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Un inedito Dostoevskij umoristico ma non frivolo: "Il coccodrillo", racconto del 1865 pubblicato da Adelphi

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Il coccodrillo
di Fëdor Dostoevskij
Adelphi, settembre 2022

A cura di Serena Vitale

pp. 97
€ 12 (cartaceo)
€ 5,99 (e-book)


Un Dostoevskij in veste umoristica? Sì, grazie.
"Il coccodrillo. Un avvenimento straordinario ovvero impasse nel Passage" è un racconto - lo dico subito, onde evitare la sorpresa proprio come è successo a me - incompiuto dell'autore russo, composto nel 1865 e pubblicato nello stesso anno sulla rivista "Epocha" con il titolo "Il marito inghiottito dal coccodrillo".
Lui stesso la definì una birichinata letteraria, un racconto scherzoso, che avrebbe voluto terminare, ma in quel periodo "aveva appena pubblicato I demòni, si accingeva a scrivere L'adolescente, quindi sarebbe venuto I fratelli Karamazov" (p. 81-82)

L'avvenimento straordinario del sottotitolo avviene a San Pietroburgo negli anni Sessanta dell'Ottocento, presso la lussuosa galleria commerciale Passage: un signore tedesco mette in mostra un coccodrillo vivo, cosa incredibile per la città in quel periodo, animale esotico e rarissimo. Una coppia, Ivan Matveevic e sua moglie Elena Ivanovna, accompagnata dal narratore del racconto, l'amico Semën Semënyč, sembra curiosa e dunque si dirige a vedere il coccodrillo. Succede che, spinto da un'eccessiva baldanza, Ivan verrà ingoiato vivo dalla bestia, con grande orrore dei presenti. L'uomo però sta bene, anzi, insiste per volersene stare lì dentro, decantando questa o quella meraviglia della sua nuova incredibile condizione.
E dunque c'è da aspettarsi che verranno tutte le persone più colte della capitale, signore dell'alta società, ambasciatori stranieri, giuristi e così via. Non solo: comincerà ad arrivare gente anche dalle tante province del nostro impero, smisurato quanto desideroso di conoscere. Insomma, sono sotto gli occhi di tutti e, benché nascosto, primeggio. Ammaestrerò l'oziosa folla. Forte della mia esperienza diverrò un esempio di grandezza e umiltà di fronte al destino! Sarò, per cos' dire, una cattedra, dall'alto della quale comincerò a istruire l'umanità (pp. 45-46)
Comodo e sicuro nella pancia del coccodrillo, Ivan Matveevic, ignorato per tutta la vita a causa della sua mediocrità, coglie l'incidente come una benedizione per essere finalmente "visto". Dostoevskij lo dipinge volutamente come uno sciocco perché è noto quanto odiasse il nuovo mondo borghese, "le prime esposizioni universali, i primi centri commerciali, il primo turismo di massa" (p. 91) e dunque rende il personaggio caricaturale, delirante, tanto assurdo che il fedele amico e nostro narratore ammetterà: "Non ho mai potuto soffrire Ivan Matveevic" (p. 58) E, a dire la verità, si empatizza facilmente con lui. 
Con la scusa di star facendo un favore all'umanità, di star facendo ricerca, e toccando letteralmente con mano il coccodrillo, le sue abitudini e il suo corpo, 
Ivan sembra la parodia di quei classici personaggi che, non appena intuiscono qualcosa, o pensano d'informarsi su un certo argomento, credono di sapere tutto. La sua stessa consorte Elena, neanche tanto velatamente, non ci pensa nemmeno per sogno a infilarsi nel coccodrillo per dividere "la gioia e il dolore" col marito, preferisce farsi bella, accogliere gente nel suo salotto e flirtare con i gentiluomini. 

Il risvolto politico della storia è piuttosto palese: la negazione del progressismo, la denuncia del profitto a tutti i costi (espressa nei personaggi del padrone tedesco e della madre, che strabuzzano gli occhi davanti al denaro che faranno grazie a quell'incidente, tant'è che dopo l'iniziale sgomento, impediscono di "scombinare" quell'unione improbabile), la disillusione del narratore per quell'amicizia falsa, di circostanza, e infine, ma non lo sapremo mai, l'innalzamento figurato del coccodrillo, muto e imperturbabile (forse piange? ma sarebbero lacrime, per l'appunto, di coccodrillo) a unica figura degna di attenzione in mezzo a quegli sbandati. Una metafora forse della superiorità della natura sul progresso e sulla scienza a tutti i costi?
Nel giornale "Golos" comparve, anonima, una breve recensione del Coccodrillo: "Ovviamente il signor Dostoevskij non accetterà il nostro consiglio, ma noi gli suggeriamo di fermarsi al quarto capitolo del suo racconto, estremamente indecoroso, sul quale già circolano voci molto dannose per la reputazione della rivista Epocha [...] Parliamo del Coccodrillo e dell'uomo inghiottito dal coccodrillo, nonché della sue bella moglie - una coquette felice di quanto è accaduto al marito - che lei si rifiuta di seguire nelle viscere dell'animale...Tutto questo, signor Dostoevskij, non può essere riscattato da battute di cattivo gusto, e probabilmente verrete stigmatizzato dagli amici come dai nemici... (p. 91)
Grazie alle note della straordinaria Serena Vitale dunque, scopriamo che il racconto non fu per nulla accolto con entusiasmo, e anzi, non solo si parla di "voci dannose", ma si critica la condotta della moglie del protagonista, che (ma va?) si rifiuta di infilarsi nel coccodrillo per far compagnia la marito. 
Mi dispiace molto che il racconto sia incompiuto perché avrei voluto sapere cosa ne sarebbe stato di Ivan, di Elena e anche di Semën. Inoltre, abituata a un Dostoevskij più composto, più monumentale, mi sono sinceramente stupita di quanta leggerezza e humour sia riuscito a mettere in una storia solo all'apparenza scherzosa. Non sto qui a commentare su stile e voce, perché, insomma, mi pare superfluo.

Segnalo infine che esiste un adattamento del racconto in un volume illustrato (meravigliosamente) da Atmosphere Libri, adatto anche ai bambini.

Deborah D'Addetta