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Seduto al tavolo del mitico Café Rostand, Ismail Kadare ci racconta le sue mattine parigine e il suo impegno di scrittore

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Le mattine al Cafè Rostand
di Ismail Kadare

La Nave di Teseo, febbraio 2021


Traduzione di Liljana Cuka


pp. 299

€ 20 (cartaceo)

€ 9,99 (ebook)


Un grande tributo di riconoscenza e d’amore da parte dell’autore nei confronti di Parigi anima lo spirito di questo libro. Un libro che racconta alcune delle esperienze più difficili dello scrittore albanese, con un ritmo leggero e molto confidenziale. Questo libro, quasi un diario, ci ricorda i momenti in cui Kadare, uno dei più grandi scrittori del nostro tempo, è stato costretto a fuggire dal regime albanese per trovare rifugio nella sua Parigi.


Non è solo l’uomo che trova rifugio nella città che è la culla della letteratura, ma è soprattutto la sua scrittura che trova un luogo d’elezione per potersi esprimere appieno. Una mappa ideale segna i confini della sua abitazione, le vie degli editori che cominciano a contendersi le sue opere e il Café Rostand, luogo-simbolo della letteratura, luogo d’incontro dei più grandi scrittori che nelle diverse epoche la Belle lumiere ha accolto tra le sue braccia. Ma è solo l’inizio di questo viaggio. Man mano scendiamo negli abissi e nell’irrisolto, nelle accuse mai digerite, nelle ossessioni letterarie, come per il Macbeth, nella storia segreta di complotti che hanno relegato l’Albania a terra in cui la demografia non conosce incremento, e nessuno sembra stupirsene.


L’attenzione di Kadare per la comunità degli scrittori, allarga il suo sguardo nei confronti di tutti coloro che soffrono per una condizione di perdita o di oppressione, e non mancano bellissime considerazioni nei confronti delle donne. Donne scrittrici dimenticate, donne muse ispiratrici, donne per cui vale la pena vivere o morire, donne per cui si scrivono versi o si perdono libri.

In ogni perdita subita dai popoli, le donne e le ragazze erano sempre coinvolte. A volte evidente, spesso invisibile, il dramma delle donne era sempre parte integrante di quello dell’arte. Nell’ultimo anno del secondo millennio, in poche settimane, le donne e le ragazze del Kosovo avrebbero sopportato nella loro carne tutto il peso di una crudeltà forse vecchia di mille anni: stupri, seni lacerati come bocche ancora bagnate di latte materno.

Lo scrittore diventa paradigma, egli stesso, di un mondo in cui si cerca in ogni modo di ostacolare la libertà. Si assume il compito importantissimo di dare voce a chi non ne ha. E nella sua scrittura traspare quel senso di comunità che è propria di ogni essere che ha conosciuto in qualche modo la sofferenza, proprio perché egli stesso ne è stato privato, cerca di crearne un’altra d’elezione, con gli spiriti affini.

 

Aprendosi alla necessità di doversi raccontare comincia a renderci partecipi della storia dell’Albania, delle sue tradizioni, dei divieti, delle avanguardie, di tutto ciò che potenzialmente dovrebbe attirarci di un mondo da cui paradossalmente egli stesso è stato respinto.

Per il suo andamento episodico non è un libro facile, i temi trattati sono alti e le citazioni hanno bisogno di un adeguato background storico e letterario, ma di sicuro ci aiuta a comprendere l’universo di uno scrittore così unico, le sue citazioni a volte ci appassionano, come per Shakespeare e per Dante e a volte ci stupiscono favorevolmente, come per Sciascia. Kadare è uno scrittore che ha conosciuto l’oppressione e la censura, e proprio per questo parla da uomo libero, senza freni e con grande onestà intellettuale, all’interno di un libro coraggioso che sa di nostalgia e di consapevolezza.

Samantha Viva