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#Sciascia100 - Il tenace concetto mette a confronto Sciascia e suo nipote

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Il tenace concetto Leonardo Sciascia



Il tenace concetto

Leonardo Sciascia: la letteratura, la conoscenza, l’impegno civile
di Fabrizio Catalano, Alfonso Amendola, Ercole Giap Parini
Rogas Edizioni, 2021

pp. 120

€ 11,70 (cartaceo)



In occasione del centenario della nascita di Leonardo Sciascia, l’8 gennaio, il mondo della cultura finalmente si mobilita e dedica pagine e inserti al grande scrittore, che meglio di chiunque altro ha raccontato il suo tempo nel segno della verità e della giustizia. Tra i vari contributi, particolarmente prezioso è il volume che il nipote Fabrizio Catalano dedica al nonno Leonardo, scrivendolo con due sociologi, Ercole Giap Parini e Alfonso Amendola. 

L’intento di questo libro-intervista, che come ha confidato il suo autore, è stato pensato sul modello di “Fuoco all’anima”, la Conversazione tra Sciascia e Domenico Porzio, pubblicata nel 1992, e contiene delle interessanti riflessioni, sia perché Catalano ci restituisce un ritratto intimo di Sciascia, sia perché si riesce ad andare oltre l’estremizzazione che in questi anni si è avuta del canone sciasciano, come  mi ha raccontato, parlando del libro, qualche giorno fa:

“Erano anni che tutti mi chiedevano di raccontare di mio nonno, ma non è facile per me parlarne senza sembrare un profittatore, l’idea di avere un approccio diverso, coinvolgendo due sociologi, è venuto all’editore Simone Luciani, con cui ci siamo conosciuti anni fa a Roma, proprio perché la sua casa editrice nasce omaggiando Rogas del Contesto; perché mi pare che in più di Trent’anni la comunicazione su Sciascia risenta di due difetti, andare sempre sul côté polemico ed essere trattato, nei salotti più paludati, come classico”.


Una società in cui manca il ruolo dell’intellettuale dissidente è inoltre una società in cui non c’è più l’abitudine a diffidare, che poi sarebbe il compito della cultura, secondo Catalano:

“In una società senza Sciascia, senza Sartre e altri è possibile non solo la diffusione del virus ma anche che il Parlamento Europeo adotti dichiarazioni deliranti come quella che il Comunismo venga condannato alla stregua del Nazismo; il Comunismo per la Cecoslovacchia e l’Ungheria ovviamente è una cosa, però è anche tanto altro, è la liberazione delle ex colonie in Africa, è il diritto dei contadini nei paesi dell’Europa occidentale; semmai dovremmo stabilire se i gulag sono Comunismo”.

Tornando al libro, il lettore troverà, dopo una nota dell’editore sul progetto, le riflessioni di Giap Parini sono incentrate sul tema della passione civile, in anni difficili per l’Italia, dagli anni Cinquanta agli Ottanta; con la Sicilia che diventa metafora delle cose del mondo, e in cui il sociologo mette in evidenza come essere uno scrittore impegnato non sia per nulla facile

La letteratura, per sua natura finzionale, diventa allora strumento di resistenza proprio alla menzogna del potere. Una letteratura guidata dalla ragione, consuetudine che viene a Sciascia dalla lunga frequentazione con le lettere degli illuministi, soprattutto di matrice francese. Insieme al suo pessimismo. (p. 17)

Ecco che passando in rassegna i testi in cui questa corda civile si fa posizione e cardine, come l’affaire Moro, il Contesto e Todo Modo, si vede come Sciascia fosse in grado di fare “la radiografia” al potere. Su tutto si instilla però anche il dubbio, che fa il paio con un acuto pessimismo della ragione. Molto interessante il recupero in senso sociologico di un libro come “il giorno della civetta”, in cui la lungimiranza di Sciascia è ben nota ma anche il coraggio nel definire il fenomeno mafioso come sistema. Si passa in rassegna anche “il caso Majorana” come paradigma di probabilità dentro la complessità delle diverse verità che sono emerse negli anni su questo episodio. L’incredibile sincretismo che Sciascia riesce a fare condensando letteratura, conoscenza e vita ridà la misura della sua grandezza.


Nella seconda parte “Radice e candore del vero”, c’è il dialogo con Fabrizio Catalano, e nei dialoghi corali tra gli studiosi, l’editore e l’autore, si mette a confronto il mondo del nonno con la contemporaneità del nipote; peraltro Fabrizio Catalano è autore e regista,  e nel suo contributo spazia dalla letteratura alla verità, dal ruolo dell’intellettuale fino ad episodi di vita più intima, dalla rottura dell’amicizia tra Guttuso e Sciascia, al rapporto di quest’ultimo con il potere e i potenti, con la politica e i politici. 


In questa conversazione a più voci, Fabrizio Catalano assume il ruolo di “portavoce” e interprete dell’eredità sciasciana, con arguzia, rispetto e delicatezza. Senza far mancare al dialogo delle considerazioni personali molto pregnanti che servono a far luce su alcuni aspetti dell’uomo e dello scrittore. Si entra poi in alcune stanze della vita del grande scrittore, lo studio della casa di Palermo o la scrivania alla casa del Noce, accompagnati da un nipote che ci racconta come Sciascia catalogasse i libri o quali autori, più di altri, considerasse maestri, fino ad arrivare al campo delle arti visive, che poi è il campo anche di Catalano, con cinema e teatro e il rapporto strettissimo che entrambi hanno con questi linguaggi.


L’ultima parte è quella di Alfonso Amendola, che inquadra la questione parlando dell’opera di Sciascia come capace di dialogare con tutti i generi espressivi esistenti nel Novecento, quindi l’indagine si sposta sull’arte, sulla Spagna, sul fumetto, sul cinema, e su altri immaginari, tracciando una “cartografia”  essenziale che possa indicare al lettore la strada da seguire, e agli studiosi le enormi potenzialità che l’indagine su questo scrittore, assolutamente unico nel panorama del Novecento, è ancora in grado di riservarci.


Samantha Viva