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Uno storico giallo giudiziario: "Il caso Calas" di Voltaire

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Il caso Calas
di Voltaire
a cura di Domenico Felice
Marietti 1820, 2021

pp. 360
€ 25,00 (cartaceo)



Il nome di Voltaire (al secolo François-Marie Arouet) è legato alla sue polemiche contro le ingiustizie, le superstizioni, le guerre e l'irrazionalismo sotto ogni forma. Uno dei padri dell'Illuminismo, forse quello che più ne ha codificato lo stile di scrittura con la sua chiarezza, la sua ironia e la verve dei toni, egli è stato filosofo, storico, drammaturgo, enciclopedista. Ciò che il libro edito dalla Marietti 1820, a cura di Domenico Felice, ci mostra è che Voltaire non si limitò a teorizzare la tolleranza e la lotta contro le ingiustizie, ma che spesso passò all'azione per scoprire i casi di errori giudiziari e condurre delle vere e proprie inchieste volte a riottenere la riabilitazione dell'imputato ingiustamente condannato.
Lo stesso Trattato sulla tolleranza, testo capitale non solo nella produzione di Voltaire ma anche della cultura europea settecentesca, nasce da un'occasione specifica: la morte di Jean Calas.
L'omicidio di Calas, commesso a Tolosa il 9 marzo 1762 con la spada della giustizia, è uno dei fatti più singolari che meritino l'attenzione nostra e dei posteri. Si dimentica presto la moltitudine dei morti caduti in innumerevoli battaglie, non solo perché si tratta dell'inevitabile fatalità della guerra, ma anche perché coloro che muoiono per la sorte delle armi avrebbero potuto anch'essi uccidere i loro nemici, e non sono caduti senza difendersi. Dove il pericolo e il vantaggio sono uguali lo stupore cessa, e la pietà stessa si attenua. Ma, se un padre di famiglia innocente è dato in preda all'errore o alla passione o al fanatismo; se l'accusato non ha altra difesa che la propria virtù; se gli arbitri della sua vita, facendolo sgozzare, non corrono altro rischio che di sbagliarsi; se possono uccidere impunemente con una sentenza, allora si leva la pubblica protesta, ciascuno teme per se stesso, ci si rende conto che nessuno è sicuro della propria vita davanti a un tribunale istituito per vegliare sulla vita dei cittadini, e tutte le voci si uniscono per chiedere vendetta. (p. 135).

Questo è l'incipit del Trattato sulla tolleranza, che, come si evince dalla lunga citazione,  non è un'opera che parte da una constatazione ideale su cosa sia la giustizia e cosa sia la tolleranza, ma prende spunto - secondo il pragmatismo tipico di Voltaire - da un fatto concreto. Merito di questa edizione di Marietti 1820 è avere anteposto al celebre Trattato, proprio gli scritti con cui Voltaire smosse l'opinione pubblica per sensibilizzarla sul caso Calas e portare alla revisione del processo. L'attualità e l'interesse di questi testi, infatti, sta proprio nel fatto che per la prima volta al processo svoltosi in tribunale fece eco un processo mediatico; Voltaire, con quelle "antenne" speciali che possedeva per fiutare le novità, capì che l'opinione pubblica poteva essere un'arma importante per l'assoluzione - ahinoi post mortem - del malcapitato.

Ma andiamo ai fatti: la sera del 13 ottobre 1761 a Tolosa il primogenito del commerciante calvinista Jean Calas si suicida nella casa paterna. Il padre, non per prove ma sulla base dei pettegolezzi del vicinato, viene accusato di omicidio, torturato e condannato al supplizio della ruota. Voltaire studia il caso e si convince che non solo si tratti di un errore giudiziario, ma che questo errore sia dettato dal fanatismo religioso (l'imputato è calvinista e il movente sarebbe stato - ma Voltaire dimostrerà la falsità di questa accusa - impedire al figlio di convertirsi al cattolicesimo). Siamo così nell'ambito delle battaglie dell'Illuminismo contro il pregiudizio e l'assenza di lucidità nell'uso del raziocinio. Voltaire decide così di occuparsi della vicenda con una serie di scritti e ne ottiene la riabilitazione, nella convinzione che l'ingiustizia fatta ad un uomo sia un'ingiustizia fatta all'umanità intera:

Mi pare che sia nell'interesse di tutti gli uomini andare a fondo di questo caso, che, da una parte o dall'altra, costituisce il colmo del più orrendo fanatismo. Trattare una simile vicenda con indifferenza significa rinunciare all'umanità. (p. 65).

Voltaire mostra che Calas fosse una vittima predestinata e che il tribunale non aveva tenuto conto del suo caso particolare, ma che aveva fatto diventare quel caso uno strumento delle lotte religiose che ancora insanguinavano non solo la Francia ma l'intera Europa. Voltaire combatté la sua battaglia per la riabilitazione di Calas con tutte le armi di cui disponeva un intellettuale: articoli di giornale, lettere ad amici e uomini di potere, interventi pubblici. Da ultimo, scrivendo il Trattato sulla tolleranza, che al di là del processo che lo aveva occasionato, divenne un classico del pensiero liberale.

Rileggere questo classico, la cui attualità purtroppo non viene mai meno a causa del periodo storico in cui viviamo in cui si fronteggiano non solo intolleranze religiose ma anche l'intolleranza fra i seguaci e i negatori della scienza, in cui i raggi dell'Illuminismo sembra tardino ancora a scaldarci, è estremamente importante e formativo, per fare nostra la preghiera laica di Voltaire, con cui si conclude il testo:

Fa' che ci aiutiamo l'un l'altro a sopportare il fardello di un'esistenza penosa e passeggera; che le piccole differenze tra le vesti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre condizioni così disuguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te: che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati «uomini» non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione. (p. 243)

Deborah Donato