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Due donne, una madre e una figlia, due sovrane: la vita di Maria Teresa D’Asburgo e Maria Antonietta in “La Regina e l’imperatrice” di Alessandra Necci

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La Regina e l’imperatrice. Maria Antonietta e Maria Teresa. Due destini tra l’assolutismo e il dramma della Rivoluzione
di Alessandra Necci
Marsilio editore, 2022

pp. 526
€ 22,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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A ennesima riprova che le congiunture, le opportunità sono sì importanti, ma il discrimine fondamentale resta l’uso che se ne fa (p. 45).

Due donne, una madre e una figlia, due figure emblematiche del Settecento: Maria Teresa e Maria Antonietta. Fin dal titolo -La regina e l’imperatrice-, Alessandra Necci ci trasporta nel binomio controverso e complicato delle due sovrane così distanti l’una dall’altra, a cominciare già dal titolo nobiliare -una sarà imperatrice e l’altra regina-, ma visceralmente unite dal rapporto madre e figlia.

Come ben ci mostra l’autrice, il punto di partenza fu lo stesso: le due donne giunsero al potere loro malgrado. Maria Teresa fu incoronata imperatrice, dopo la morte del padre Carlo VI, poiché, non avendo altri eredi maschi, era l’unica successione possibile. Maria Antonietta, invece, fu la consorte di Luigi XVI, in un matrimonio voluto fortemente dalla madre, che intendeva così creare un’alleanza con lo stato francese. Nonostante la partenza fosse la medesima, il destino delle due donne non lo fu altrettanto: Alessandra Necci indaga dalla morte del padre di Maria Teresa, e dunque quando le fu affidata la corona, fino ad arrivare alla morte della figlia Maria Antonietta. È non difficile intuire come Maria Teresa fosse una sovrana lungimirante e illuminata, diventando a essere una «materfamilias» (p. 86) per il suo popolo. Dotata di un profondo senso del governo e di una consapevolezza politica fuori dal comune, Maria Teresa interpretò alla perfezione il Secolo dei Lumi:

[…] L’imperatrice tratta e considera i sudditi alla stregue di “eterni bambini”. La commistione, l’intreccio fra rappresentazione pubblica e vita privata assurge un’importanza mai avuta, che si riflette in ogni aspetto, compreso quello figurativo e propagandistico (p. 86).

Non fu solo una "donna di potere", fu anche moglie e  madre e pure su questo, l’autrice non ci lascia a digiuno: alternando pubblico e privato, entriamo così in casa D’Asburgo. Maria Teresa fu una madre severa, a tratti austera e bigotta, conscia del suo ruolo e di quello che avrebbero avuto i figli in un futuro molto prossimo, tra cui, ovviamente, Maria Antonietta.

Cresciuta nell’ombra della madre, Maria Antonietta non riuscì a captare i segreti di un “buon governo” e, andata in sposa giovanissima (all’età di appena di quattordici anni), non aveva ancora maturato quel senso politico, fondamentale per governare. È un ritratto opposto a quello della madre: accolta alla corte francese come una straniera, Maria Antonietta non riuscì a conquistarsi il rispetto del popolo né tantomeno della corte e, nella sua ingenuità, non se ne accorse fino al momento in cui tutto fu irreparabile. Sposata con Luigi XVI, il matrimonio faticò a decollare, gli eredi non arrivarono infatti per lungo tempo. Sotto la pressione della corte francese e di quella asburgica, Maria Antonietta trovò così rifugio in spese pazze e in feste mascherate,  circondandosi di cortigiani falsi che all'apparenza la adulavano, ma che, in realtà, la colpivano alle spalle.

[…] I vent’anni di regno di Maria Antonietta si trasformano in un moto perpetuo attorno al proprio io, moto che, appunto perché non è rivolto verso alcuna meta esteriore, si risolve umanamente e politicamente in un girare a vuoto (p. 291).

È innegabile la sua superficialità verso il ruolo e il potere, è altresì vero che fu, almeno in parte, vittima della situazione storica che non riuscì a gestire, soprattutto quando all’orizzonte si stavano già addensando le nuvole della Rivoluzione. Se la madre governò con la testa e pochi sentimentalismi, Maria Antonietta si lasciò guidare dalla sua emotività e poco dalla logica, ma non fu solo superficialità e passione: fu una donna colma di contraddizioni, nella quale dolcezza e severità, sicurezza e infantilismo convissero fino quasi alla fine.

Nata con il “cucchiaio d’argento in bocca”, si è concessa il lusso il petulante privilegio di voler essere esplicitamente se stessa. Non tanto in senso identitario, bensì in superficie, a livello di dichiarazione di intenti, di “manifesto”. «Sono come sono, sono ciò che sento», sembra dire (p. 209).

Se la madre fu acclamata in vita, la figlia lo fu dopo la morte. Nessuno, forse, nella Storia è diventato un simbolo, quasi un cult storico, come Maria Antonietta: dalla moda in cui lei stessa dettò legge, a soggetto e oggetto di falsi storici e di leggende mai accertate. È una figura tra le più chiacchierate e conosciute da tutti noi. Sono due figure, una l’opposto dell’altra, due facce di una stessa medaglia, che ci raccontano sia di quanto poteva essere difficile affrontare il potere se donna sia del rapporto tra madre e figlia, grazie all'indagine psicologica dell'autrice poiché, andando a scavare nei loro epistolari, mostra, per quello che è possibile, i loro pensieri e sentimenti.

La Storia può rimanere un po’ ostica: le date, le guerre e le alleanze, soprattutto se distanti dal nostro tempo, non la fanno amare, ma quando nel racconto di un secolo, come quello del Settecento e come accadde in La Regina e l’Imperatrice, è trasmesso anche il lato umano dei protagonisti, assume un’altra valenza. Alessandra Necci, con maestria, viaggia con apparente semplicità tra la Storia, quella ufficiale e dei libri di scuola, e quella privata fatta di matrimoni, delusioni, scelte difficili e abitudini. È un saggio storico che, però, dà spazio anche alla persona, oltre che al personaggio, ed è questo che, abbinato alla scrittura dell’autrice, dà un valore aggiunto a questo libro.

 Giada Marzocchi