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#PagineCritiche - L’organizzatrice di giuochi amorosi. "La Sanseverino. Giochi erotici e congiure nell'Italia della Controriforma" di Gigliola Fragnito

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recensione la sanseverino


La Sanseverino 
Giochi erotici e congiure nell'Italia della Controriforma 
di Gigliola Fragnito 
Il Mulino, novembre 2020 

pp. 216
€ 24,00 (cartaceo)
€ 16,99 (ebook) 



Tessuti pregiatissimi di dame ondeggiano maliziosi sfiorando i corpi finemente vestiti dei cavalieri, bramosi di una serata inobliabile, seppur fugace. La festosa musica accompagna la concitazione della corte bon vivant di Alfonso d’Este II, dove i convitati sono intenti a prender parte agli spassi insoliti del rinomato Carnevale ferrarese «nel clima del tardo Rinascimento, in una corte che aveva creato il romanzo cavalleresco» (p. 49). Giuochi, quintane, tornei e improvvisate baldorie confondono i ruoli di genere, «a una partita di calcio cui parteciparono gentildonne e gentiluomini, o ancora a un ballo in cui metà delle dame era travestita da uomini conhabito in parte succinto”» (p. 55). Tuttavia, tra beffe e burle gli occhi sono rivolti alla bellissima e inviolabile figura della contessa di Sala, Barbara Sanseverino Sanvitale, signora di Colorno, donna di grande charme, «la più bella e più fresca che mai» (p. 53), insaziabile di banchetti, balli, bevute e licenziosità altrui. 

Nata nel 1550 o 1551 a Milano, discendente di una delle più illustri famiglie del Regno di Napoli – protetta da Ottavio Farnese, secondo duca di Parma – prima sposa del duca Gilberto Sanvitale, da cui successivamente richiederà l'annullamento del matrimonio per consanguineità, poi consorte del conte Orazio Simonetta, Barbara Sanseverino è di indole frivola e con «la propensione a gettarsi dietro le spalle angosce pene e ad annegarle negli svaghi» (p. 26). 
A presentarci l’astro indiscusso di stravaganze e intrighi di corte, donna di grande intelligenza, cultura e spregiudicatezza, la quale ispirò la sensuale, generosa e intrigante duchessa Sanseverina, creatura dei coups de théâtre stendhaliani in La Certosa di Parma, è Gigliola Fragnito con uno studio appassionato e meticolosamente documentato, pubblicato da Il Mulino: La Sanseverino. Giochi erotici e congiure nell'Italia della Controriforma. 

Come già suggerisce il titolo, il talento della contessa risiede nel mondo della perdizione più sfrenata, in cui riveste un ruolo dominante e indispensabile. «La Sanseverino ha l'arte di organizzare divertimenti, incontri altrui, ma rimanendone, almeno questa è l'impressione che io ho avuto, sempre al di fuori, sempre distaccata», dice la professoressa Fragnito in un recente incontro (andato in diretta su Facebook) organizzato da Il Mulino. Una donna di una bellezza ineguagliabile, desiderata da uomini potenti e influenti, tra cui i Gonzaga, i Farnese e i d’Este, meritevole dei versi di Torquato Tasso e Muzio Manfredi, eppure così frigida e attenta a non abbandonarsi alle partouzes altrui, «alle quali partecipa soltanto da spettatore, mai collaborando veramente», respingendo tutti i suoi corteggiatori e facendo da intermediaria di amori clandestini tra dame e cavalieri

«Già agli esordi del matrimonio si può scorgere in Barbara una propensione per la mondanità che contrastava con l’immagine della donna […] reclusa nella propria casa, segregata dal mondo corruttore» (pp. 28.29). Al contrario, la Sanseverino quell’universo corrotto lo affronta con sorprendente lucidità e con l’abilità di una stratega infallibile, costruendo reti di utili relazioni, stabilendo rapporti privilegiati con i Farnese, e riducendo «i confini porosi tra sfera privata e sfera pubblica» (p. 28). 
Inoltre, la Controriforma e i “gran cardinali” non sembrano essere indispettiti dai ricevimenti della signora di Colorno, la quale si dedica anche a manifestazioni di devozione, nonostante i libri in suo possesso insegnino l’arte dei lavori a maglia anziché l’adorazione e la fede. 

Lo scrigno dei suoi rapporti preziosi è la Rocca di Colorno, oggi Palazzo Ducale di Maria Luigia d'Austria duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla, animata da distrazioni giocose, appuntamenti segreti e da un’intensa attività culturale, di cui gode assiduamente il principe Vincenzo Gonzaga, a cui la contessa garantisce «un riparo sicuro non solo per le sue tresche amorose, ma anche per gli omicidi di cui si era macchiato» (p. 72). Ma la generosità di Barbara Sanseverino non è solo mossa da interessi di potere. Secondo la professoressa Fragnito, si tratta di «una donna di una grande generosità, di una grande affettuosità» nei confronti di sua madre, sua sorella, dei suoi figli e nei confronti del principino di casa Farnese a cui manda giocattoli. 
«Sebbene negli ultimi decenni si sia assistito a una profonda revisione storiografica del ruolo svolto dalle donne nella sfera pubblica e in quella domestica e sia stata sfumata l'immagine di creature a tutti gli effetti inferiori agli uomini, docili, umili e sottomesse all'autorità maschile, la Sanseverino non appare inquadrabile in nessuna tipologia femminile rappresentata in questo indirizzo di studi» (p.98). 
La contessa di Sala è una donna complessa e completa. Usa le sue doti femminili per raggiungere gli obiettivi preposti per se stessa e per il futuro della sua famiglia, della sua dimora. Colorno è la sua anima, il suo rifugio, è il teatro in cui mette in scena i suoi piani. Chissà chi sarebbe oggi Barbara Sanseverino: un’abile leader politico, un’imprenditrice di grande successo, o una di quelle controverse femmes fatales della televisione oltremodo luminosa? Tuttavia, non vi è dubbio che sarebbe sicura delle sue idee, anche se volutamente smaliziate.
Altresì, la frigidità della Sanseverino nei confronti della concreta perdizione la rende ancor più carismatica e attraente, poiché si pone al di sopra delle debolezze e dei vizi umani, controllandoli e dirigendoli con l’abilità di un burattinaio, e allo stesso tempo facendone parte e donando ai suoi ospiti la propria cultura, l’intelligenza e tutta la sensualità seppur inafferrabile. 

Ma la diversità e la tenacia tutta femminile della contessa a sopravvivere in un mondo maschile, non aiuta il suo paradiso del vizio a evitare la minaccia dalla politica antifeudale di Ranuccio I Farnese, ossessionato dal desiderio di reprimere duramente i poteri della nobiltà feudale. Non solo, dalle pagine attente di Gigliola Fragnito, sembra che il duca sia perseguitato in modo preoccupante dalla potenza mondana di Barbara Sanseverino, tanto da farla seguire ovunque, per paura di una congiura contro di lui. «Non giova esser donne, né dame hoggidì» (p. 101), direbbe infastidita la contessa di Sala, consapevole che il tormento di Ranuccio non le ridarà più il suo mondo sfarzoso e lussurioso, non le ridarà più la sua vita. 
«Era ancora bella Barbara Sanseverino quando, sessantenne, il 19 maggio 1612 salì sul patibolo allestito nella Piazza Grande di Parma, seguita dal marito, dal figlio, dal nipote e da altri signori feudali parmensi rei di lesa maestà nei confronti di Ranuccio I Farnese, duca di Parma e Piacenza» (p. 7). 

 Olga Brandonisio