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Leggere di nuovo le parole di Márquez con grande emozione: "Ci vediamo in agosto", un breve romanzo che condensa erotismo e crisi d'identità

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Ci vediamo in agosto
di Gabriel García Márquez
Mondadori, marzo 2024

Traduzione di Bruno Arpaia

pp. 120
€ 17,50 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)


Non si può recensire un romanzo di García Márquez. Non ne ho le competenze né il coraggio. Quello che posso fare è tentare di spiegare l'emozione di leggere di nuovo le sue parole, parole più o meno inedite, nuove, consolatorie. Mentre scrivo sento che ci sarebbero così tante cose da dire ma, forse per la prima volta, mi riesce difficile mettere insieme le parole più adatte. Inizierò allora con quelle facili, canoniche, e poi vediamo come va: questo romanzo intitolato Ci vediamo in agosto, come racconta il prologo, Gabo non avrebbe proprio voluto pubblicarlo. Non lo sentiva pronto, pensava non funzionasse. I figli, andando contro il suo desiderio, hanno fatto in modo che arrivasse a noi. Nella nota del curatore invece - la postfazione di Cristobal Pera, editor di Gabo - ci sono delle informazioni ricche sulla sua evoluzione, sulle diverse stesure, sul modo in cui l'autore abbia insistito a scrivere anche quando, negli ultimi tempi, la memoria veniva meno.

La versione pubblicata da Mondadori è di fatto la sua quinta stesura coadiuvata dalle note e dalle ulteriori versioni in mano a Monica Alonso, l'ultima segretaria personale di Márquez, alla quale lui dettava questa e quella correzione. Il curatore ha poi intrecciato il materiale e ha curato la versione definitiva.
La protagonista di questo breve romanzo che si legge in un paio d'ore (di fatto, si potrebbe definire un racconto lungo) è Ana Magdalena Bach, una bella donna alla soglia dei cinquant'anni che, per una tradizione fedelissima, si reca ogni anno il 16 agosto su un'isola caraibica senza nome per onorare la tomba della madre. Sempre lo stesso tragitto, lo stesso cimitero, lo stesso mazzo di gladioli. Un uomo diverso per ogni notte, uno all'anno, il suo segreto strappo alla regola in un matrimonio molto felice.

Salì in camera con il terrore delizioso che non provava dalla notte di nozze. Accese il venti-latore, ma non la luce, si spogliò al buio senza fermarsi e lasciò la scia di indumenti sul pavimento dalla porta fino al bagno. Quando accese la lampadina della toilette dovette chiudere gli occhi e inspirare a fondo per controllare il respiro e il tremito delle mani. Si lavò il sesso in tutta fretta, le ascelle e le dita dei piedi macerate dalla gomma delle scarpe, perché, nonostante il sudore del pomeriggio, non aveva intenzione di fare il bagno fino al giorno dopo. Senza il tempo di lavarsi i denti, si mise sulla lingua un pizzico di dentifricio e tornò nella stanza illuminata appena dalla luce diagonale della toilette. Non aspettò che il suo invitato spingesse la porta, ma la aprì dall'interno quando lo sentì arrivare. Lui si spaventò, ma lei non gli diede altro tempo nell'oscurità. (p. 24)

La prima volta capita per caso: un drink che le rende la testa leggera, il caldo, un uomo affascinante, una banconota infilata nel suo libro. Ana non può scordarlo, il fuoco della passione e dell'indignazione la cambiano per sempre. Torna a casa dal marito e dai due figli, il primo brillantissimo e la seconda con un gran talento per la musica ma convinta a voler entrare nelle carmelitane scalze. Tutto sembra come sempre, ma noi lettori sappiamo (per stessa ammissione dell'autore) che Ana non sarà mai più la stessa. La vediamo allora ogni 16 agosto tornare sull'isola, certo, a onorare la tomba della madre - che avrà un gran posto nell'economia del romanzo, un parallelismo legato alla figlia, a sorpresa - ma anche per consumare quell'unica notte da sola con qualcuno, con un uomo "di cortesia".

Lei respirò. Aveva sognato ora dopo ora quel nuovo sedici agosto, e la lezione non ammetteva dubbi: era assurdo aspettare un anno intero per sottomettere il resto della vita alla casualità di una notte. Stabilì che la sua prima avventura gliela aveva messa a portata di mano un caso fortunato, però l'aveva scelta lei, mentre nella seconda era stata scelta. (p. 59)

Ogni 16 agosto Ana si trasforma sempre più: un'angoscia, non causata dal senso di colpa, ma dalla paura di non riuscire a spendere al meglio quelle notti, la costringe a rivedere anche il rapporto apparentemente idilliaco con suo marito, Doménico, un uomo di successo, piacente, gentile, praticamente perfetto, non fosse per qualche piccola deviazione dalla retta via. Ana vuole saperlo, ma con tatto, perché anche lei si macchia dello stesso peccato. Il detto e il non detto, tema cardine del racconto, e anche una sensualità tipicamente marqueziana, fatta di lagune, di lune piene, di fiori e uccelli tropicali, di completi di lino e huipil.
Assistiamo, in poco più di cento pagine, all'evoluzione di una donna che sceglie per sé senza dar conto a nessuno e che si ritrova - dapprima per caso, poi per scelta - in un'avventura erotica. Per caso, ma nemmeno più di tanto: la primissima notte di sesso con quello sconosciuto dei venti dollari Ana la catalizza, l'aggredisce. Il ventaglio di uomini che si succedono verrà di conseguenza. 
Anche il rapporto dolce col marito subirà, com'è ovvio, una modifica nel suo equilibrio.

«Buona notte, signora.»

Lei si rese conto di aver mancato al rituale e si affrettò a correggersi:

«Ahi, scusa, amore mio» disse, e gli diede il solito bacio della buona notte. Lui solfeggiava sussurrando per non svegliarla.

Di colpo, sempre di spalle, lei disse:

«Per una volta nella vita, Doménico, dimmi la verità.»

Lui sapeva che quando lei usava il suo nome proprio era un segnale di tempesta, e la affrettò con l'abituale serenità:

«Cosa c'è?»

Lei non fu da meno:

«Quante volte mi sei stato infedele?»

«Infedele, mai» disse lui. «Ma se quello che vuoi è sapere se sono andato a letto con qualcuno, anni fa mi hai avvertito che non volevi saperlo.»

Di più: quando si erano sposati, gli aveva detto che non le sarebbe importato se fosse andato a letto con un'altra, a condizione che non fosse sempre la stessa, o se era soltanto per una volta. Nell'ora della verità, però, si rimangiò quelle parole. (p. 68)

Al di là della mera trama, tornare a leggere le storie di Gabo è un sogno inatteso: certamente questo non è un romanzo che riesce a gareggiare (e neanche deve) con i suoi Romanzi più importanti, ma vi ritroviamo tutta la sua poetica, lo stile, le tematiche, le ambientazioni condensate in una manciata di notti. E la notte, poi, non a caso: le tinte crepuscolari di Márquez, quelle in cui si consumano le più grandi storie d'amore, sono sempre le più emozionanti.
Come ho detto in principio, non posso recensire e, di conseguenza, neanche consigliare. Gabo si legge a prescindere per arricchirsi l'animo.

Deborah D'Addetta