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1st International Selfpublishing Festival (Senigallia 19-20 ottobre)

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Meravigliose due giornate a Senigallia dedicate al selpublishing. Prima edizione di un festival internazionale - 1st InternationalSelfpublishing Festival  #ISPF2013 organizzato dalla tribu di SimplicissimusBook Farm, grande casa all’interno della quale nei suoi ormai 7 anni di vita si sono sviluppate idee e sono nati marchi e funzionalità a servizio degli autori fai-da-te. Perché, come si sa, un autore difficilmente riuscirà a essere l’unica mente e braccio del suo lavoro. E se il selfpublishing è una delle realtà dell’editoria di oggi e di domani, perché maturi è necessaria questa consapevolezza tra i vari attori.

Sul palco del suggestivo Foro Annonario di Senigallia si sono alternati selfpublisher e intenditori (come Alberto Forni), esponenti della grande editoria (come Edoardo Brugnatelli di Mondadori), docenti universitari (Giuseppe Landolfi Petrone, filosofo dell’Università della Val d’Aosta), autori ovviamente e chi riesce a lavorare trasversalmente sull’autorialità diffusa come Matteo Caccia e Tiziano Bonini ideatori di Voi siete qui!  programma di storytelling in onda su Radio24 che vede protagoniste proprio le storie degli ascoltatori, raccolte poi in e-book. A chiudere il primo pomeriggio, riflettendo su scrittura e impegno quotidiani (e molte altre cose), è stato Alessandro Bergonzoni, attore e scrittore, che poco apprezza (giustamente) un selfpublishing di titoli che si affermano per la sola strategia marketing (più o meno social), ma piuttosto che apra ulteriori possibilità per la gente di “captare” ciò che avviene nel mondo e di raccontarlo stupendosi e stupendo. 
Ad aprire il festival e a chiuderlo ovviamente Antonio Tombolini (founder & CEO di  Simplicissimus Book Farm), uno dei primi in Italia a capire cosa stava per accadere nell'editoria e quindi a quale cultura editoriale (in senso ampio) avremo dovuto costruire.

Il rinascimento dell’editoria. Si è scritto e detto di tutto sulla mutazione e la crisi del sistema editoriale degli ultimi anni e incontri come questo servono non solo a presentare professionalità e a cercare di vendere servizi e libri, ma anche a comprendere i presupposti della maturazione del selfpublishing secondo diversi punti di vista, lasciando da parte paura e snobismo. La paura riguarda soprattutto i vari soggetti professionali coinvolti, dagli editori agli autori, dai tipografi ai librai, e se mista allo snobismo rischia di ridurre il fenomeno e limitare la sua comprensione.

A lungo infatti il selfpublishing è stato considerato come una forma più evoluta ed economica della vanity press ovvero del voler vedere stampato e venduto il proprio libro anche pagando. Questa editoria a pagamento lasciava però intatti alcuni processi produttivi (il libro è di carta e si stampa), e seguiva sistemi di promozione e commercializzazione secondo approcci diversi rispetto all’editoria “d’investimento”. Con l’avvento del digitale e degli e-book, e quindi dei vari dispositivi di lettura come reader dedicati (il primo fu il Kindle di Amazon, in tutto il mondo dal 2009)e applicazioni che permettono la lettura su tablet, smartphone e Pc,c'è stata una maggiore familiarizzazione con questo tipo di lettura.
Il fenomeno del selfpublishing digitale è stato a lungo denigrato (ancora oggi lo è) come l’estrema forma di vanity press che avrebbe reso tutti autori a poche spese. Ci si è però resi conto – e chi non l’ha fatto dovrebbe – che per essere autori autopubblicati, le spese sono necessarie se si vuole ottenere qualcosa di decente.
Ci sarebbe bisogno almeno di una "copertina decente", consiglia Alberto Forni autore del libro Tutto quello che devi sapere per pubblicare (e vendere) il tuo e-book. Guida al self-publishing,  e riuscire a sviluppare una strategia che vada al di là della creazione di una pagina Facebook dedicata al libro, invitare le persone, ma piuttosto che sfrutti le potenzialità del libro.Se non si è capaci  bisogna rivolgersi a qualcuno, se non è possibile sviluppare una strategia intelligente o questo qualcuno non è bravo o adatto o il libro non è buono.
Ciò permette di comprendere due questioni a mio avviso fondamentali sul selfpublishing. La prima che un fenomeno di questo tipo richiederà sempre di più il coinvolgimento di professionisti specializzati in determinati generi di pubblicazioni (in fondo nulla di diverso dall’editoria tradizionale dove una casa editrice si specializza in alcuni generi e settori), e inoltre come nel tempo la vanità non sarà più il motore di tante pubblicazioni
Il selpublishing, come dice Tombolini, «fa sul serio» (selfpublishing made serious è lo slogan che accompagna la piattaforma di pubblicazione Narcissus, uno dei marchi Simplicissimus).

Edoardo Brugnatelli di Mondadori (lavora al progetto di selfpublishing del gruppo editoriale di Segrate, che ancora non è stato effettivamente lanciato) sottolinea alcuni aspetti interessanti. Prima fra tutti l’importanza della qualità di ciò che viene creato: ciò vale per ogni forma di editoria, tradizionale e cartacea, digitale e autoprodotta. E ciò rimanda quindi alle professionalità. Come nota Brugnatelli, alla fiera di Francoforte oggi si possono incontrare figure nuove come i digital editor che 10 anni fa erano impensabili per una fiera del libro. Ciò crea paura in quegli attori poco flessibili ai cambiamenti e innovazione, come chi si occupa dei processi produttivi o anche gli stessi autori che mancano di competenze tecniche per poter intuire forme e potenzialità artistiche, o anche gli editori che avrebbero preferito mantenere un ruolo senza dover modificare professioni e sistemi aziendali consolidati che fanno fatica a cambiare, restando così nella loro confort zone. Molti gruppi infatti sono scettici e vedono il selfpublishing e l’editoria digitale come «un incubo da cui ci si risveglia». Ma secondo Brugnatelli non si tratta di un incubo e non ci si risveglia: è la realtà. 
Non a caso, gli editori non sono stati i primi protagonisti di questa innovazione ma si sono “svegliati” solo dopo il rumore di Amazon (dall’e-commerce che educa all’acquisto di libri non presenti fisicamente al Kindle Direct Publishing, il selfpublishing di Amazon) o il più recente fenomeno Kobo (reader, libreria, selfpublishing con Writing Life): attori che non hanno una formazione editoriale e che non nascono editori di libri. ciò sottolinea ulteriormente la già nota importanza nel settore dei dispositivi di fruizione (e quindi delle occasioni di fruizione) e della distribuzione. E una riga è utile per ricordare come, lasciando in pace Gutenberg, la moderna editoria italiana sia nata da tipografi e cartolai.


Edoardo Brugnatelli sul palco di Self-publishing

L’errore che spesso si commette è ridurre il fenomeno alla sola narrativa e quindi alle velleità artistiche diffuse, rimandando così il fenomeno alla vanity. Errori che riguardano anche intellettuali che vedono il selfpublishing come un attacco all’arte di scrivere, un abbattimento di confini eccessivo e sfrontato. Ciò che invece si comprende in occasioni come il festival di Senigallia è come il desiderio principale per chi fa narrativa e di raccontare storie e farlo liberamente nella forma che più piace, senza la pretesa di voler scrivere un capitolo nella storia della letteratura. Per quanto il selfpublishing sia già un importante capitolo nella storia della cultura.

Molti altri sono stati gli incontri del festival che hanno raccontato le molte sfaccettature del selpublishing.
Giuseppe Landolfi Petrone dopo aver ricordato le riflessioni kantiane sulla proprietà intellettuale inalienabile e dal valore pubblico, propone possibilità di autopubblicazione digitale in ambito accademico che renda più agile la diffusione e la produzione. Senza che l’editoria scientifico-accademica ristagni in forme di finanziamento obsolete dove innovazione e ricerca rimangono imbrigliate. 
Molti interessante, inoltre, l'incontro internazionale con Thomas Knip (illustratore e selfpublisher) e Barbara Reishofer (selfpublisher anche in italiano) che hanno introdotto la situazione del selfpublishing in Germania, dove tutto è cambiato con l’avvento di Amazon e la nascita in breve tempo di un mercato di libri e autori digitali. Ancora oggi Amazon è il distributore più affermato. I tedeschi in più, oltre a essere notoriamente lettori più forti di noi italiani, si incontrano nelle vari community per autori per confrontarsi su idee, soluzioni e questioni pratiche relative alla creazione dell’e-book.
Quest’ultimo è un aspetto molto importante poiché una delle difficoltà del selfpublisher è certamente quella tecnica della composizione di un file ePub che rispetti lo standard qualitativo. Molti sono i tool disponibili per facilitare questo lavoro “tipografico”: Calibre e Sigil tra i più conosciuti, BackTypo di Simplicissimus, ePubEditor di Espertoweb di Francesco Leonetti o PubCoder dell’omonima azienda torinese premiata alla Buchmesse di Francoforte.
Basta “smanettare” un po’ con uno di questi strumenti per fare un buon libro? Ovviamente no, ma certamente permette all’autore di relazionarsi alla costruzione della propria opera i maniera diversa. Per questo sono necessarie professionalità e competenze che collaborino con l’autore. Nascono quindi nuove realtà imprenditoriali che rivedono l’approccio distributivo-commerciale del libro. Per fare due esempi incontrati al Selfpublishing Festival mi riferisco a realtà come 7write (sede ad Amsterdam, al festival era presente Paul Hayes, uno dei fondatori) e Narcissus di Simpliccissimus, realtà oramai non operante nei soli confini italiani. Queste aziende offrono presenza e visibilità di ogni titolo in molte delle librerie online più affermate, ponendosi quindi come l’unico interlocutore dell’autore con più soggetti commerciali.

Rinascere. Antonio Tombolini crede nella possibilità di una rinascita editoriale proprio a partire dal digitale, e quindi anche con le potenzialità e libertà concesse dal selfpublishing. In questi casi guardando al futuro si fa sempre riferimento a quanto accaduto negli Usa dove a partire dal 2007 dove le basse percentuali rappresentanti l’e-book sono ora diventate percentuali più importanti: sarà anche questo il futuro dell’Italia?
Forse il diffondersi della lettura e scrittura digitale e del selfpublishing sarà più lento nel nostro paese, ma non si può fare a meno di dare ragione a Tombolini quando parla della “crisi come cambiamento radicale” che impone il dover fare delle scelte e non vegetare. Capire dove schierarsi e cosa fare: scegliere la nostalgia o lo snobismo oppure guardare alle nuove possibilità che la crisi apre, prendendosi dei rischi e anche delle responsabilità. Un approccio, bisogna aggiungere, che riguarda tutti i settori e più di tutti dovrebbe interessare quello culturale motore di idee e passione in ogni campo,per crescere insieme e raccogliere i frutti. Questa sarebbe vera condivisione.


Fabio Mercanti