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"Acqua agli elefanti"

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Acqua agli elefanti
di Sara Gruen
Neri Pozza, 2007

€ 17.00
pp. 384

Prima di lasciarsi andare ad ogni considerazione su questo libro, urge una premessa da parte della sottoscritta: non amo il circo. Quel mondo di animali esotici, acrobati, saltimbanchi e pagliacci, mi ha sempre lasciato dentro una sorta di tristezza e malinconia. Ecco perché non so spiegarmi l’attrazione che ha suscitato in me questo romanzo, ammiccante sullo scaffale con la nuova copertina dedicata al film che vi è stato tratto e che a breve uscirà nelle sale.

Resta il fatto però che una volta iniziata la lettura, seppur con una certa ritrosia e diffidenza, è stato davvero difficile staccarsi dalle pagine ed uscire dalla storia. Il perché è molto semplice: la storia di Jacob Jancowski nella sua disperata ricerca di un posto nel mondo crudele della Grande Depressione, l’incontro con l’amore, la fatica di diventare adulti, ed infine l’inesorabile decadenza della vecchiaia, sono quei temi universali che sappiamo riconoscere come nostri, in cui il contesto del circo è solo una minima parte del viaggio di formazione del giovane protagonista.

Se a ciò aggiungiamo una scrittura scorrevole e precisa e una ricostruzione dell’ambiente circense che non lascia nulla al caso, ecco che le circa 357 pagine del romanzo scorrono piuttosto velocemente. Non è il grande romanzo americano, un capolavoro da premio Pulitzer, ma sicuramente una lettura piacevole ed evocativa di un luogo magico, estraneo ai più, fissato per sempre nella memoria di Jacob.

Questi, giovane promettente studente di veterinaria, ad un passo dagli esami finali vede crollare in un istante il semplice mondo che ha sempre conosciuto, fatto di lezioni, infatuazioni innocenti, lettere alla famiglia. Si ritrova di colpo solo al mondo, senza più casa, famiglia, né scopo. Nella sua corsa disperata e senza meta nel buio della notte, è racchiusa tutta la sofferenza del protagonista, troppo giovane ed inesperto per affrontare il mondo.

Finchè un balzo nell’oscurità lo catapulta nell’universo del “Più strabiliante spettacolo del mondo dei Fratelli Benzini”, circo itinerante che porta le sue esibizioni di nani, pagliacci, donne-cannone, animali esotici, numeri equestri, in giro per l’America. Un mondo chiuso, gerarchicamente organizzato, che in fondo è un po’ lo specchio stesso di quella società americana, ma ricco di personaggi megalomani, arroganti, spesso violenti, eppure assolutamente affascinanti in qualche modo.

Da semplice operaio, Jacob diviene presto unico veterinario del circo di zio Al, instaurando immediatamente un rapporto intimo e privilegiato con gli animali che si trova ad accudire, tra cui la maestosa e dolcissima elefantessa Rosie, a prima vista incapace di obbedire al più semplice comando, che tuttavia il giovane veterinario saprà capire e salvare da una fine crudele.
Animali la cui vita e benessere valgono per il circo ben più di ogni essere umano che vi lavori, soprattutto di quei miseri, poveri operai che vivono costantemente con il terrore di “vedere rosso” ossia essere scaraventati dal treno in corsa nella notte, destino atroce per tutti coloro che non sono più utili alla grande macchina dello spettacolo.

E proprio su quel treno il giovane veterinario si spoglierà dell’innocenza per diventare un uomo, dapprima conoscendo il sesso e l’alcool di contrabbando, per rimanere poi completamente disarmato di fronte all’amore. Durante uno spettacolo infatti Jacob scorgerà l’affascinante Marlena, bella, inafferrabile ed elegante mentre si esibisce con i suoi cavalli, creatura distante e quasi irreale, moglie di August Rosenbluth il volubile domatore e direttore del circo. Un uomo soggetto a repentini cambi d’umore e sfoghi violentissimi, di cui non solo gli animali ma anche la sua bella moglie sono spesso le vittime.

Inevitabilmente legato a Marlena, Jacob si ritrova partecipe di un gioco pericoloso in cui non può esistere altro finale se non un tragico epilogo.

Viaggi estenuanti, spettacoli, amore, violenza, gli anni indimenticabili del circo sono rievocati dallo stesso Jancowski ormai ultranovantenne residente in una casa per anziani, in un’alternanza tra lucidità e sofferenza per il tempo che inesorabile trascorre portando via con se amori, ricordi, gioventù.

E’ forse l’immagine più riuscita del romanzo quella dell’anziano Jacob, preciso nel rievocare i momenti più incredibili dei suoi anni nel circo eppure inevitabilmente consapevole del suo corpo ormai decadente che egli stesso stenta a riconoscere, degli sbalzi d’umore e dell’orgoglio ferito per un nome dimenticato, per un viso che non può più essere distinto.
Seduto in veranda ad ammirare il telone colorato del circo che stanno allestendo a pochi passi dalla residenza, Jacob compie l’ultimo incredibile sforzo, per riappropriarsi almeno in parte di una vita mai dimenticata, di un amore che ha significato tutto, di una gioventù forse solo sopita, nascosta tra le rughe e i capelli canuti eppure in qualche modo ancora lì, impossibile da cancellare.

Debora Lambruschini