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Domande sulla fine del mondo e sull'etica nella scrittura. Su "Smarrimento" di Richard Powers

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Smarrimento
di Richard Powers
La Nave di Teseo, 2021

Traduzione di Licia Vighi

pp. 400
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Per chi ama leggere ed è attento agli autori di volta in volta menzionati nel circuito editoriale e letterario, acclamati come maestri o celebri per altro, Richard Powers non può essere un nome sconosciuto. Se devo essere sincero, io non avevo letto nulla di lui prima di adesso, nonostante ne avessi sentito parlare e nonostante i titoli delle sue opere mi avessero sempre se non ammaliato, quantomeno colpito. Ricordo soprattutto Orfeo e Il sussurro del mondo e le giornate passate in libreria in loro compagnia. Sono stato sempre sul punto di comprarli, sono sempre stato lì a sfogliarli mentre facevo la fila per pagare o mentre cercavo libri per lo studio. Ma sempre, o perché la fila era troppo lunga o perché la mia pulsione da lettore-collezionista era soverchiata nel momento del quid dal mio Super-Io, finivo inesorabilmente per posare il volume sullo scaffale e per uscire senza nulla in mano, oltre a un senso di inadeguatezza crescente.
Questa situazione, a dir la verità molto imbarazzante per me, si è conclusa con Smarrimento, opera uscita per La Nave di Teseo a ottobre del 2021. Confesso la mia curiosità fanciullesca nel momento in cui, una volta a casa, ho aperto il volume, confesso le prime considerazioni dopo pochi capitoli e le continue ritrattazioni, le frequenti scuse che mi sono dato di volta in volta durante la lettura. Sì, perché ognuno ha vari modi di approcciarsi a un libro, e il mio, in questo caso, è stato quello di non celato scontro e di non nascosto studio: speravo e pensavo di poter apprendere molto, o almeno qualcosa. E come spesso accade la speranza si è tramutata e ha lasciato il posto a un qualcosa di meno trainante ma di più concreto, la presa di consapevolezza. 

Smarrimento è un libro molto scorrevole, che si legge in poco tempo, caratteristica che al giorno d’oggi non si può certo non sottolineare e che è degna d’essere menzionata. La trama è lineare e si segue facilmente anche a distanza di tempo, perfino a saltelli e di sfuggita, e non risulta essere il punto forte di questo romanzo. Su questo punto, Smarrimento sembra avvicinarsi a un tipo di letteratura colta o pseudo-colta che vuole in qualche modo opporsi a quella forma di estetica aristotelica, arrivata fino alla contemporaneità, che predilige l’intreccio e i fatti narrati, meglio ancora se con una unitarietà di tempo, azione e spazio.
Questo romanzo, meno lungo di quello che potrebbero far pensare le 400 pagine (il formato della casa editrice aiuta molto la scorrevolezza e la piacevolezza della lettura), sembra muoversi lungo piani cronologici sfalsati nei ricordi di una donna amata, che, nonostante sia morta, è presente concretamente all’interno della narrazione; sembra muoversi su piani geografici sfalsati attraverso la creatività senza confini dei due protagonisti, Theodore Byrne, un astrobiologo, e suo figlio Robin, un bambino di nove anni amante della natura e con problemi relazionali (sembra avere una forma di Asperger, ma nella storia non è specificato). La trama, dunque, non risulta essere così importante, non pare essere il centro dell’opera: Richard Powers vuole puntare tutto sui temi forti e molto dibattuti prima della pandemia (l'ecologia su tutti), sottolineandone, soprattutto per quanto riguarda quello della ricerca scientifica e dell’applicazione di scoperte neuroscientifiche sul cervello umano, i dilemmi morali ed etici. Non è dunque né la trama in sé né lo stile (scorrevole e secco, ma con una dolcezza pacata che lascia un buon sapore in bocca, seppure non entusiasmi) a spingere ad andare avanti nella storia, semmai sono le domande che ti spinge a fare. 

Questo aspetto, se da una parte non può non essere un punto critico da affrontare e da dibattere, considerando il fatto che da sempre la letteratura ha oscillato (e continua a oscillare) tra un intento (o funzione, che dir si voglia) moralistico e una certa autonomia dell’arte, dall’altra in questo romanzo non è affrontato di petto, ma è lasciato come un retrogusto, come un afrore di rose che permea tutta l’opera. Senza, tuttavia, che le rose siano presenti.  

Il problema non è in sé questo libro, che risulta molto bello e godibile e che si inserisce in un filone ben preciso (con i vari adepti), ma risultano essere sia le caratteristiche di questo filone (la semplicità nelle scelte, la piega prettamente emotiva, direi commerciale, dei romanzi che ne fanno parte), sia gli strilli sulla copertina e le recensioni sempre strombazzanti ed entusiastiche, specie di autori molto chiacchierati, come Richard Powers. Ogni libro che esce sembra essere un evento, ogni scelta autoriale sembra essere parte di un discorso più ampio e profondo, anche se alcune volte può essere una scelta debole. Non so se questo libro possa essere preso a exemplum di una tendenza letteraria che si sta facendo in questo periodo e non so se Smarrimento possa rientrare negli studi critico-letterari sull’Antropocene o su quelli di una critica letteraria che cerca di comprendere e risolvere il problema (disciplinare) del rapporto tra etica e letteratura. Questo è un dilemma che mi ha pervaso fin dall’inizio della lettura di questo libro e che, ancora oggi, a distanza di tante pagine e di varie riflessioni a mente fredda non accenna a trovare una soluzione.

Giorgio Pozzessere