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La storia di una donna che incanta e che lotta per la luce raccontata da Simona Lo Iacono nel suo "La tigre di Noto"

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La tigre di Noto



La tigre di Noto
di Simona Lo Iacono
Neri Pozza, luglio 2021

pp. 224
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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Al centro di questo romanzo c’è la storia vera della fisica Anna Maria Ciccone, nata nel 1891, in un paese della Sicilia, che relegava le donne a un ruolo subalterno; fu anche l’unica donna del suo corso a Roma e poi, per ragioni legate alla guerra si trasferì alla Normale di Pisa. Partita dalla sua Noto, in Sicilia, per frequentare l’Università e studiare ciò che era appannaggio esclusivo degli uomini, donna fragile e fortissima, nel ritratto intimo che ne fa la Lo Iacono, riusciamo a intravedere l’eccezionalità del personaggio. 


Attraverso un gioco di piccoli quadri della sua vita, anzi di foto di ricordi di un immaginario album di famiglia, la scrittrice narra questa vicenda, ricorrendo alla prima persona, rendendo vicina e lontana nel tempo la protagonista, ma in un tempo che è suo e intimo, che scandaglia ogni dettaglio del suo percorso sotto una luce non consueta per una scienziata, ovvero il sentimento.

Se invece volti la pagina puoi vedermi a dieci anni. In questa foto già si intuisce che non sarei cresciuta in altezza e non avrei mai avuto il portamento di mia madre. Alle spalle non c’è più la tenda scostata ma lo studio di papà, con un mappamondo in legno e la collezione di bocchini e pipe. (p. 37)

Anna Maria o Marianna, come la chiamano in molti, ha il merito di rendere le sue debolezze un punto di forza, a partire da uno strabismo, che la rende più sensibile alla luce, e infatti sarà quello il suo campo di studio per tutta la vita; l’inesistente universo d’affetti in cui cresce le fa preferire l’Universo vero come rifugio, in cui l’unica stella è la sua tata Rosa, donna affettuosa e semplice, che asseconda la passione “proibita” per la bambina che di notte ruba volumi ereditati dal padre e mai compresi dai suoi, per scoprirsi predestinata alla scienza.

Mi precipitavo a chiedere: Cosa sta leggendo? Ero sempre più convinta che conoscere una persona volesse dire capirla attraverso i suoi libri. Era lì che si depositava il suo segreto. Era a quelle pagine che consegnava il suo dolore. Ma mia madre interveniva sempre. Mi sottraeva e si scusava al posto mio. Oppure mi ricordava che ero ormai una donna, a breve avrei stretto parentele, avrei avuto figli. (p. 69)

L’autrice ci conduce per mano attraverso il percorso di formazione della Ciccone, da Noto a Pisa, dove frequenterà il mondo accademico, legando solo con un giovane insegnante ebreo, che avrà un ruolo determinante nella sua crescita, così come nella consapevolezza di quello che l’orrore nazista e fascista sta per compiere. Poi a Darmstadt, dove la collaborazione tra i due scienziati si fa consapevole sotto tanti punti di vista e nasce anche la certezza di dover salvare in qualche modo i libri dalla barbarie che avanza. 


Infine da Pisa a Noto, mentre l’unico affetto della sua famiglia d’origine, il piccolo fratello Salvo non sopravvive alla sua fragilità e si rompono ormai i legami con la figura materna, ecco che il destino le riserva una sorpresa, rendendola più forte e in grado di prendersi cura di qualcun altro. Avviene quella maturità che da figlia la renderà madre, che le darà la forza necessaria per salvare un patrimonio immenso di sapere e cultura e che la riporterà infine nella sua terra, dove ahimè morirà dimenticata. 


L’opera di Simona Lo Iacono ha molti meriti e difficile collocazione, perché ha una forma di diario intimo e di romanzo insieme, di saggio e di memoria, di biografia e di testimonianza ma è soprattutto un tributo alla memoria delle donne, spesso dimenticate, a cui la Storia non ha riservato nessun posto in prima fila e che, nonostante tutto, lottano come tigri per prenderselo e vivere con coraggio ogni singola scelta, trasformando ogni ferita in un traguardo.


Samantha Viva


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