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Un orecchio aiuta a risolvere furti e razzie a Kiev: la prima indagine di un nuovo investigatore nato dalla penna di Andrei Kurkov

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L'orecchio di Kiev
di Andrei Kurkov
Marsilio, aprile 2023

Traduzione di Claudia Zonghetti

pp. 288
€ 19,00 (cartaceo) 
€ 11,99 (ebook)

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L'orecchio di Kiev dello scrittore ucraino Andrei Kurkov è candidato al Premio Strega europeo 2023, eppure mi sembra sia passato quasi sotto silenzio, pur essendo tra i maggiori scrittori contemporanei del suo paese, autore di numerosi testi, tradotti in oltre 25 lingue. Al di là dei premi e della risonanza del titolo in questione, entriamo nel dettaglio del libro uscito per Marsilio, nella collana Farfalle. Basta questo per far capire che siamo davanti a un giallo.

Andrei Kurkov con questo romanzo entra a far parte della schiera di creatori di cicli gialli con un investigatore come personaggio principale che si ritrova a risolvere sia sempre nuovi casi sia a fare i conti con se stesso.

Si tratta in realtà di quello che viene definito giallo storico, perché ambientato in un momento preciso della storia passata, quindi non contemporanea: l'anno è il 1919, precisamente siamo nel periodo di grande confusione in Ucraina con le diverse forse che volevano prendere il potere. In particolare nel romanzo ci ritroviamo in una città in cui opera l'Armata rossa, con attacchi dei cosacchi e dei tradizionali ladri e banditi.

Il suono della sciabola contro la testa del padre lo assordò. Prima di finire dentro una pozza d'acqua, Samson intravide comunque con la coda dell'occhio il lampo improvviso della lama. Era stato il padre, già cadavere, a spingerlo da parte, e proprio per quella spinta la sciabolata seguente non si era abbattuta sulla sua testa fulva, ma nemmeno lo aveva mancato: gli aveva tranciato di netto l'orecchio destro che lui, però, cadendo dentro il canaletto lungo la strada, aveva fatto in tempo ad acchiappare al volo allungando una mano.

L'incipit del romanzo, in medias res, ci presenta subito il personaggio principale nonché futuro investigatore Samson Kolečko: giovane studente (giovinezza che non si ravvisa in caratteristiche specifiche del modo di fare e di parlare, mentre lo studio viene dimostrato dalle sue capacità di scrivere correttamente e con chiarezza) rimasto ormai orfano, in un mondo in cui il lavoro è merce rara, soprattutto in cambio di un pagamento in denaro. Vige il baratto: un servizio in cambio di beni alimentari, anche quelli sempre più scarsi, tessere, buoni per la mensa. La morte del padre, o meglio il lutto per la morte del padre, hanno ben poco spazio nel romanzo: qualche accenno al suo studio, alla sua collezione di pallottolieri e al suo cappotto buono non ne fanno un esempio di indagine psicologica. A prendere lo spazio maggiore, da un certo punto in poi, è la prima indagine. Tutto inizia quando Fëdor e Anton, due soldati dell'Armata rossa, prendono possesso dello studio del padre in casa di Samson: servono alloggi per la milizia e in più ogni proprietario di casa deve provvedere al vitto. Non si può dire di no, e poi ha una casa troppo grande per una persona sola (da considerare che la stanza dei genitori e della sorella sono chiuse e le porte nascoste alla vista da mobili), oltre al mobilio in eccesso che viene requisito per andare a riempire gli uffici dei soldati adibiti anche a posti per dormire. Il prezioso scrittorio del padre viene requisito per far più posto ai due letti improvvisati. Grazie a un esposto per denunciare l'accaduto e riavere indietro lo scrittoio, e grazie alla sua capacità di scrittura che a quanto pare non era cosa usuale, Samson viene messo a guardia della sicurezza contro furti e razzie, lavoro che accetta di buon grado anche perché non può far fronte al vitto per tre persone.

Samson si rese conto che nella sua testa tra lui e i soldati rossi si stava alzando un muro, un muro che con ogni probabilità era di classe. I loro bassi istinti, la loro propensione ai furti lo facevano sentire migliore, più pulito, più onesto. Un pensiero che, però, aveva un retrogusto sgradevole: che diritto aveva, lui, di pensare male di quegli uomini che combattevano e che potevano anche morire in battaglia? Ma il punto era un altro: lì, dove la guerra si era fermata, quei due erano fuori posto se non malvoluti. Perché lì, a Kiev, sembrava andare tutto bene, fra tram che sferragliavano e clacson di automobili. E poi, appesi com’erano a ogni angolo, i manifesti dei borghesi panciuti trafitti dalle baionette sembravano esortare quei soldati senza battaglie a trovarsene uno per infilzarlo e strappare il colbacco di renna dalla sua brutta testa di capitalista. Che diritto aveva di giudicarli?

Ed è proprio con i due soldati rossi che prende avvio il primo caso. Due uomini che desiderano ardentemente tornare a casa dalle famiglie, disertare, che però rubano ai civili per rivendere e trovare il modo di tornare a casa. Come sa tutto questo Samson? È qui l'elemento diverso e simpatico, che dà anche il titolo al romanzo: l'orecchio che gli aveva staccato viene conservato in una scatolina nello scrittorio del padre e questo gli permette di sentire ciò che succede nelle sue vicinanze. Riesce dunque a scoprire qualcosa dei due soldati rossi e anche ciò che succede poi al comando quando lo scrittoio viene requisito, permettendogli anche di aiutare in determinate situazioni.  

Oltre ai personaggi citati, ce ne sono altri di contorno tra cui i membri della milizia, la vedova del custode che vive di fronte a Samson e Nadežda, una giovane donna che si guadagnerà l'affetto del protagonista. Nessuna particolarità di stile e di trama in questo primo libro, alcuna innovazione, un personaggio che pecca di ricerca psicologica, un intuito che in realtà lo fa giungere alla risoluzione del caso grazie all'aiuto di diverse persone più che a qualcosa di innato, una narrazione che manca di ritmo anche nelle scene più rocambolesche non convincono ad andare avanti nella lettura. Interessante il contesto storico di confusione e ristrettezze che, però, non credo si possa paragonare alla guerra in atto, come qualcuno invece ha sostenuto.

Viviana Calabria