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"La gazza" di Elizabeth Day: un avvincente thriller psicologico

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La gazza
di Elizabeth Day
Neri Pozza, maggio 2022 (collana Bloom)

pp. 400
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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"One for sorrow / Two for joy / three for a girl / Four for a boy / Five for silver / Six for gold / Seven for a secret never to be told".
Era da tempo che cercavo un thriller psicologico che mi tenesse incollata alle pagine, e quando ho chiuso La gazza di Elizabeth Day (Neri Pozza, 2022), la sensazione che ho provato è stata quella di averlo finalmente trovato. Ma procediamo con ordine.

La filastrocca che ho riportato poco sopra è il filo conduttore dell'intera narrazione, più propriamente è una nursery rhyme inglese che tramanda la superstizione secondo cui le gazze costituirebbero a volte un simbolo di sventura e altre di gioia, portatrici dell'arrivo di una bambina o di un bambino, presagio di ricchezze o di confidenze da non rivelare. E all'inizio della storia proprio questo grosso volatile entra nella casa che Marisa sta visitando assieme all'agente immobiliare: una bellissima villa di mattoni nella quale la giovane illustratrice di libri per bambini già si vede insieme a Jake, l'amore della sua vita, col quale progetta di metter su famiglia. Non sarà certo l'apparizione della gazza a distoglierla dai suoi intenti, per quanto le procuri una sensazione di disagio.
Fu quando la donna aprì le porte a vetri del giardino, ripiegandole su se stesse come origami, che l'uccello volò all'interno. Planò basso e rapido, tanto che nessuna delle due ebbe la possibilità di impedirlo. La donna si chinò, proteggendosi la testa con la mano. Marisa fece una smorfia. Odiava gli uccello. Il battito delle ali. I becchi affilati. I piccoli occhi smorti simili a sassolini. Una gazza. Bianca e nera con striature color petrolio sulle piume e grande quasi quanto un corvo. Svolazzò in giro, in preda al panico per l'improvviso confinamento, e finì nell'angolo del soffitto più lontano al punto in cui si trovavano loro (pp. 11-12).
Dopo poco tempo dall'arrivo di Marisa e Jake un nuovo personaggio viene ad abitare nella casa: si tratta di Kate, una ragazza alla quale la coppia chiede aiuto per riuscire ad avere un bambino. L'interazione tra i tre sconvolgerà gli equilibri e porterà a esiti inaspettati. Kate e Marisa rappresentano i due lati di una stessa medaglia: diversissime per aspetto, carattere, sensibilità, educazione e vissuto personale, ad accomunarle pare essere il bisogno di diventare madri, quasi a cercare un riscatto da un passato di abbandoni e difficoltà. Le loro voci sembrano a tal punto confondersi che ci si trova sovente a domandarsi quale sia la prospettiva veritiera della narrazione.

La gazza è un romanzo psicologico che sembra condurre il lettore in una trappola: cattura l'attenzione con le sue voci umane e credibili che costringono a porsi domande e ad avanzare sospetti, fino a dubitare della propria sanità mentale mentre le paure delle protagoniste, i pensieri e le loro ossessioni si insinuano sotto pelle pagina dopo pagina.
Ecco, pensa Marisa, ecco perché Kate è così irritante. È perché non ha confini. Cerca costantemente di inserirsi in situazioni che non hanno nulla a che fare con lei, di affermare un'intimità che non esiste e che va guadagnata. C'è disperazione nella sua vicinanza. Marisa non vuole esserle amica (p. 91).

Un gioco di specchi, di situazioni e un ribaltamento di prospettive, un puzzle le cui tessere paiono non combaciare mai: questo è quello che Elizabeth Day propone al lettore con la lettura de La gazza, un thriller psicologico capace di coinvolgere il lettore fino al colpo di scena finale.
In un climax crescente l'autrice ci guida verso il disvelamento di tutti gli elementi del romanzo che finalmente troveranno la giusta collocazione e la spiegazione che ci siamo chiesti nel corso dell'intera vicenda.

Un romanzo che non si può fare smettere di leggere, una storia avvincente e coinvolgente che lascia al lettore una sola domanda: a quando il prossimo libro di Elizabeth Day?
Tutto quello che Marisa diceva loro era perfetto. A tratti sembrava che l'avessero inventata, come se fosse troppo bella per essere vera (p. 217).
Ilaria Pocaforza