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Gli scritti politici di Fabrizia Ramondino: testimonianze militanti per una riflessione attuale

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Modi per sopravvivere. Gli scritti politici
di Fabrizia Ramondino
a cura di Mirella Armiero
Edizioni E/O, settembre 2023
 
pp. 240

€ 14,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

 
All’interno della Piccola Biblioteca Morale, collana di pensiero radicale diretta da Goffredo Fofi per Edizioni E/O, è uscita una raccolta di scritti politici dell’autrice e militante politica Fabrizia Ramondino, curata da Mirella Armiero.
Come recita la quarta di copertina, un «discorso come il suo è quasi completamente assente dal panorama italiano di questi anni», perciò è utile e necessario riproporlo, oggi più che mai. Sebbene gli scritti della Ramondino risalgano agli anni Settanta e Ottanta, infatti, le sue parole delineano un quadro sociale attualissimo, seppur con le dovute differenze storiche, e spingono a una riflessione che oggi dovrebbe essere sostenuta e diffusa nelle modalità in cui lei ha fatto, con diligenza e con lotta attiva.
 
Scrittrice e militante politica, ma «diversa da quelli che abbiamo conosciuto negli anni Settanta-Ottanta» (p.5), Fabrizia Ramondino si è dedicata con passione e vivo impegno a denunciare le ingiustizie sociali del tempo, con una «direzione ostinata e contraria – che è sempre stata la cifra caratterizzante» (p. 219) il suo lavoro, come sostiene Enrico Pugliese nel suo contributo a chiusura del volume.

Un’ostinazione che il lettore italiano può avvertire con chiarezza e sentirsi persino fomentato da essa lungo tutte le pagine della raccolta, seguendo il filo unico della protesta della Ramondino contro gli innumerevoli soprusi sociali e lavorativi di cui i vari scritti s’infiammano: dall’inchiesta del 1977 sui disoccupati organizzati di Napoli, città natale della scrittrice, alla testimonianza sulla camorra napoletana nel 1984; alle voci raccolte nei Quartieri Spagnoli delle mamme in rivolta per la morte dei figli da eroina; all’emergenza immondizia; al ritratto delle condizioni abitative, lavorative, sanitarie e di inquinamento pubblico nell’estate 1973, quando il colera scoppiò a Napoli e in altri centri della Campania, della Puglia e della Sardegna.

Ciò che la Ramondino riuscì non soltanto a fare ma ad essere è stato calarsi materialmente e con spontaneità in quegli ambienti a cui lei di fatto non apparteneva. E da questo suo camaleontismo privo di ostentazioni deriva l’onestà e la passione della sua scrittura. Come afferma Goffredo Fofi in prefazione al libro, la scrittrice
ha capito e sofferto fino in fondo i dilemmi del proprio tempo ma non solo quelli della sua generazione, da “borghese” che, senza rinunciare ad alcuni privilegi (culturali, non economici) della sua origine, ha saputo stare nella società dei proletari più attivi e determinati nelle lotte, e degli “ultimi”, e dei ribelli, […] senza narcisismi e ideologismi (p. 8)
Ma la raccolta non si esaurisce all’interno dei confini di Napoli. L’impegno sociale della Ramondino era ben più vasto, non circoscritto ai soli ambienti proletari del capoluogo. Le sue invettive contro l’uso delle armi, contro il «dio degli eserciti» (p. 201), le sue riflessioni sui totalitarismi, l’esperienza diretta al campo profughi sahrawi di Tindouf, in Algeria, insieme al regista Mario Martone, da cui poi nacque il libro Polisario, un’astronave dimenticata nel deserto, sono altre brevi pagine che si leggono d’un fiato ma non saziano la curiosità. Si tratta di scritti che inducono all’approfondimento, che ravvivano l’interesse di chi legge, che fanno rabbia, proprio perché oggigiorno non ci sono affatto estranee.
 
Fin dall’attività pedagogica dell’Arn (Associazione Risveglio Napoli) ai bambini del quartiere, Fabrizia Ramondino s’impegnò con dedizione nelle sue lotte, intrecciando la scrittura con la militanza attiva. Riguardo alla famosa inchiesta sui disoccupati organizzati, pubblicata da Feltrinelli, è la stessa scrittrice durante un’intervista a chiarire il suo intento: «togliere dall’ombra i centinaia di migliaia di disoccupati e lavorati precari bollati e cancellati dalla possibilità di emanciparsi socialmente e politicamente come popolino o sottoproletariato» (p. 19), di coloro, cioè, per cui la politica è sempre stata «l’arte suprema della manipolazione e dell’imbroglio, la possibilità di arrivare sulle spalle degli altri […] la politica degli oppressori» (pp. 97-98).
 
Certo, non si potrà dichiarare con sincera coscienza che oggi sussistano le stesse condizioni sociali e lavorative presenti tra gli anni Settanta e Ottanta, ma una rabbiosa e amara somiglianza si può senz’altro trarre dalle testimonianze riportate in questa raccolta, che danno una prova concreta della loro attualità, quasi spaventevole se si fa il conto degli anni trascorsi, e che perciò andrebbero senz’altro acquistate e lette fino in fondo. «Noi non facciamo politica, vogliamo solo il lavoro» (p. 95): una frase che risuona, ancora nel 2023, drammaticamente eloquente.

Federica Cracchiolo