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Anna Bolena, una questione di famiglia

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Anna Bolena. Una questione di famiglia
di Hilary Mantel
Fazi Editore, 2013

Traduzione di G. Oneto

€ 19,90
pp. 506

Scrivere un romanzo storico sull’epoca Tudor e gli intrighi alla corte del volubile monarca Enrico VIII che conservi l’autorevolezza del saggio di storia ma allo stesso tempo capace di divenire romanzo non solo per la componente di invenzione ma anche per uno stile in grado di intrigare anche il lettore non proprio esperto della materia, è un lavoro arduo e dai risultati spesso insoddisfacenti. 
Lo straordinario talento di Hilary Mantel ha reso possibile invece rileggere da un punto di vista finora poco esplorato, quello di Thomas Cromwell, una delle pagine più note ed affascinanti della storia moderna inglese, riuscendo con questa trilogia a infondere nuova vita alla dinastia Tudor della corte di Enrico VIII, ponendo l’opera al centro del dibattito letterario internazionale grazie ad una maniacale cura per il dettaglio e la ricerca storica, insieme quindi alle capacità narrative dell’autrice nel creare una saga intrigante ed attualissima.
Se tuttavia l’attenzione recente all’opera della Mantel è stata dettata più dalla polemica su alcune frasi da lei pronunciate che estrapolate dal contesto venivano interpretate come un’acida accusa all’attuale duchessa di Cambridge che ad una reale riscoperta curiosità verso l’argomento trattato nell’ultimo romanzo pubblicato “Bring up the bodies” (questo il titolo originale del secondo volume, tradotto in italiano “Anna Bolena, una questione di famiglia”), resta comunque innegabile una volta avvicinatisi al romanzo (per letteraria curiosità o gossip che si voglia) l’eccezionale capacità dell’autrice, unica donna ad aver vinto due Man Booker Prize, il primo nel 2009 con il primo volume della saga “Wolf hall” e nel 2012 con il secondo attualmente nelle librerie. Riconoscimenti ai quali non sembra troppo azzardato supporre ne seguiranno altri all’uscita del capitolo conclusivo di questa storia, alla quale l’autrice sta lavorando tuttora, che chiuderà il cerchio su tale controversa e caotica epoca.

Nel secondo romanzo, l’attenzione dell’autrice si concentra negli ultimi difficili mesi in cui Anna Bolena è regina e la sua famiglia all’apice del potere alla corte di Enrico, periodo che va dal settembre del 1535 all’estate dell’anno seguente con la tragica caduta della seconda moglie del re. Il desiderio e il sentimento provati per Anna che tempo prima hanno spinto il re a rinnegare la prima moglie e a rompere con la Chiesa di Roma con tutte le conseguenze legate a tali azioni, sembrano ormai parte di un passato remoto, passato di cui lui stesso, Cromwell, è stato tra i principali artefici assecondando il re nel desiderio di allontanarsi dalla prima moglie Caterina (inconsolabile e fedele fino all’ultimo respiro) e sposare la Bolena, anche se questo comporta rompere con la Chiesa di Roma, mettere in dubbio alleanze e diplomazia e giustiziare vecchi amici e consiglieri divenuti nemici. Tra questi è la morte di Tommaso Moro che ancora sembra tormentare (per il rispetto intellettuale che egli ha sempre riservato nei confronti del nemico ex Segretario del re) il freddo, sicuro, imperscrutabile Cromwell, sempre guardato con diffidenza e profondamente solo: 
  “Quanti uomini possono dire, come sono costretto io: l’unico amico che ho è il re d’Inghilterra? Si direbbe che io abbia tutto, ma togliete Enrico e non mi resta nulla”. 
 Ma sono passati tre anni dalle nozze con Anna e sospetto e antipatie nei confronti dell’attuale regina non sono mai stati del tutto cancellati nel popolo inglese, così mentre lo sguardo di Enrico inizia a rivolgersi verso una possibile nuova amante, la mancanza di un erede maschio diventa la causa principale dell’inevitabile frattura tra i due. Anna ha infatti dato al re una figlia femmina, Elisabetta, ma sembra incapace di mettere al mondo un maschio sano e le sue gravidanze terminano sempre in aborti spontanei; eppure la regina ancora non intravede poco lontana da lei la rovina: 
  “Se sarà una femmina ne avrò un altro ed Enrico non mi abbandonerà mai. Mi ha aspettato abbastanza a lungo. Io l’attesa gliel’ho ben ricompensata. E se lui mi volterà le spalle volterà le spalle al grande, meraviglioso lavoro compiuto in questo regno da quando sono diventata regina: quello svolto per riformare la Chiesa. Enrico non ritornerà mai fra le braccia di Roma. Non si umilierà. Dal giorno della mia incoronazione c’è una nuova Inghilterra che senza di me non può esistere”. 
Tutta la storia in fondo gira intorno alla mancanza del tanto agognato erede maschio (anche se un bastardo c’è già, Harry duca di Richmond), al corpo di Anna incapace di tenerlo in vita e consegnarlo al mondo vivo e sano, ai dubbi del sovrano stesso: 
“Il patto sottoscritto da un re con il suo popolo è mantenere la stabilità del regno. Se non riesce ad avere un figlio maschio, deve trovare un erede, nominarlo prima che il suo paese sprofondi nel dubbio e nella confusione, nelle fazioni e nelle congiure. […] Se un re non può avere un figlio maschio, se non riesce in una cosa del genere, non importa in che cosa altro riesca”. 
Intorno al re e quindi intorno a Cromwell si muovono come pedine del gioco di corte famiglie e fazioni diverse, in attesa che nuovi sviluppi e intrighi portino i Bolena alla rovina e nuove alleanze vengano create, mentre lo spettro della prematura scomparsa del sovrano prima che un legittimo erede ne assicuri la successione dinastica si fa sempre più pressante, aleggiando sinistro in tutto il romanzo. Liberarsi di Anna diventa quindi l’obiettivo principale di Cromwell, e mentre si delinea sempre meno plausibile la possibilità di un suo spontaneo allontanamento e reclusione in convento, i dubbi del re sulle reali ragioni che lo hanno spinto a rompere con Caterina e la Chiesa si fanno sempre più insistenti. Stregoneria, inganno, adulterio, incesto perfino? Le insinuazioni sulla condotta della regina diventano concrete e portano al processo e alla tragica caduta della regina e delle persone coinvolte, ma rimangono ad oggi al centro della discussione sulle effettive circostanze che ne hanno decretato la rovina anche perché, come sottolinea l’autrice, le fonti sono «spesso dubbie, inquinate e posteriori agli avvenimenti. Non esiste una trascrizione ufficiale del processo e siamo in grado di ricostruire gli ultimi giorni della regina in modo frammentario […]». 

Storia, passione, ascesa sociale, intrighi: il romanzo della Mantel ha tutti gli elementi necessari a decretarne il successo tenuti insieme da uno straordinario sforzo di ricerca, e insieme ad essi sono anche le domande intrinseche alla storia a coinvolgere il lettore fino alla fine, interrogandosi sulla legittimità del potere e sulla sua natura, sulla giustizia, sul potere del corpo femminile in un’epoca in cui la donna aveva un ruolo tanto marginale nei giochi di potere maschili. Ma in fondo è proprio il corpo femminile la condanna di Enrico VIII, ed è intorno ad esso che si decide la Storia.