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Into the Wild Truth: la verità dietro la storia di Chris McCandless

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Into the wild truth
di Carine McCandless
Corbaccio, 2015

traduzione italiana Rita Giaccari

pp. 374
euro 17,60

Datemi la verità, invece che amore, denaro o fama. Sedetti a una tavola imbandita di cibo ricco, vino abbondante e servi ossequiosi, ma alla quale mancavano la sincerità e la verità; partii affamato da quel desco inospitale. L’ospitalità era fredda come i gelati.

[Henry D. Thoureau, Walden ovvero vita nei boschi, passaggio sottolineato da Chris]


Non è per niente facile parlare di questo libro. L’intensità e la sofferenza delle vite rievocate sono un pugno allo stomaco e giudicare – che parola inappropriata – questo memoir in termini di critica letteraria, cercando di prendere le distanze dal coinvolgimento emotivo derivato dalla lettura, è complicato. E forse, in fondo, nemmeno necessario.
Non lo farò quindi, preferisco parlarvi di come le 374 pagine della storia narrata da Carine McCandless portino la traccia evidente delle emozioni dell’autrice che racconta per la prima volta in un libro la verità sulla propria famiglia e soprattutto su quel fratello amatissimo dalla cui morte sono passati già vent’anni ma che, ancora oggi, rimane un esempio per tanti giovani sognatori, ribelli, idealisti che hanno conosciuto Chris tramite Into the wild, il racconto del giornalista Krakauer poi ripreso da Sean Penn nella bellissima trasposizione cinematografica.

Della storia di Chris conoscevamo infatti già molto, a partire dall’articolo “Death of an Innocent” apparso sulla rivista Outside nel 1993 che ha catturato da subito un numero incredibile di lettori, convincendo Krakauer a ricostruire l’avventura di quel giovane di buona famiglia appena diplomato al college, partito per un lungo solitario viaggio nelle terre estreme dell’Alaska. Un viaggio da cui sappiamo non ha mai fatto ritorno. Poi, nel 2007 e dopo un decennio di trattative, Sean Penn ha tratto dal reportage di Krakauer il bellissimo film che ha contribuito a fissare per sempre nell’immaginario collettivo la storia di Chris quale esempio di libertà, anticonformismo e indipendenza. Se l’attore premio Oscar nel costruire uno dei suoi film da regista meglio riusciti si è avvalso della collaborazione di esperti, famigliari ed amici che in qualche modo hanno accompagnato il giovane nel viaggio alla scoperta di sé nelle terre estreme d’Alaska, fondamentale è stato ovviamente il libro che Sean Penn ha riportato sullo schermo piuttosto fedelmente riuscendo a tradurre in immagini e musica – meravigliose – le parole di Krakauer . Ed è da questo libro, diventato negli anni materiale di studio in molte scuole statunitensi e letto da un numero considerevole di lettori in tutto il mondo, che Carine McCandless riparte per raccontare la sua storia, la storia di quel fratello amatissimo e di una realtà famigliare con cui ancora non è riuscita del tutto a venire a patti. Ciò che dal libro di Krakauer e dal film che vi è stato tratto riuscivamo solo ad intuire, trova conferma nel racconto di Carine, che restituisce al lettore un ritratto del fratello e inevitabilmente della famiglia – che definire disfunzionale è un eufemismo – dando la propria interpretazione sulle reali intenzioni di Chris.

Perché scrivere ora, dopo tutto questo tempo trascorso dalla tragedia che ha colpito la famiglia, un racconto che nel nome della verità non risparmia nessuno? Perché mettere a nudo sulla pagina segreti che la famiglia ha custodito per anni, perché svelare ora la fitta trama di bugie che Walt e Billie – i genitori di Chris e Carine – hanno intessuto per tutta la vita? Cosa resta ancora da raccontare della storia di Chris, quale messaggio può ancora trasparire dalla scelta di quel giovane ribelle, sulla cui vicenda molti hanno espresso il proprio giudizio, chi eleggendolo a simbolo di onestà e coraggio, chi invece accusandolo di egoismo?

Molti ammiravano Chris per il suo coraggio e i suoi principi trascendentali, la sua generosità di cuore, la sua volontà di liberarsi di ogni bene materiale per intraprendere il cammino verso un’esistenza pura erano per loro fonte di ispirazione. Altri invece lo reputavano un idiota e gli rimproveravano un comportamento che consideravano ottuso e irresponsabile. Altri ancora si convinsero che mio fratello era mentalmente instabile e che fosse entrato nelle terre estreme senza l’intenzione di uscirne.

È la ricerca della verità il filo rosso di questa storia. Una verità che Carine difende ad ogni costo contro le bugie che per tutta la vita hanno accompagnato lei, Chris e i numerosi fratellastri, ed infine la stessa morte del fratello. Verità su una famiglia che dietro la facciata di perbenismo cela una realtà dolorosa, segnata da violenza fisica e psicologica, segreti e bugie che lasceranno un segno indelebile su quei figli costretti ogni giorno a partecipare al dramma. Liti furibonde, minacce e intimidazioni, a cui seguono viaggi, benessere e lampi d’affetto che ogni volta riaccendono la speranza:

I nostri genitori ci ferivano in continuazione, ma restavano i nostri genitori. Avevamo bisogno di credere che quei momenti di calore fossero l’espressione autentica della loro natura e non solo una piccola parte dello spettacolo che mettevano su.

È un ritratto diretto, spietato, senza filtri, necessario forse per trovare finalmente il proprio equilibrio, che Carine consegna al lettore, con lo scopo di restituire un’immagine più completa di Chris e inevitabilmente della famiglia tutta, una verità per mezzo della quale cercare il senso di quel viaggio nelle terre estreme d’Alaska su cui molte speculazioni di volta in volta sono state fatte, discussioni rianimate in seguito al successo del film. Non voglio qui anticipare troppo della travagliata vicenda famigliare raccontata da Carine e delle conseguenze sulla sua vita di adulta, il cui carico emotivo colpisce inevitabilmente il lettore pagina dopo pagina e, confesso, rende l’attesa dell’incontro di questa mattina con l’autrice forte di emozione; delle violenti liti di cui Chris e Carine sono stati spettatori e vittime, delle bugie che piano piano si sono sostituite alla realtà dei fatti, dell’incapacità per dei bambini di comprendere le stranezze di quella famiglia allargata – la prima moglie di Walt, Marcia, donna dolcissima, da cui l’uomo ha avuto numerosi figli alcuni di essi nati quando era già insieme a Billie – e del desiderio di Chris di allontanarsi da quella vita.
Al centro della narrazione, certo, la storia di Chris, ma inevitabilmente anche quella di Carine stessa: dell’infanzia e di quel fratello sempre pronto a proteggerla, dell’adolescenza e della scoperta della verità, della giovane donna che non riesce a liberarsi dal peso del passato, pronta a credere che le persone possano cambiare e troppe volte intrappolata in relazioni sentimentali travagliate. Gli uomini che entrano nella sua vita, figure patetiche che sfilano uno dopo l’altro e da cui presto o tardi rimane delusa, ma soprattutto sono le insicurezze di una donna dal bagaglio emotivo pesantissimo che mette a nudo qui sulla pagina mentre rievoca emozioni e dubbi, sulla propria famiglia, sulle sue scelte di vita, perfino sulla maternità:

Cominciai a vedermi come potenziale madre e fui assalita dal terrore al solo pensiero. Nonostante il mio carattere tranquillo e il mio riuscire a mantenere la calma sotto pressione, temevo che il germe della violenza si nascondesse da qualche parte dentro di me. Avevo paura che facesse parte del mio dna, solo che non era ancora saltato fuori, aspettando l’occasione di rivelarsi. […] avevo deciso che il modo migliore per non diventare un genitore violento era semplicemente non diventare genitore.


Sarà il lettore a scoprire più nel dettaglio la storia del clan McCandless ma soprattutto a ricostruire, per quanto possibile, la figura di Chris, sul prima condiviso e sul dolore in seguito alla sua scomparsa. Inevitabilmente il ritratto che ne traspare è filtrato dal giudizio di una sorella a lui legatissima, più disposta a riconoscerne pregi e sensibilità che difetti e debolezze; non è – e come potrebbe essere altrimenti – un ritratto a tutto tondo di Chris, l’occhio è troppo indulgente ed affettuoso per esserlo davvero, ma è in ogni modo un atto di coraggio e d’amore di quella persona che più di ogni altro l’ha conosciuto davvero e che sente oggi la necessità di difenderlo dalle critiche fornendoci infine una nuova chiave di lettura sulla vicenda, sulla scelta di un giovane appena laureato a pieni voti che decide di abbandonare la famiglia, donare i propri soldi ad Oxfam e partire per un lungo viaggio solitario dal cuore dell’America fino in Alaska. La verità, che per Chris è stata un valore fondamentale, viene raccontata dalla sorella senza cedere eccessivamente al sentimentalismo e al pathos, in un racconto in prima persona che sorprendentemente riesce a trovare il giusto distacco per parlare al lettore. Al di là del pesante fardello emotivo con cui Chris e Carine hanno dovuto fare i conti, Into the wild truth ci da quindi la possibilità di guardare la vicenda da un punto di vista nuovo e, nel percorso suggerito dalla stessa autrice, comprendere forse meglio la scelta di Chris:

Troppi, parlando di lui, sono ricorsi al cliché del trovare se stesso: ma Chris sapeva bene chi era. Credo che alla fine volesse semplicemente trovare il suo posto nel mondo, un posto nella società che gli permettesse di rimanere fedele a se stesso.

Nel suo vagabondare, Chris sapeva esattamente chi fosse e in quella natura selvaggia e crudele forse, davvero, non era se stesso che stava cercando tanto disperatamente, quanto la serenità e il coraggio necessari per diventare adulti senza scendere a compromessi ma rimanendo fedeli ai propri ideali fino in fondo. E tornare infine in quella società da cui si era solo momentaneamente allontanato con maggior consapevolezza, pronto ad affrontare le sfide della vita senza perdere mai di vista sé stesso e i valori in cui credeva. È stato sicuramente di consolazione per la famiglia e gli amici comprendere finalmente la reale causa della morte di Chris, ma soprattutto accettare il fatto che lassù, nella solitudine dell’Alaska, ha trovato la felicità:

È una tragedia che mio fratello sia morto così giovane. Ma nonostante fosse spaventato dalla sua imminente morte, lui ci ha lasciato in pace, poiché il percorso che aveva scelto nella vita lo aveva fatto rimanere fedele a se stesso. E alla fine, in qualsiasi momento la morte arrivi, non è forse così che ognuno di noi spera di aver vissuto?
Credo che Chris avesse scelto la natura selvaggia per andare in cerca di ciò che gli era mancato nell’infanzia: pace, purezza, onestà. E aveva capito che in nessun altro luogo se non nella natura avrebbe trovato ciò che cercava.

E se ancora c’è qualcosa che la storia di Chris McCandless può insegnarci, viene svelato in queste pagine: sofferte, necessarie, vere.