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Introduzione allo stupore: "Sette brevi lezioni di fisica" di Carlo Rovelli

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Sette brevi lezioni di fisica
di Carlo Rovelli
Adelphi, Milano, 2014

pp. 88
€ 10,00

Nella Premessa Rovelli chiarisce subito: “Queste lezioni sono state scritte per chi la scienza moderna non la conosce o la conosce poco”. Pur avendo fatto il liceo scientifico mi considero dunque tra i destinatari del libro, e mi perdoni la mia insegnante di fisica. Per non incorrere in errori nell’esporre la materia trattata, e per la facilità nel trovare aforismi felici ed esemplificativi della prosa dell'autore, farò largo uso di citazioni dal testo.
Queste Sette brevi lezioni di fisica sono molto abbordabili: Rovelli è attento al fattore umano, inserisce il contenuto scientifico in una cornice più ampia, mischiandolo a riflessioni personali e ad elementi biografici o privati, come quando parla dei suoi studi su libri mangiucchiati dai topi.




I capitoli sono collegati tra loro: per parlare dell’architettura del cosmo (terza lezione) e della natura delle particelle elementari (quarta), l'autore deve prima introdurre nelle pagine precedenti le basi concettuali che hanno permesso le teorie che va ad esporre: ecco allora che il libro inizia raccontando in maniera narrativa di come Einstein arrivi a formulare la sua teoria della relatività generale partendo da quella “ristretta”, attraverso un lungo percorso di studio, tentativi ed errori; si passa poi alla meccanica quantistica che, come viene spiegato nella seconda lezione, introducendo la probabilità e il caso laddove sembrava che tutto fosse regolato da leggi precise e inderogabili, ha rivoluzionato la fisica tanto da lasciare incredulo lo stesso Einstein, che non sarà mai del tutto persuaso della nuova teoria.
Rovelli esplicita sempre il senso filosofico che ottiene dal materiale scientifico: il fatto che “nella meccanica quantistica nessun oggetto ha una posizione definita, se non quando incoccia contro qualcos’altro” significa ad esempio per l’autore che “dobbiamo accettare l’idea che la realtà sia solo interazione”, “Un mondo di avvenimenti, non di cose”.
Nella quarta lezione il fisico parla del Modello standard delle particelle elementari: elettroni, quark, fotoni e gluoni, assieme ai neutrini e al bosone di Higgs, sono gli ingredienti che compongono tutta la realtà materiale, una manciata di mattoncini lego componibili in innumerevoli possibilità. Questo modello, però, non riesce a spiegare la presenza “di un grande alone di materia”, invisibile direttamente, che rivela sua esistenza per la forza gravitazionale con cui attira stelle e devia la luce: si tratta della cosiddetta materia oscura, un esempio, per l'autore, di quanto ancora ci sia da scoprire.
La quinta lezione, tra stelle di Planck e buchi neri, è un po’ più ostica da assimilare rispetto alle precedenti. Essa vuole rendere conto della contraddizione apparente tra relatività generale e meccanica quantistica; per la prima il mondo “è uno spazio curvo dove tutto è continuo”, per la seconda esso è invece “uno spazio piatto dove saltano quanti di energia: il paradosso è che entrambe le teorie funzionano terribilmente bene”. Il campo di studio chiamato “gravità quantistica” cerca da anni di dirimere la questione. “Qui, sul fronte, oltre i bordi del sapere attuale, la scienza diventa ancora più bella”. In effetti i concetti esposti sono molto affascinanti: al livello dei quanti di spazio il concetto di tempo come catena sequenziale di attimi in cui si può individuare un prima e un dopo svanisce; questa riflessione sarà ripresa nella sesta lezione (che parte dalla domanda: “Che cos’è il calore?”) in cui Rovelli spiega che noi non distinguiamo i dettagli infinitesimali della realtà (dove appunto il tempo non scorre) ma che al nostro livello, che interagisce solo con medie di miriadi di variabili, le interazioni microscopiche del mondo fanno emergere fenomeni temporali. Ci siete ancora?
Esistenza del tempo a parte, programmaticamente Rovelli preferisce non addentrarsi nelle spiegazioni tecniche concentrandosi sugli effetti delle teorie e dei concetti che espone, trovando sempre metafore e metodi semplici per far comprendere al lettore le implicazioni di ciò di cui sta parlando. L’approccio è meno da studioso e più da divulgatore, e se al termine della lettura forse non si sa molto di più di fisica (ma pretendere ciò da un libro di 90 pagine sarebbe ingenuo) si ha sicuramente un’idea più precisa di cosa significhino in concreto i vari concetti fisici e, soprattutto, si è introdotti allo stupore di fronte al mondo che abitiamo ed alle sue leggi, all’abbacinante mistero dell’universo. Contrariamente a quello che si pensa, ci dice Rovelli, anche la scienza è un corpo caldo e non una fredda serie di formule astruse. Il suo libro, allora, è un conduttore, capace di trasmettere parte di questo calore ai lettori.

Ci sono capolavori assoluti che ci emozionano intensamente, il Requiem di Mozart, l’Odissea, la Cappella Sistina, Re Lear…Coglierne lo splendore può richiedere un percorso di apprendistato. Ma il premio è la pura bellezza.

Nella settima lezione l’autore tira le somme ed il libro si conclude con un ridimensionamento dell’uomo ma anche con una rivendicazione orgogliosa: sì, siamo una parte infinitesimale dell’universo, ignoriamo ancora moltissime cose e la nostra natura condiziona il modo in cui interpretiamo il reale; ma la scienza non è uno dei tanti racconti fantastici che l’uomo si inventa. Con tutta la sua problematicità, parzialità, possibilità d’errore, resta uno strumento funzionante per capire il mondo.
Nelle ultime pagine Rovelli, intriso dell’ottimismo che lo anima in ogni parte di questo libro, afferma che l’uomo, con la sua consapevolezza, le sue emozioni, la sua dicotomia anima/corpo, la sua complicatissima essenza, non deve sentirsi un accidente cosmico, un estraneo in questo mondo fisico: noi siamo natura, ogni nostro aspetto è naturale in quanto non esiste qualcosa che possa non esserlo, siamo una tra le infinite parti dell’universo. Siamo a casa.

Nicola Campostori