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Va in scena uno spettacolo irriverente sul grigiore dell'esistenza: "L'anno che a Roma fu due volte Natale" di Roberto Venturini

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Roberto Venturini l'anno che a Roma fu due volte Natale



L'anno che a Roma fu due volte Natale
di Roberto Venturini
SEM, 2021

pp. 192
€ 17 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)

A forza di farsi scivolare le cose addosso, ad Alfreda si era impermeabilizzata l'anima. Però quella notte dell'anno in cui a Roma fu due volte Natale le formicolarono le emozioni, allora infilò una mano in un guanto irrigidito dal tempo e prese un paio di ciocchi di legno, li gettò sul braciere arrugginito che teneva in veranda e accese il fuoco. (p. 15) 
Immaginatevi Villaggio Tognazzi, un posto vicino a Torvaianica formato da due strade in croce, dove sono state costruite varie villette, perché in estate i vip venissero a riposarsi, senza allontanarsi troppo da Roma. Avvicinatevi ora con uno zoom sulla villetta di Alfreda e suo figlio Marco, fino a introdurvi in quelle stanze: cosa vedreste? Oggetti di ogni tipo e in ogni dove, piatti da lavare, colonie di insetti che si approfittano della trascuratezza dei padroni di casa, montagne di riviste dove, in copertina, sorridono tante facce del passato. Un po' più in là, nel garage di casa, scoprireste invece una cosa inattesa: una coltivazione di marijuana, di proprietà di uno spacciatore del posto, che ha affittato tanti locali da gente disperata come Alfreda e Marco.  
Guardando meglio, nel marasma generale della casa, vedreste di sicuro la padrona di casa, Alfreda, definita sempre bella, «pure grassa come una vacca e coi capelli sporchi che sembravano intinti nell'olio» (p. 71). Lei non esce mai, perché d'altra parte, dopo aver perso il suo amatissimo marito in un modo a dir poco stupido, non ha più nessuna ragione di vivere. Suo figlio Marco, invece, esce eccome: a volte per vedere la ragazza che frequenta, altre per andare al bar del paese. 
Bloccati in una vita che passa, o meglio che lasciano che passi, sperando che tutto avvenga nel modo più indolore possibile, Alfreda e il figlio sono impastoiati in un'esistenza difficilmente sostenibile: accumulatrice seriale lei, inetto senza prospettive di futuro lui. Le vie di fuga? Alfreda vede Sandra Mondaini e altri personaggi che ha conosciuto nel passato che le appaiono e le suggeriscono cose, tra sogno e realtà. Marco semmai si concede qualche birra e qualche canna in compagnia, insieme a un po' di sesso, perché per il resto si limita ad accudire Alfreda, convinto com'è che la madre stia peggiorando velocemente. 
Quando la donna, in preda a una delle sue visioni, si ostina a chiedere a Marco di disseppellire il cadavere di Raimondo Vianello dal cimitero di Roma per riportarlo a Sandra, invece seppellita a Milano, il ragazzo non sa che fare. Chiede allora aiuto agli amici Er Donna (travestito con un passato di prostituzione, che condivideva con Alfreda «la stessa rabbia per la perdita della persona amata», p. 44) e Carlo (ex marinaio, profondamente legato alla famiglia di Alfreda e Marco, si capirà via via perché). 
Parte così una commedia che si tinge talvolta di surreale e di umorismo nero, perché la "missione" è assurda fin dalle sue premesse e potete solo immaginare quali evoluzioni subirà. A fare da contraltare troviamo la nostalgia per il passato, simboleggiato dalle estati passate dalla famiglia di Marco nel Villaggio Tognazzi insieme ai personaggi dello spettacolo, tra ricordi familiari e piccoli aneddoti di un mondo che non potrà tornare. Emblematica, a tal proposito, la citazione seguente:
«La sua vita era stata tutta così: piena di buchi che offendevano la bellezza di quello che era stato» (p. 83)
Tra questi due poli opposti, tanto distanti da creare dissonanze volute, si muove una storia certamente insolita, in cui però si spera sempre che la svolta arrivi o stia per arrivare. Sarà che non basta svuotare una casa per ripulire il mondo di un'accumulatrice seriale, né basta dare qualcosa da fare a un inetto perché trovi la sua strada... È forse questa assenza di prospettive concrete, tamponata semmai dalla stramba missione di trasformarsi in paladini-necrofori, a creare un tempo sospeso; si vorrebbe leggere di più, o forse semplicemente si vorrebbe leggere altro, perché Venturini è bravo - e d'altra parte ha vinto il Premio Bagutta Opera prima -, ma la storia convince solo se si accetta la stravaganza di tutta la vicenda. 

GMGhioni