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Lo spazio della politica, della letteratura e della società: “Storia delle camere” di Michelle Perrot

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Storia delle camere Michelle Perrot Sellerio

 

Storia delle camere 
di Michelle Perrot  
Traduzione di Roberta Ferrara 
Sellerio, 2011 

pp. 416 
€ 18,00 (cartaceo) 

E se, in un momento come questo, riflettere sulle camere fosse un bene? Senza allontanarsene estenuati dopo essere stati chiusi in case ariose o in piccoli bilocali al fondo di un condominio, ma considerandone altri aspetti, per distrarci dalla claustrofobia. 

La riflessione sulle camere coinvolge questioni di natura storica, sociale e, naturalmente, la letteratura: leggere alcuni romanzi facendo attenzione al rapporto tra lo spazio e i personaggi può riservarci altre chiavi di lettura che altrimenti perderemmo, coinvolti dall’intreccio, dai protagonisti e dalla prosa. 

Con questo spirito, nell’anno della pandemia, ho preso a leggere la Storia delle camere di Michelle Perrot, con qualche pausa, per poi tornare a divorarlo fino alla fine, seduta al parco, quando l’autunno ne cambiava i colori. 

L’autrice è un’insigne storica francese che ha approfondito lo studio del movimento operaio e la storia delle donne; inoltre, si è dedicata alla storia della devianza e dei sistemi repressivi insieme a Focault

In questo saggio prende le mosse dai dizionari, quello greco e quello latino, si rifà alla Grande Encyclopédie, ritorna a Erodoto; la ricerca linguistica le fa spostare la lente d’ingrandimento su Babilonia, collazionando definizioni, accezioni, usanze e riscontrandone la veridicità nei reperti archeologici: ricostruisce così che la camera è sin da subito associata al riposo, quello notturno e quello eterno, alla volontà di appartarsi o di non farsi vedere

Attraverso Diderot indaga l’aspetto politico e sociale legato alla camera: non più quella del singolo, ma quella delle assemblee, delle autorità giudiziarie, come le camere di consiglio, la Camera dei Lord, quella dei Comuni, il Parlamento. 

Prima del Parlamento, però, quella del re: organizzare lo spazio del palazzo era una manifestazione del suo potere, custodirne il segreto durante la malattia o l’attività sessuale, una sua prerogativa; questa privacy, tuttavia, non riguardava la camera da letto della regina, che rimaneva aperta mentre dava alla luce

«[…] Ma “avere una stanza tutta per sé” per scrivere, per sognare, per amare o più semplicemente per dormire – cosa che Virginia Woolf augura di cuore a qualunque donna – è un’invenzione relativamente recente» (p. 58), osserva Perrot, informandoci che la camera da letto compare nei dizionari solo nel Settecento. Prima c’era la camera comune, che tanto ci fa pensare al luogo in cui Jane Austen scriveva, un attimo prima di nascondere i fogli a chiunque sentisse arrivare.

Sebbene una stanza per sé fosse un bene per nulla scontato, la camera è da sempre il luogo della donna: «Tutto concorre a rinchiudervela: la religione, l’organizzazione domestica, la morale […]» (pag. 147), attesta Perrot. È noto che storicamente l’uomo ha sempre vissuto la sua giornata fuori dalle mura domestiche, mentre la donna si è occupata della casa e dei figli: una distribuzione dei compiti che a molti ha fatto pensare che non ci fosse nulla di sbagliato. A leggere le pagine di Perrot ci si sorprende per la quantità di uomini di pensiero che erano fieri sostenitori di questo status quo: da Pitagora a Rousseau, da Kant a Sant’Antonino, che assimilava il luogo chiuso a quello in cui la Madonna ha vissuto l’annunciazione; tuttavia lo stato di oppressione di alcune donne non impediva loro di desiderare con ardore uno spazio proprio e dei soldi per essere autonome, condizioni minime e sufficienti per perseguire la propria arte. Ma uno spazio a loro uso esclusivo non c’è fino a qualche secolo fa, se si esclude quello per il parto

E quali sono gli spazi deputati alle donne? Il gineceo, il serraglio, l’harem, la cella di un convento, les chambres closes del sesso, le camere ai piani alti dei palazzi parigini, spazi fatiscenti dove vivono donne emigrate dalla campagna, che lavorano come domestiche per le famiglie più abbienti, svenandosi per l’affitto. 

L’analisi dell’aspetto sociale della camera non si esaurisce con le pagine dedicate allo spazio femminile, ma inquadra anche quello degli operai, dalle camere alle camerate, fino ai villaggi operai, dove la privacy è un miraggio, l’igiene è manchevole e l’obiettivo resta quello di riuscire ad avere un piccolo appartamento per mettere su famiglia. 

E per la scrittura? Simon de Beauvoir ha scritto a lungo nelle camere d’albergo, senza la preoccupazione delle faccende domestiche ‒ tema che affronta nel Secondo sesso ‒ senza desiderare uno spazio proprio, finché la notorietà non la spinge ad affittare un piccolo appartamento e arredarlo. Le pagine dedicate all’autrice aiutano Perrot a introdurre il rapporto di altri grandi autori con la camera, che non è mai univoco: anzitutto racconta Sartre, definendolo come «nemico giurato della camera» (pag. 208); a uno spazio che porti la sua impronta e che custodisca le sue cose, Sartre preferisce quello in cui chiunque altro si disinteressi di lui, come il caffè e quello che non ha memoria perché si è sempre di passaggio: la camera d’albergo

Al contrario di Sartre, altri autori dimostrarono un certo attaccamento per il proprio spazio: «Scrivere significa aprirsi oltre ogni misura […] di conseguenza quando si scrive non si è mai abbastanza soli […]. Non c’è mai abbastanza silenzio intorno e la notte non è ancora abbastanza notte», scriveva Kafka (pag. 105). 

Lo spazio della camera privata è spesso luogo privilegiato della scrittura durante la notte: del binomio camera-notte hanno fatto tesoro George Sand, Flaubert e, non ultimo, Proust, che scriveva stando a letto. 

Il discorso sulla camera degli scrittori scivola presto su quello dello spazio letterario: Perrot ricorda Oblomov, il personaggio che sceglie di chiudersi nella propria camera, lo spazio della speculazione amorosa di Emma Bovary, e le camere delle giovinette in Hugo e Balzac; infine, l’analisi di Perrot sfocia nello studio dello spazio abitato dagli autori, dove ancora oggi andiamo in pellegrinaggio per ritrovarli. 

In questo straordinario approfondimento confluiscono storia, antropologia e letteratura, così che Storia delle camere diventi spunto per riflessioni più consapevoli sullo spazio, nonché lo spunto per nuove chiavi di lettura per i classici che pensiamo non ci riservino più alcun segreto.

Lorena Bruno