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Signore e signori, ecco a voi le nostre città d'arte trasformate in parchi a tema per i turisti stranieri nell'esordio narrativo di Luca Zorloni

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Il Paese più bello del mondo
di Luca Zorloni
bookabook, 2024

pp. 384
€ 19 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)


2032: non è un futuro lontano nel tempo, quello raccontato da Luca Zorloni nel suo romanzo d'esordio, Il Paese più bello del mondo, da poco in libreria. "Eh, in effetti", viene da pensare alle prime pagine, quando ci si accorge di come questo futuro prossimo trovi degli ottimi presupposti nel nostro presente. Nell'Italia in cui si muove il nostro protagonista, Annibale Manin, le città d'arte sono state trasformate in enormi parchi a tema per turisti stranieri che non fanno che apprezzare la rievocazione storica inscenata in loro onore e scattare selfie e foto a qualunque angolo. Nessuno si chiede perché così tanti bambini in abito d'epoca siano per strada anziché andare a scuola o come vivano, chiusi in abiti settecenteschi, gli abitanti di Venezia che si accalcano per dare inizio alle loro giornate da comparse. 

L'imperativo categorico per i turisti è divertirsi, meglio se in scenari del passato, rivivendo atmosfere riprodotte a regola d'arte. Viceversa, per il governo italiano l'importante è risanare l'economia, anche se questo richiede a tutti - ai cittadini, s'intende; non certo agli uomini di potere - di fare alcuni sacrifici. 

In questa prigione cosparsa di lusso ostentato e spettacoli quotidiani, Annibale è un ingranaggio come tanti altri: benché sia professore di storia, non ha ancora potuto sostenere il concorso, perché lo stato promette e poi rimanda a data da destinarsi. D'altra parte, sono talmente pochi i ragazzi che possono proseguire con lo studio che solo i primi docenti in graduatoria trovano effettivamente una cattedra. È così che Annibale è finito a lavorare come guida nella sua Venezia, adeguando i contenuti del tour alle aspettative dei clienti, che non può certo permettersi di deludere, se vuole continuare a sostentarsi. 

E come a Venezia si istituiscono una rocambolesca fuga di Casanova da parte di stuntman professionisti o un Carnevale degno dei più ricchi fasti, a Roma il Colosseo è stato ricostruito per poter tornare a essere l'arena teatro di numerosi spettacoli al giorno, mentre a Pompei si organizza una nuova eruzione del Vesuvio,... Insomma, tutto deve essere una finzione meravigliosamente credibile e i turisti hanno sempre ragione, anche quando perdono di rispetto i locali. 

È in questa realtà profondamente performativa e simulata che un giorno come tanti altri Annibale deve stare appresso a due "lingottini", ovvero a due turisti di prim'ordine, a dir poco raccomandati dal "doge" (termine con cui il sindaco vuole che ci si rivolga a lui). Noi lettori iniziamo a conoscere questi due personaggi, Filippo Venanzi e Sarah Lee, dopo una quarantina di pagine dall'inizio, li vediamo prima ancora a Singapore, e dunque prima del loro arrivo a Venezia. E capiamo subito che il loro in Italia non sarà certo un viaggio di piacere: cosa, dunque? 

Ci vorrà un po' prima che si scateni l'azione, ovvero il giusto tempo perché il narratore faccia percorrere ai personaggi il parco a tema di Venezia, mettendo così noi lettori davanti all'ennesima trovata del governo, assurda (ma non inverosimile, giusto iperbolica ad oggi). Quando ci siamo sufficientemente acclimatati e abbiamo imparato a sentire la giusta inquietudine, ancor più estremizzata dalla passiva rassegnazione di Annibale, parte la storia vera e propria. 

E allora prepariamoci: i colpi di scena non mancheranno, così come avventure che in scene rapidissime vedranno alternarsi altri personaggi, facendoci continuamente chiedere: nemico o amico? Sabotatore o allineato al potere (si noti che in Italia è tornata la monarchia)? D'altra parte, non è facile capirlo, anche perché i ruoli sono estremamente mutevoli, un po' come l'idea stessa di etica professionale; la corruzione, viceversa, pare essere l'unica costante: 

In un Paese in cui non si agiva per merito, ma per spartirsi il bottino, fare non era tanto importante come dare l'impressione di averlo fatto. Anche se chi avrebbe dovuto controllare ne sapeva di più del controllato, in caso di problemi, si potevano sempre oliare gli ingranaggi per farli scivolare via. (p. 148)

Se nella prima parte del romanzo di Zorloni è molto frequente sorridere (un sorriso amaro e sarcastico ci coglie ogni volta che leggiamo i testi di marketing, tra slogan e didascalie, che aprono i diversi capitoli pubblicizzando i parchi a tema) e indignarsi, ma anche riflettere sullo stato presente delle cose attraverso l'estremizzazione della narrazione, nella seconda ci si ritrova immersi in una corsa contro il tempo, dove i pericoli sono all'ordine del giorno, anzi dell'ora, e i personaggi si trovano a rischiare più volte la vita. Persino Annibale, insomma, da testimone del suo tempo, amareggiato ma inetto, avrà l'occasione per rianimarsi e diventare parte attiva: riuscirà a coglierla? 

GMGhioni