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Quando la violenza diventa sistema: "Cuore capovolto" di Paola Barbato

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Cuore Capovolto
di Paola Barbato
Neri Pozza, ottobre 2025
 
pp. 368
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

«Ogni libro è figlio del tempo che vivo mentre scrivo». (p. 367)

Paola Barbato affida questa frase ai ringraziamenti, ma in Cuore capovolto diventa una chiave di lettura dell’intero romanzo. La narrazione non si sottrae alla contemporaneità né la osserva da una posizione defilata: la attraversa, ne analizza i meccanismi, ne mette in evidenza le contraddizioni. La violenza raccontata non è un’ipotesi futura né una distorsione narrativa, ma una pratica già attiva, strutturata, normalizzata.

Un articolo di Roberto Cosentino pubblicato l’11 dicembre sul «Corriere della Sera» raccontava dell’Operazione Grimm, coordinata da Europol in nove paesi europei, contro un nuovo modello criminale definito “Violence-as-a-Service”. Ragazzi tra i tredici e i diciassette anni, adescati sui social e reclutati come esecutori materiali per «lavori orribili e violenti», percepiti come semplici “lavori extra”. La Rete dei Cuccioli descritta da Barbato si colloca esattamente in questo spazio, come «una specie di gruppo di auto-aiuto composto da civili, che si basava sulla formula del baratto» (p. 181). Non uno scambio di denaro, ma di esperienze, di possibilità altrimenti irraggiungibili, che partono da gattini e anatroccoli e arrivano fino all’agnello, perché «i soldi non comprano solo le cose, comprano anche… non lo so, delle esperienze. […] Cose che altrimenti non potresti fare». (p. 48)

Il protagonista, Alberto Danini, esperto informatico che lavora per la Polizia Giudiziaria, si muove all’interno di questa zona grigia con una progressiva perdita di equilibrio. Il suo coinvolgimento non resta confinato alla sfera professionale: l’indagine si infittisce lentamente, allarga i suoi nodi, fino a trasformarsi in una ragnatela sempre più estesa. Ogni nuova informazione non chiarisce, ma complica; ogni passo in avanti apre livelli ulteriori di compromissione. Danini arriva a temere sé stesso e la strada che sta prendendo. La violenza, inizialmente oggetto di analisi e contrasto, si trasforma in uno strumento che appare necessario, quasi inevitabile, per proteggere chi gli sta intorno. Una deriva che richiama da vicino quella del personaggio di Walter White: la costruzione di un sistema di giustificazioni in cui il male diventa funzionale, quindi accettabile.

Cuore capovolto è un romanzo che incute paura non tanto per ciò che anticipa, quanto per ciò che rivela del presente. Come alcune narrazioni recenti – si pensi alla serie Adolescence – il disagio nasce dalla superficie apparentemente ordinaria dietro cui si nascondono dinamiche feroci.

«I nostri figli fanno cose orribili. E non se ne rendono conto. Non pensano alle conseguenze». (p. 347)

La frase non suona come una condanna generazionale, ma come la constatazione di un vuoto educativo, emotivo e morale, di una responsabilità collettiva che si è progressivamente dissolta.

La scrittura di Barbato mantiene un controllo costante, evitando l’eccesso e facendo crescere l’indagine passo dopo passo, senza scorciatoie, fino a rendere visibile l’estensione del sistema che racconta.

«Alberto aveva iniziato a leggere i resoconti di tutte le missioni a ritroso, e aveva trovato solo testimonianze di quanto miserabile potesse essere l’umanità». (p. 296)

È una miserabilità che attraversa classi sociali, condizioni economiche e livelli di istruzione. Disperazione, odio, mancanza di fiducia in sé stessi e negli altri spingono individui poveri o privilegiati a compiere gesti barbare, spesso inimmaginabili, pur di sopravvivere a discapito di qualcun altro. La violenza, in questo senso, non viene spettacolarizzata, ma registrata, classificata, resa sistema; è nella sua normalizzazione che il romanzo trova la sua vera forza.

Cuore capovolto non cerca assoluzioni né offre risposte consolatorie. Mette in scena un mondo in cui il confine tra vittime e carnefici si assottiglia fino quasi a scomparire, lasciando il lettore davanti a una domanda scomoda e irrisolta: quanto di tutto questo è già sotto i nostri occhi?

Leonardo D'Isanto