in

Ma gli italiani sanno solo far commedie?

- -
Una commedia italiana
di Piersandro Pallavicini
Feltrinelli, 2014

pp. 320
€ 17


Perché il mondo, vada come vada, anche a catafascio, lo si deve affrontare così, sorridendo. Senza musi lunghi, senza lamentele che fan venire la colite. D'accordo?
Potremmo riassumere così Una commedia italiana, il nuovo romanzo di Piersandro Pallavicini, uscito in primavera per Feltrinelli. Lo scrittore pavese, che ci ha abituati alla sua ironia tagliente e mai gratuita, torna con un romanzo famigliare, un'epopea quasi, che ha per protagonista diretta Carla, una professoressa di chimica cinquantenne che assomiglia ad Ave Ninchi, statuaria e pronta a combattere per la sua causa, allergica a tutte le smancerie "che fanno venire la carie", ma sensibile e profondamente etica, sotto sotto. Da contraltare, il grande presente-assente, nonché motore della vicenda: il padre, l'imprenditore di latticini Alfredo Pampaloni, scomparso da poco, ma che - come vedremo di pagina in pagina - fa parlare di sé sempre e comunque. Ma lasciamo che sia proprio Carla a descriverlo:
Mio padre è l'esempio vivente di come una dieta malsana, scarse letture e una misoginia da far rizzare i capelli allunghino la vita ben oltre l'aspettativa media. Un troglodita. Di cui non oso chiedermi cosa pensi davvero di me e di te.
Un personaggio difficile da trattare, a dir poco irriverente, subito pronto a "riaccendere il suo sguardo sardonico" e a "riaprire il suo sorriso padronale", un uomo che fa propria la teoria dello
scherzare sempre. D'altronde che cosa cambia a farne un dramma?
Ed è proprio questa la più grande eredità che Pampaloni lascia alla figlia Carla (che, per inciso, originariamente avrebbe dovuto chiamarsi Carpa, ma fu salvata dall'impiegato dell'anagrafe). Ben diverso è invece il figlio, forse perché il Pampaloni è riuscito a registrarlo in comune come Rogoredo: e poco conta che tutti lo chiamino Edo, perché Rogoredo Pampaloni non ha preso niente dell'ironia del padre. Al contrario, vive a Londra con una snobbissima famiglia inglese grazie ai soldi che il padre gli ha regalato per aprire una galleria d'arte piuttosto pretenziosa e poco redditizia. In compenso, Edo ha spocchia e ambizioni su fondi e conti in banca che Carla non conosce nemmeno: immaginate cosa può accadere quando il padre muore e Carla deve andare a Londra per parlare di eredità, testamenti e altro... Una commedia? Certo, una commedia di grandi equivoci, che a volte sfiora la tragedia.

Nel romanzo di Pallavicini, in cui si respira tutta la provincia italiana, ma anche un sapiente gusto per il grottesco ipertrofico e accumulato alla Pennac, tante volte il lettore si lascia andare a commenti come "parenti serpenti", "chi la fa l'aspetti", e altri proverbi che vengono puntualmente verificati. Ma non si creda che Una commedia italiana sia un romanzo scontato: al contrario! Semplicemente, ci sono tutti quegli ingredienti che hanno reso i luoghi comuni tali: ovvero un fondo di verità insopprimibile.
Oltre alle pecche primigenie (meschinità, arrivismo, opportunismo) e ai vizietti congeniti (soprattutto le menzogne e l'avidità, ma anche la voglia di essere qualcuno), uno spaccato godurioso (e a tratti preoccupante) dell'italianità contemporanea. Si va dalla maternità troppo protettiva e il sostanziale menefreghismo dei figli all'annientamento degli affetti in nome di conti cifrati e altro,... E, di sghimbescio, una critica efferata del mondo accademico, con dinamiche tristemente note a chi ci è stato per un po'. Un assaggio, per farvi capire lo spirito del romanzo (e in particolare dell'io-narrante Carla):
Nelle pubblicazioni scientifiche, prima del testo vero e proprio, dopo titolo e autori seguono abstract e keywords. Io la vedo così: l'abstract è per i cialtroni, i pigri.  È il riassuntivo per chi non ha voglia di sorbirsi l'articolo intero ma che dopo può dire ah sì, il gruppo di ricerca di quello là fa quelle robe lì [...]. Le keywords invece sono per i menefreghisti assoluti, i peggiori [...]: cinque, sei concetti chiave espunti dall'articolo a cura degli autori, e fatti da una, due, massimo tre parole ciascuno. Ai meeting per i network europei c'è sempre qualche olandese o finlandese che finge di conoscere la tua lingua di ricerca e invece ha guardato solo le keywords e ti tocca spiegargli tutto da zero. 
Insomma, ce n'è per tutti. Ma i buoni sentimenti, l'amore e l'amicizia non sono affatto scomparsi, anche se - appunto - danno "la carie" anche a Pallavicini, e quindi vanno diluiti con consapevolezza in una soluzione a base di ironia (non una sospensione! - Carla mi approverebbe). Certo, Gigi, il marito di Carla, è un grande assente, ma ci sono altri personaggi minori, come l'amica-da-sempre Ottolina e il Salsina, che confortano con un sorriso che non ha niente di sarcastico. E con loro, tante comparse caricaturali, estreme ma non inattuali o impossibili, movimentano la narrazione, con dialoghi svelti e continui colpi di scena.
"Quante risate, con papà" è la frase con cui è più spesso ricordato il Pampaloni. "Quante risate, con Pallavicini", e non è un epitaffio, ma anzi un incitamento a regalarci presto un altro brillante resoconto di noi italiani, oggi.

GMGhioni