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Un nuovo caso da risolvere per Valentina Redondo tra archeologia, speleologia e il mistero del corpo della principessa medievale: “Un posto dove andare” di María Oruña

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Un posto dove andare
di María Oruña
Ponte alle Grazie, 23 gennaio 2024

Traduzione di Elisa Leandri, Monica Magnin Prino, Tiziana Masoch, Ersilia Serri

pp. 552
€ 19,80 (cartaceo)
€ 12,99 (eBook)

Da quello che vedeva Valentina, la principessa era vestita, in effetti, come una dama medievale: indossava una specie di tunica bianca che sembrava di lino e le arrivava fino ai piedi. Il vestito era stretto con  cintura color oro sbiadito che scendeva delicatamente sui fianchi. Intorno al corpo, diversi agenti della Scientifica della Guardia Civil, con le abituali tute bianche per non contaminare la zona, lavoravano senza sosta puntando sulla donna potenti fari, facendo schizzi, fotografie, registrando video e raccogliendo campioni. […] La scena, nel complesso - con la nebbia umida che stava svanendo nei raggi dell’alba - , non poteva essere più sconcertante, quasi cinematografica, come se si fossero mescolate una spedizione sulla luna e una principessa delle fiabe che poteva trovarsi lì solo per errore, per un’inspiegabile collisione spaziotemporale. (p. 26)

Il nuovo, intricato caso da risolvere per la tenente della Guardia Civil, Valentina Redondo - protagonista del terzo libro della fortunata serie di successo della scrittrice spagnola María Oruña - ha uno scenario magnifico e interessanti storie che si intrecciano con l’indagine. Chi è quella bellissima ragazza ormai cadavere ritrovata nella Mota de Trepalacios, antica fortificazione medievale in Cantabria? Una vera principessa venuta dal passato, il cui corpo si è miracolosamente conservato nel tempo grazie a qualche straordinario processo o, più semplicemente, si tratta di una ragazza morta qualche ora precedente il ritrovamento con indosso magnifici e autentici abiti medievali? E cosa rappresenta quell’antica moneta trovata tra le sue mani? La nostra acuta tenente è di nuovo alle prese con un caso complicato, forse ancor più intricato dei precedenti, poiché nel giro di poche ore viene scoperto anche il cadavere di un uomo immerso in un pantano con il volto mangiucchiato dai pesci e che, come la principessa, ha tra le mani un’antica moneta, che sembra autentica anch’essa. Impossibile riconoscere il volto del malcapitato, ma la presenza dello stesso particolare oggetto tra le sue mani porta Valentina e i suoi agenti a sospettare che si tratti di omicidi compiuti dalla stessa persona che lascia la propria “firma” con un'antica moneta.

Ad affiancare Valentina nelle ricerche, una donna altrettanto in gamba quanto lei: Clara Múgica, medico legale e sua amica:

Valentina fece un respiro profondo. Riuscì a localizzare visualmente Clara Múgica, la forense, che riconoscendola si era allontanata dal cadavere e aveva superato gli anelli di terra per avvicinarsi. La tenente le andò incontro, stando attenta a non calpestare la zona controllata dal SECRIM e cercando di camminare nello stretto corridoio di passaggio. Clara, cinquant’anni circa, esile e minuta, capelli di un biondo dorato, era amica di Valentina da quando la tenente, quasi sei anni prima, era arrivata a Santader dalla regione in cui era nata, la Galizia. (p. 26-27)

È doveroso precisare sin da subito che ogni libro di questa serie è uno stand alone, poiché ogni vicenda è autoconclusiva. Un posto dove andare presenta una struttura particolare e una soluzione narrativa molto interessante: un racconto in terza persona, che costituisce il troncone principale della storia e la sviluppa, si alterna sapientemente a una narrazione con focus interno, una sorta di voce fuoricampo che ci accoglie all’inizio del libro ed è parallela alla storia. A creare il gioco di incastri, un’altra narrazione si frappone ad queste e serve per la costruzione della soluzione finale: si tratta degli indispensabili flashback che, uniti, costituiscono un’altra storia a sé, complementare a quella principale dell’indagine. È come se per la costruzione di questo arazzo l’autrice voglia che i fili narrativi vengano consegnati direttamente al lettore che si trova in mano diverse matasse che dipanerà a poco a poco anticipando in qualche caso le deduzioni della stessa Redondo. Così, il lettore si sente parte attiva nell’indagine e questa architettura intelligente ha tanti vantaggi, tra cui quello di tenere sempre desta l’attenzione di chi legge lungo le pagine e rendere avvincente e ricco un romanzo di detective story, un genere ormai tanto diffuso e talvolta abusato. 
Maria Oruña si conferma meritatamente la regina del giallo spagnolo e un’autrice che sa variare le sue storie, cambiando ogni volta scenario, ambienti, soluzioni narrative e inserendo nella narrazione anche piacevoli digressioni, ben documentate, sui luoghi. In questo romanzo troneggia la Cantabria, con la sua multiforme realtà geologica e storica: le cave di Puente Viesgo con le pitture rupestri, la fortificazione medievale della Mota de Trespalacios. Vi è anche uno spostamento in Messico, nel Sotano de las Golondrinas, un maestoso pozzo carsico dove praticare la caduta libera e il base jump

I personaggi che la tenente Redondo conoscerà e con cui a un certo punto del libro dovrà confrontarsi sono tutti archeologi e speleologi, ricercatori universitari con la passione della scoperta. In qualche modo il loro mestiere si collega con quello della tenente. Come dare torto a Marc Llanes, uno dei personaggi della storia?, che dirà:

«Be’, potremmo dire che sono una specie di poliziotto scientifico della storia, tenente». Sorrise sicuro di sé. «Cosa crede che facciano gli archeologi? Dedurre, indagare, esplorare il senso e la causa dei giacimenti per capire cosa abbiamo davanti agli occhi: una discarica? Un luogo sacro di sepoltura?» chiese con voce teatrale. «Conoscere cosa stiamo vedendo ci dirà qualcosa anche su chi abbiamo trovato. La nostra è una specie di scienza poliziesca, mi capisce? Ci impone rigore, ricerca di testimoni…». (p. 454)

Valentina Redondo, di cui chi conosce i romanzi precedenti della serie ha imparato ad apprezzare l’acume, l’intelligenza e a riconoscerne le fragilità e la mania di tenere in ordine, in questo libro ha ritrovato anche una relazione sentimentale stabile e ben salda con Oliver Gordon, un inglese che da diversi mesi vive in una magnifica residenza coloniale ereditata dalla madre a Villa Marina, ai piedi della spiaggia della Concha. Conosceremo nel libro l’ex fidanzata di lui, Anna Nicholls, e il dolore che lo attanaglia da tanto tempo, cioè la scomparsa di suo fratello Guillermo, che ha lasciato la famiglia senza dare più sue notizie. Queste vicende non sono inserite a caso nella storia, perché avranno un peso importante nello sviluppo della storia, ma è bene non aggiungere altro.

Una considerazione però credo che si possa fare, e riguarda il titolo del romanzo. I titoli - diceva il mio professore di filosofia teoretica - sono il sale del libro e in quest’opera tale affermazione è più che vera. Questo è un romanzo di luoghi e di persone che cercano «un posto dove andare», inteso anche figurativamente: Valentina e Oliver, forse lo hanno trovato, ma Guillermo? Dov’è finito il fratello di Oliver? La principessa stava cercando anche lei un senso alla propria vita ed è finita male? Chi era con lei, chi sono i ricercatori che troviamo nella storia e in che modo le loro vite si intrecciano? Qualcuno di loro aveva trovato il suo posto dove andare?

Avere qualcosa da fare, un passo avanti da compiere, uno scopo da raggiungere, lo riempiva di energia e vitalità. Era sempre stato così nel corso della storia? Cosa avevano fatto gli uomini per trovare un senso, sapendo che presto o tardi il gioco si sarebbe concluso? Andare in guerra, combattere per un obiettivo? Per dei terreni, per l’onore, per i figli o per semplicemente sopravvivenza? Oliver pensò che l’unica cosa in grado di mantenere uno spirito forte e una mente sana era avere un posto dove andare, una passione dalla quale lasciarsi trasportare, un desiderio per cui soccombere, qualcosa che offrisse la possibilità di fare un passo oltre. (p. 448)

Marianna Inserra