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Il poeta che non c'è: il nuovo Sorbonne è dedicato a Fernando Pessoa

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Pessoa, il poeta che non c’è 
a cura di Fabrizio Parrini 
Edizioni Clichy, febbraio 2023

pp. 160
€ 9,90 (cartaceo)


Sapevate che Pessoa «spesso viene definito “l’uomo mai esistito”»? In vita pubblica pochissimo, dopo la morte non lascia un’opera conclusa ma una miriade di scritti confusi, da decifrare e riorganizzare. Soprattutto, dietro la figura di Fernando Pessoa poeta resta quella sfumata di uomo, del traduttore di corrispondenza estera che passa la vita a inventarsene altre. Perché forse, per parlare di Pessoa, bisogna parlare di tutti i personaggi in cui si è rappresentato, o meglio, in cui ha vissuto. 

Fabrizio Parrini, nel nuovo volume della collana Sorbonne di Clichy dedicato al poeta portoghese, parte proprio da loro, dagli eteronimi: Alvaro do Campos, Bernardo Soares, Ricardo Reis o Alberto Caeiro non sono solo personaggi inventati da Pessoa, ma veri e propri alter-ego, modi per scindere la propria identità e rimettere in discussione la voce e il ruolo autoriali. 
Il suo è un suicidio dell’io in cerca di una nuova affermazione di sé attraverso la folla e la follia degli eteronimi. È una fuga da un’identità instabile in altre esistenze ipotetiche. (p. 73) 
La concezione della creazione letteraria che Pessoa coltiva è sperimentale: quasi più vicino all’editore che allo scrittore, si vede come colui che i libri «li mette a punto, che si mette al servizio di un autore per lui significativo». In questo senso scrivere diventa lasciare aperta la porta al mondo interiore, «fatto di amici con vite proprie, reali, definite e imperfette». Negli ultimi anni Pessoa ha parlato molto di sé e del suo lavoro creativo, in vari interventi pubblicati sulla rivista “Presenza”: eppure, per capirlo fino in fondo non basta leggerlo, e questo volume aiuta a fare il punto sulla sua produzione così controversa. 
La sua poesia è volutamente complessa, il contrario della semplicità; i suoi scritti, incompiuti per necessità, perché frutto di «pensieri straordinari, associazioni di idee in cui il termine era l’infinito» (p. 74). Se si volesse dare una qualche categorizzazione al suo materiale, ci si potrebbe muovere su due binari: quello tematico, e quello formale. 

Dal punto di vista tematico, Pessoa si occupava di autobiografia, e di occultismo. Le due materie si intrecciano e si rafforzano a vicenda: se l’autobiografia può essere solo «un’autobiografia senza fatti», come dice Bernardo Soares nel Libro dell’inquietudine, l’alchimia e la tradizione misterica connaturate al retroterra letterario-culturale portoghese la arricchiscono, colmano i suoi vuoti. Così il poema Mensagem apre a «un cammino iniziatico numerologico» (p. 75), mentre la ricerca del Santo Graal diventa una ricerca della «Parola Perduta», e dunque della Letteratura. 

In quanto a forma, Pessoa gravita sempre intorno alla poesia, e con il Libro dell’inquietudine sfiora il poema in prosa: una contraddizione in termini, un «anti-genere» che consente all’eteronimo Bernardo Soares di sconfinare al di là dei limiti della struttura e della grammatica. In questo diario della coscienza, frammentario e incompiuto, Pessoa colleziona scene di vita quotidiana traslate, pensieri vaghi, fatti contraddittori, raccolti con una «scrittura che nasce dal suo stato psichico» (p. 91). 

Ciò che rimane di Pessoa è soprattutto la palpabile identificazione tra Vita e Poesia: fa suo il motto plutarchiano Navigare necesse est, vivere non est necesse e lo trasforma in «Scrivere è necessario. Vivere non è necessario». La poesia è più reale della realtà perché permette al poeta di trascendere il circostanziale, il materiale, e aprirsi alla molteplicità dei mondi possibili, del divino. In questa operazione, però, non c’è nulla di presuntuoso, Pessoa non è il poeta nella torre d’avorio, non è un demiurgo: è invece passivo nei confronti della poesia, è un uomo che si fa investire dal poetico, si lascia smembrare in tanti frammenti di sé e poi fa in modo che da questi frammenti nasca arte, letteratura. 
Il processo, però, non è privo di dolore: 
«Il poeta è un fingitore. 
Finge così completamente 
da fingere che è dolore 
il dolore che davvero sente». (p. 72) 

Clichy riserva a Pessoa uno spazio nella sua preziosa collana dedicata a «persone che hanno immaginato altri mondi e prospettive diverse», e fa centro: chi meglio di Pessoa, il poeta che ha vissuto in tanti mondi alternativi, molto più che nel suo?

Michela La Grotteria