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“Sono glitch, contengo moltitudini”: Legacy Russell e l’esplosione del codice binario da parte del femminismo glitch

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Glitch Feminism

di Legacy Russell
Giulio Perrone, novembre 2021

Traduzione di Gaia Giaccone

pp. 157
€ 16 (cartaceo)

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Uno dei concetti più ricorrenti nel pensiero femminista degli ultimi anni è quello della “genealogia femminista”: se rivolgiamo lo sguardo all’indietro, dietro le nostre spalle riconosciamo l’enorme eredità lasciataci dalle femministe del passato che, ben al di là delle famose “quattro ondate”, definizione considerata ormai alquanto semplicistica, hanno da sempre saputo adattarsi ai loro contesti personali e politici, facendo assumere alla loro lotta forme diverse a seconda delle situazioni più disparate. Una vasta varietà di oppressioni, ma anche un’enorme arsenale di armi sfoderate per rispondervi. Se dovessimo dunque volgere lo sguardo al nostro presente, quali sarebbero i movimenti femministi che saltano ai nostri occhi come caratterizzanti? In che modo stiamo abitando la nostra epoca, e cosa lasceremo alle femministe del futuro?

Se è vero che una delle risorse che più caratterizza la nostra epoca è Internet, è impossibile negare che il movimento femminista ha saputo sfruttare al meglio questa risorsa, per creare legami, alleanze, resistenze. Ma il femminismo glitch è più di questo. Femministe glitch sono coloro che non si limitano ad usare Internet, ma che vivono in modo concreto e tangibile quello che per molti altri è solo un mezzo. Per le femministe glitch Internet è un’ontologia, un modo di esistere e resistere in un mondo che finge testardamente di rispondere all’ordine della binarietà, degli zeri e degli uno, delle etichette e della biologia, ma che in realtà sotto questa superficie nasconde gli errori, gli arresti, gli inciampi. I glitch. Che da oggi non vogliono più starsene nascosti.

“Glitch feminism” è soprattutto questo: un grido di orgoglio, che però poggia su una formidabile impalcatura teorica. Diviso in capitoli i cui titoli tradiscono l’intenzione dell’autrice di scrivere non solo un saggio ma anche un manifesto (“Il glitch rifiuta”, “Il glitch offende”, “Il glitch mobilita” e altri), Legacy Russell propone un tipo di femminismo che abbraccia l’idea di genere complesso e sfaccettato che soggiace al pensiero femminista (con buona pace delle femministe gender critical), e ci guida passo passo in questa complessità, senza mai diventare di difficile comprensione o poco godibile. In questo, la traduzione di Gaia Giaccone fa scuola: nella chiara volontà di non snaturare un linguaggio unico e profondamente contestualizzato, il testo italiano riesce a rivelare in trasparenza un mondo concettuale che in Italia non è ancora pienamente arrivato, pur rimanendo sempre perfettamente scorrevole e godibile anche a chi non è esperto di questi argomenti.

E l’impresa non era facile. Infatti il testo di Russell smantella le opposizioni binarie e abbraccia la molteplicità non solo nella trattazione del femminismo glitch ma anche nel modo in cui è scritto. Parte dall’arte contemporanea (l’autrice è una curatrice artistica) ma allunga lo sguardo anche verso letteratura, scienza, e politica. Teorizza un tipo di femminismo inedito e estremamente attuale, ma ritorna sui capisaldi storici del femminismo: l’intersezionalità insita nello scomporsi in mille avatar diversi, le teorie sul nome delle filosofe femministe degli anni Settanta che riaffiorano mentre Russell decostruisce le pratiche di compilazione automatica e di profilazione attuate dai browser e dai social media. È anche in questo senso che il femminismo glitch si configura non come una rottura, ma come l’evoluzione naturale di una storia lunga secoli che ha saputo reinventarsi nei contesti più vari.

Dopotutto, se c’è qualcosa che il femminismo del passato ci ha tramandato, è che il corpo non è mai stato univoco. La volontà di dividere tutto in due macrocategorie non viene dalla biologia, ma dalla volontà classificatoria della società, che Russell identifica con la necessità del sistema capitalistico di rendere tutto chiaro, definito, facile e soprattutto produttivo, tagliando fuori gli errori e la scelta individuale. Perché dunque non sfruttare le potenzialità di Internet per assumere le mille identificazioni diverse che caratterizzano ogni essere umano? Poter assumere mille identità in fondo significa essere capaci di fare a meno di qualsiasi classificazione, ed è forse questo lo scopo finale del glitch: impararci a smaterializzarci, per poter finalmente abbracciare la complessità che è in noi.

Marta Olivi