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Un Bildungsroman senza formazione, una quête senza obiettivo: la ricerca disperata di senso in "Il libro di X" di Sarah Rose Etter

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Il libro di X
di Sarah Rose Etter
Pidgin Edizioni, maggio 2021

Traduzione di Stefano Pirone

320 pp.
€ 16 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)





Il corpo femminile è da sempre sede di innumerevoli discorsi culturali, personali, psicologici e sociali. Dalle capacità riproduttive al piacere sessuale, la narrativa degli ultimi anni ha intrapreso strade sempre più concrete per descrivere da dentro com’è vivere in un corpo costantemente colonizzato da pratiche esterne, e per incarnare concretamente tali discorsi in quel corpo prismatico, sempre al centro dei fatti, eppure mai protagonista. In questo filone narrativo, che fa del surreale il proprio campo di battaglia, spiccano in particolare quei romanzi che sanno plasmare la materia viva e palpitante in mondi percepibili con tutti e cinque i sensi, che si divincolano sotto i limiti della parola scritta: è sicuramente questo il caso di Il libro di X, esordio romanzesco di Sarah Rose Etter.

Protagonista del libro è Cassie X, la quale, come sua madre e sua nonna, ha il corpo annodato subito sotto le costole. Questo nodo, minaccia edipica al femminile, segna l’esistenza di Cassie fin dalla nascita, marchiandola con il destino di dolore che si abbatte su tutte le donne della famiglia X; il romanzo, diviso in tre parti, segue infatti la crescita di Cassie dall’infanzia attraverso i traumi dell’adolescenza, la prima indipendenza lontana da casa, e infine una vita completamente diversa, la vita senza nodo. Osserviamo così Cassie attraversare un processo di formazione sui generis, quantomai convoluto e accidentato, costellato di stazioni, di regressioni, e di dolore al punto da essere simile a una via crucis, senza però la speranza di qualsiasi redenzione.

Perfino il mondo in cui Cassie si muove restituisce questa carnalità squassata dal dolore. Il padre e il fratello di Cassie lavorano in una Cava di Carne, una miniera da cui estraggono fresca carne sanguinolenta da portare al mercato, mentre la protagonista se ne sta a casa con la madre, e, tra una fitta di dolore al nodo e l’altra, sfregano i muri con limoni tagliati a metà, fino a farli brillare, finché l’unica cosa rimasta meno che bianca è la pelle arrossata delle loro mani.

È senza dubbio magistrale l’utilizzo del cibo in questo romanzo per evidenziare il rapporto che il mondo materiale intrattiene con il nostro corpo, in un continuo scambio bidirezionale tra noi e il fuori di noi. Cassie viene così posizionata esattamente sulla tensione tra un mondo estremamente materiale e la continua ricerca di qualcosa di più rispetto a ciò che si vede e si tocca: una ricerca fatta di slanci continuamente frustrati, ma che non possono non aver luogo, generati da Cassie non tanto per speranza quanto per inerzia, per istinto, per la sua stessa natura. Questa posizione intermedia viene di nuovo rappresentata in modo concreto dalla scrittura, che nella costruzione strutturale del romanzo riesce a toccare picchi di sperimentalismo pari a quelli dell’immaginario messo in scena. Infatti al racconto di quanto accade a Cassie il testo stratifica sezioni di due tipi: visioni di Cassie, in cui lei immagina mondi alternativi ancor più surreali di quello in cui vive per cercare di trovare un senso alle cose che le accadono, o, in alternativa, di rinarrarle a se stessa, assumendo il controllo della sua storia, e strappandolo alla materialità che la circonda; e liste di fatti scientificamente veri che, quando siamo tentati di perderci nella surrealtà, sembrano bruscamente volerci riportare a un mondo iperreale, un mondo in cui ogni cosa, anche la violenza, anche la morte, può essere normalizzata e resa asettica tramite dei numeri, delle date, dei luoghi.

Insomma, un Bildungsroman senza formazione, un percorso di ricerca di senso in un mondo che non ne ha, una quête disperata che porterà Cassie a cercare di sovrastare l’incubo ipermateriale in cui si muove e che ha colonizzato il suo corpo tramite l’affetto familiare e romantico. Ma solo nei capitoli finali tale peregrinazione si rivelerà in realtà un percorso circolare, che riporterà Cassie da dove è partita. Un anello, un tratto lineare. Privo finalmente di qualsiasi nodo.

Marta Olivi