro tutti i Golia d'Europa, alleati per distruggerla.
Il sogno della repubblica fiorentina è fallito. Dopo pochi anni di gloria, il nuovo governo non ha retto e la famiglia de Medici ha riottenuto il controllo della città. Nicolò Machiavelli, ispiratore, sostenitore e segretario di questo tentativo politico è stato graziato ed esiliato nel borgo di Sant'Andrea in modo da tenerlo lontano dagli scenari del potere. Lì può al massimo bere in osteria, dedicarsi alla caccia e languire nel ricordo degli splendori passati. Eppure dentro di lui bruciano ancora le idee che l'hanno portato a dialogare con i potenti d'Europa e che l'hanno sostenuto durante le torture inflittegli alla caduta della repubblica. Queste idee devono trovare sfogo sulla carta per comporre il più grande trattato politico dei tempi: Il Principe.
Se la storia dell'umanità, come dice qualcuno, è un susseguirsi di progetti falliti e speranze deluse, in queste pagine ci troviamo di fronte ad un uomo rovinato dai propri piani.
Il 1513 è l'anno per Machiavelli del fallimento delle sue ambizioni politiche. Costretto all'esilio forzato e lontano dai corridoi di potere che tanto aveva calcato, si trova ad ingaglioffire nel suo podere di campagna, l'Albergaccio. La stanza del principe racconta di questi anni, quando, ormai nemmeno più tecnico del suono del palcoscenico fiorentino, è costretto all'inattività. Machiavelli si strugge e si incancrenisce prendendosela con la moglie, fedele compagna, e vivendo nei ricordi del passato. Suo unico e sorprendente interlocutore è un pastorello che gli fornisce la legna, Baccio, ragazzo dalla mente acuta e semplice . 
Io ho passato la vita a leggere e scrivere. A che mi è valso infine, ti chiederai, se ora sono qui a parlare con un pastorello taglialegna?
Tramite la sua figura, Niccolò racconta il suo passato alla corte dei potenti e getta le idee per la stesura del primo trattato di politica moderna, Il Principe
Più che di un romanzo, parliamo di un'opera teatrale romanzata. Ogni capitolo si apre con l'ubicazione del luogo, i personaggi presenti e il momento della giornata, come se ogni pagina fosse un sipario che si alza. Gli scenari su cui si muovono i personaggi nel tempo presente, sono limitati: lo studio, l'osteria, il bosco. I personaggi sono pochi: Machiavelli, il pastore e, occasionalmente, qualche personaggio femminile come la moglie e la cartomante, semplici comparse che sottolineano l'infelicità del protagonista. Il tempo passato, di contro, apre la tenda su sfarzose corti europee e personaggi temibili ed astuti come il Valentino o papa Giulio II.
Il filo conduttore è certamente la contrapposizione tra Machiavelli e il pastore Baccio, personaggi agli antipodi eppure, paradossalmente, l'uno il complemento dell'altro. Machiavelli, anche in esilio, interpreta il ruolo del negotium politico a tempo pieno, mentre il pastore è il richiamo verso la natura e l'otium di oraziana memoria. In questo caso, la pace data dalla natura però non è nè agognata nè ricercata perchè l'unico obiettivo del protagonista è ritornare a recitare sul palcoscenico politico.
Un'opera che permette di sbirciare, in maniera meno convenzionale del solito, dietro le tende della storia e, per una volta, vedere dal punto di vista di uno sceneggiatore e non di un protagonista.