in

"Alla faccia di tutti": una Joséphine Baker "Scandalosamente felice" nella nuova biografia di Gaia de Beaumont

- -


Scandalosamente felice
di Gaia de Beaumont
Marsilio, 2021

pp. 186
€ 16,00 (cartaceo)

Acquista su IBS
Acquista su LaFeltrinelli

È lei o non è lei? Ovvio che sia lei. Sebbene la posa di spalle ci privi della visione del volto, a chi altri potrebbe appartenere la sinuosa silhouette femminile ritratta sulla copertina di Scandalosamente felice? E a chi la bella nuca evidenziata da un cortissimo caschetto di capelli neri talmente stirati e lucidi e aderenti al cranio da emanare – proprio come avrebbe fatto una perfetta sfera rotante – abbaglianti riflessi metallici? A chi donerebbero così tanto il solo abito della propria pelle scura e il solo malizioso accessorio di una cintura di banane, indossata a mo’ di gonnellino? A chi se non a Joséphine Baker (1906-1975), protagonista di questa nuova biografia scritta da Gaia de Beaumont e appena pubblicata da Marsilio? Forse solo uno – ma pruriginoso e importante – potrebbe essere il dettaglio filologico capace di far dubitare l’osservatore più esperto davanti a questa immagine di Paul Colin  per Le tumulte noir del 1927: perché è noto come le punte dei dondolanti frutti esotici, alla stregua del capezzolo destro dell’artista che si intravede nel topless di scena, fossero sempre, nella realtà, intenzionalmente e allusivamente rivolte all’insù. Ma ben venga, ad ogni modo, questa licenza da parte di uno dei maggiori cartellonisti francesi, che frequentò la soubrette proprio durante quei Roaring Twenties che coincisero con il momento del suo maggiore successo europeo e che la rese immortale sul manifesto della storica Revue Nègre (1925); ben venga l’opera di questo cartellonista di talento nella certezza che anche lui fu solo uno dei numerosi uomini che questa iconica donna del Novecento incontrò nella sua vita, nonché l’ennesimo che si illuse di averla conosciuta bene e una volta per tutte.

Scrittrice e collaboratrice di quotidiani e settimanali, Gaia de Beaumont non è nuova al racconto delle vite altrui (sempre da Marsilio è stata ristampato nel 2019 il suo Scusate le ceneri, biografia romanzata di Dorothy Parker). Ma se la vita in questione è quella dell’“americana a Parigi” più famosa del XX secolo ci sono almeno due opzioni possibili: da una parte la resa agiografica e mitizzante, facile e comoda, di sicuro successo; dall’altra il ritratto realistico e problematizzante, che nel rendere conto dei suoi settant’anni su questa terra non può tacere sulle questioni di retropalco e su quelle agite su ben altre e più spietate ribalte (ovvero quelle familiari e sociali). Perché la vita di J. B. fu proprio così: un’eterna doppia medaglia, un eterno doppio fondo, un’eterna doppia partita; e per ogni manche, presto o tardi, ci fu sempre una rivincita. Per rendere conto al meglio di una vita senza mezze misure, l’autrice ha scelto dunque di seguire entrambe le direzioni: ci saranno la danseuse e la chanteuse, ma anche la “patriottica” spia al soldo della Francia durante il secondo conflitto mondiale e l’imprenditrice megalomane; ci saranno la figlia del ghetto nero made in U.S.A. e la madre adottiva di dodici eredi ribelli e ingrati; ci saranno la femme fatale più desiderata della Ville Lumière, quintessenza di un esotismo e di un primitivismo che faranno stragi di cuori e di intelletti, e lo stereotipo senile della Auntie Mame. Perché le stagioni di J. B. sembrano non conoscere momenti di transizione, e ogni passaggio è brusco, netto, improvviso: da poverissima a ricchissima e poi ancora sul lastrico; contesa da ogni uomo, più volte moglie e ancora più volte amante; in stato di grazia o in disgrazia sotto le luci dei riflettori, osannata in serate da tutto esaurito o avvilita da tournée fallimentari; esaltata per il suo incarnato, vittima del pregiudizio razziale, paladina polemica dei diritti civili; al centro di una mondanità tra le più esclusive, ai margini di una società tra le più sessiste e classiste, pedina fondamentale nello scacchiere politico internazionale.

Articolato in tre sezioni principali – I. Parigi 1925. The American Dream; II. Controspionaggio. In soccorso di De Gaulle e della Resistenza. France libre; III. Nonostante tutto, scandalosamente felice – il racconto di de Beaumont procede in senso cronologico. Del resto non c’è nessun bisogno di giocare con i piani temporali saltellando avanti e indietro: non solo perché nel caso di J. B. ogni azione è sempre all’origine di qualche clamoroso effetto domino che altrimenti si perderebbe via, ma anche perché è molto meglio omaggiare questa incredibile trickster con uno stile che ne ricorda il temperamento in scena e fuori scena, e dunque con una prosa vivace, fortemente ritmata, strutturata in periodi brevi e non priva di sentenze “a effetto” che restano nella memoria di chi legge e non fanno mai calare la tensione narrativa. Ma questo, è da credere, non capiterebbe nemmeno ricorrendo alla più piana delle elencazioni, dal momento che anche un mero riepilogo per punti sarebbe sufficiente per restituire la complessità di una vita sempre al limite dell’eccesso, nel bene come nel male. Pagina dopo pagina, le vicissitudini bakeriane vanno di pari passo con il racconto di un secolo ricco di rivoluzioni e di colpi di scena quale fu il Novecento, e ogni grande evento, ogni grande questione, sembra quasi riguardare la nigger d’America e la ragazza di Francia prima di chiunque altro, come se il fatto di incarnare nel contempo lo spirito del nuovo mondo e quello della vecchia Europa le conferisse una qualche precedenza elettiva a livello di percezione e di azione.

Come sempre accade per ogni personaggio dall’esistenza sopra le righe, meglio ancora se artista in prima persona o in qualche modo riconducibile al paradigma di “genio e sregolatezza”, anche nel caso di Joséphine Baker (che, come si è detto, non fu solo una donna di spettacolo) gli studi biografici e monografici non mancano di certo: la stessa Gaia de Beaumont, all’interno dell’appendice bibliografica, offre un discreto elenco di titoli in lingua italiana, francese e inglese, a dimostrazione di un interesse che dalle cronache coeve è arrivato fino agli studi più recenti. Dunque perché leggere proprio questa nuova “versione” di una storia già così nota? La risposta, forse, sta tutta nel titolo, che annuncia e rivela quella che secondo l’autrice fu la cifra più distintiva del percorso biografico in esame: perché è proprio in quella felicità scandalosa che de Beaumont individua il fil rouge che tenne insieme i saliscendi di una donna a cui capitò di frequentare e conoscere le vette come gli abissi. Raccontata così, tenendo ben presente l’imperativo categorico di una soddisfazione da procurarsi a ogni costo, e dunque anche a discapito di ogni buon senso, l’esistenza di Joséphine Baker si mostra nei suoi aspetti più realistici e drammatici, e diventa la storia di una donna che tra “altissimi” e “bassissimi” ottenne tutto e perse tutto per poi ottenerlo di nuovo, fino a morire, letteralmente, per un eccesso finale di gioia, e a uscire di scena con teatralissimi funerali di Stato capaci di far fermare e mettere sull’attenti l’intera città di Parigi. E se è vero che il suo caso fu unico, irripetibile e inimitabile, queste pagine si portano appresso una riflessione più generale su un desiderio che riguarda chiunque – amare la vita, esserne riamati: la joie de vivre, agita e subita – e che proprio in questo periodo storico sembra così difficile da esaudire. Al netto di scelte scellerate e gesti sconsiderati, il suo resta un esempio (ma anche un monito) di che cosa sia capace un essere umano pur di esultare nel corpo e nello spirito:
«lei, la super icona che negli anni più difficili di un secolo complicato si era data al pubblico con entusiasmo, tenacia e una prepotenza al limite dell’eccesso, trasformando il ballo e rendendolo umano, emozionante, evocante, catartico. Lei, che aveva sempre scelto la libertà. Più veloce e astuta del dolore nello sfidare il rischio, il gioco, la follia. Capace di evocare dal cilindro una geniale intuizione per poi inventare un provocatorio atto di vita nel giro di un secondo. L’importante era rimanere sulla giostra. […] Lei, che aveva sempre conservato intatta la sua irriverenza e, nonostante gli alti e i bassi, per sua stessa ammissione, aveva sempre e comunque vissuto “scandalosamente felice”. Alla faccia di tutti» (p. 183).

Cecilia Mariani