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Quando Dios è stato a Napoli. La religione del Pibe de oro testimoniata dalla preziosa raccolta di fotografie di Maradona con i napoletani a cura di Carlo Rainone

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La foto con Dios. Napoli 1984-1991
di Carlo Rainone
Il Saggiatore, 23 giugno 2023

pp. 136

€29,00 (cartaceo)


Napule è Maradona. 
Immagini, scritte, murales che lo ritraggono tra le strade e nelle case di Napoli e provincia fanno parte della città e della napoletanità come la pizza, il Vesuvio, il mare, la canzone classica. Non esiste al mondo una città che abbia fatto di un calciatore una religione, una fede assoluta tanto da venerarlo ancora nonostante siano passati tanti anni dall’ultima esperienza calcistica del giocatore argentino nella squadra partenopea. Nel grande cuore della città hanno sicuramente preso posto anche i giovani giocatori e il loro coach che questo campionato hanno continuato l’opera di Maradona dopo trent’anni portando lo scudetto a Napoli, tuttavia Dios rimane Dios, perché Partenope ringrazia e non dimentica.
Carlo Rainone è un fotografo documentarista, ha lavorato anche per «Time», «GEO» ed altre riviste e testate e questo album raccoglie immagini, accompagnate dai ricordi di chi si è fatto scattare la foto con Dieguito, che documentano momenti irripetibili nella storia della loro vita. Una foto con Dios, ora che non c’è più, se prima non aveva prezzo, rappresenta oggi un’esperienza quasi divina. Diceva bene Roland Barthes nella citazione da La camera chiusa, che Rainone ha inserito prima della Prefazione: «Ciò che la fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo solo una volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai ripetersi esistenzialmente».
Esiste un prima e un dopo l’arrivo di Diego Armando Maradona a Napoli. La sua discesa all’ombra del Vesuvio da promessa incompiuta del calcio mondiale fu la scossa che ridiede forza alla città, quattro anni dopo il terremoto dell’Irpinia e dopo una stagione sull’orlo della retrocessione. L’empatia che si creò tra Napoli e lo scugnizzo nato a  Lanús fu qualcosa di veramente irripetibile. […] Solo qui, infatti, il Pibe de oro trovò la gloria e la redenzione: non solo per se stesso, ma per un’intera popolazione che lo aveva incoronato «messia» dal giorno in cui lo avevano visto fare quei sette palleggi allo stadio, circondato dai fotografi. (p. 13)

Il Messia che ha riscattato la città  ed ha riscattato sé stesso, visto che l’aria della squadra del Barcellona lo soffocava e non lo valorizzava. Il successo dei due scudetti (nelle stagioni 1986-1987 e 1989-1990) ha legato indissolubilmente Maradona alla città e la città a lui. Queste fotografie, scattate anche in case private, in ristoranti alberghi, con bambini, con anziane signore che gli chiedevano una foto con lui, gente normale insomma, testimoniano quanto il campione non si fece mai pregare per una fotografia, diremmo noi adesso, per un selfie. E quegli anni, giova ricordarlo, una fotografia era qualcosa di molto più tangibile nella sua materialità, rispetto alle tantissime immagini “scatta-immagazzina-e-dimentica” che oggi accumuliamo nei nostri smartphone e la stessa macchina fotografica non era sempre a portata di mano. Rainone lo specifica nella Prefazione

In quegli anni, scattare una fotografia era un’azione che richiedeva una certa preparazione e delle discrete competenze tecniche: caricare un rullino, misurare l’esposizione, aprire l’otturatore a sufficienza - ma non troppo -, sviluppare i negativi. La fotografia era destinata quindi a circostanze e a eventi reputati degni di essere ricordati. (p. 13)


Immagine tratta dal libro

La prima fotografia è quella in cui vediamo Maradona con una fanciulla giapponese in kimono: è Michiho Ando che ha attraversato il continente per avere la sua foto con quel Dios che aveva visto in azione in tv in una partita contro l’Inghilterra. In un’altra foto c’è Annalisa Dello Russo che riceve in regalo dai genitori, una meravigliosa sorpresa per il giorno della sua Comunione: Maradona in persona che le fa gli auguri, la bacia con affetto e si fa scattare una foto con lei. 
Immagine tratta dal libro



Raccogliere tutte queste immagini, oltre 120,  è stato un lavoro quasi archeologico confessa l’autore del libro, che, dal semplice chiedere spudoratamente alle persone, girovagando per la città, se avessero una foto con Dios, è passato alla ricerca tramite social network e giornali vicini alla squadra. Ha così scoperto che il culto di Maradona è un vero fenomeno antropologico, quasi religioso, vista la cura e la gelosia con cui le foto sono conservate, venerate, al punto da rendere i luoghi in cui esse sono state scattate e custodite mete di pellegrinaggio. 
Alberghi, ristoranti, negozi di scarpe, lo stadio - dove lo si poteva vedere giocare «una domenica sì ed una no» (p. 13), nel giardino di una casa privata, in pizzeria, addirittura c’è stato qualche fortunato, come Guido D’Angelo, che lo ha avuto come padrino di battesimo!
Ogni immagine è conservata con religiosa cura, come se fosse una reliquia.
Immagine tratta dal libro

Ma di cosa ci meravigliamo? Stiamo parlando del più grande calciatore di tutti i tempi!! Chi non sognerebbe oggi di poter vantare una foto scattata con Dios?

Marianna Inserra