Nessuno sfugge all'amore: nuove frontiere di maternità e di famiglia ne "La figlia unica" di Guadalupe Nettel

La figlia unica
di Guadalupe Nettel
La Nuova Frontiera, settembre 2020 

Traduzione di Federica Niola 

pp. 224
€ 16,90 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)

«[...] Inés è venuta al mondo per insegnare una cosa importante.»
«E credi che sia vero?» ho domandato. 
«Be', a me ha insegnato molte cose. Tra le altre che l'amore arriva nei modi più inattesi, e che tutto può cambiare da un momento all'altro. In bene e in male.»
(pp. 204-205)

La figlia unica di Guadalupe Nettel è un libro-regalo. 
Un regalo che ci ha fatto l'autrice donandoci una storia che parla di donne nel più autentico dei modi in cui è possibile parlare di loro. Donne reali, lontane da ogni retorica esistente sulla femminilità. Tutto questo è quanto mai prezioso, oltreché raro. 
Luminosa voce della letteratura latinoamericana contemporanea che i lettori italiani hanno già potuto leggere nelle raccolte di racconti pubblicate da La Nuova Frontiera (Petali e altri racconti scomodi e Bestiario sentimentale) e in due dei suoi romanzi editi da Einaudi (Il corpo in cui sono nata e Quando finisce l'inverno), Nettel propone in questo libro un'indagine emotiva della maternità in tutte le sue sfaccettature. E con essa, come conseguenza, indaga anche le tante forme possibili di famiglia, le nuove frontiere della famiglia

Un maestro incisore, il Giappone e le sue sessanta province: il capolavoro di Utagawa Hiroshige in un nuovo raffinato cofanetto L'ippocampo


Hiroshige.

Paesaggi celebri delle sessanta province del Giappone
a cura di Anne Sefrioui
traduzione dal francese di Margherita Botto

L’ippocampo, 2020


Cofanetto con:
pp. 40 (opuscolo)
pp. 196 (stampe)

€ 29,00 (cartaceo)

Dall’autore di un album di successo come Paesaggi celebri delle sessanta province del Giappone, apparso in patria tra il 1853 e il 1858, ci si aspetterebbe come minimo l’indole nomade del viaggiatore e del pellegrino oltre che quella curiosa di chi, pur esplorando un territorio di appartenenza, si facesse etnografo di se stesso grazie alle risorse offerte dal disegno, dall’incisione e dalla stampa. Non fu proprio questo, invece, il caso di Utagawa Hiroshige (1797-1858), tra i più importanti esponenti dell’ukiyo-e, ovvero di quel movimento artistico dell’Estremo Oriente interessato alla resa delle “immagini del mondo fluttuante” e in cui anche il paesaggio, lungi dall’essere un mero fondale, divenne a poco a poco protagonista di per sé (al punto da dare vita a un genere autonomo, il meisho-e, avviato e fiorente fin dai primi decenni del XIX secolo). Ispirato a opere già esistenti, ovvero ad alcuni album regionali tra cui spiccano soprattutto i Paesaggi straordinari di montagne e di acque di Kyokkō Fuchigami (1753-1816) pubblicati nel 1800 e 1802, il lavoro che consacrò Hiroshige poco prima della morte non fu dunque il frutto originale di un’esplorazione diretta, ma si innestò palesemente e liberamente su una maniera altrui risalente a decenni prima. Quale fu, dunque, il segreto del suo successo nonché la ragione che ne fece uno degli artisti più influenti in Europa di lì a poco? Una risposta efficace potrebbe essere: il perfetto connubio di tradizione e innovazione (non disgiunto da un sentimento specialissimo e “religioso” della natura). Da una parte, difatti, ci fu la rielaborazione personale dei soggetti, dall’altra l’introduzione di accorgimenti compositivi e tecnici inediti: tutte caratteristiche ben apprezzabili ancora oggi nel volume che L’ippocampo ha appena pubblicato in omaggio al maestro giapponese.

"Il richiamo di Alma": lasciarsi vivere nella Trieste magica e reale di Stelio Mattioni

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Il richiamo di Alma 
di Stelio Mattioni 
Cliquot Edizioni, dicembre 2020 

pp. 164 
€ 16,00 (cartaceo) 
€ 5,99 (e-book) 


Un uomo racconta, da adulto, una strana vicenda capitatagli da ragazzo. Figlio di una famiglia borghese come tante, nato e cresciuto a Trieste, il protagonista, all’epoca della narrazione uno studente, passa volentieri il suo tempo dalla zia Francesca, dove la madre lo invita caldamente ad andare a mangiare, troppo presa dai suoi impegni in società per potersi occupare dei figli ormai grandi. Il padre, un uomo austero e severo, chiuso nel suo mondo, cerca di imporre il suo modo di vivere ai figli e alla moglie, ottenendo come unico risultato il loro progressivo allontanamento. Il fratello Carlo, avvocato di certo non per vocazione, cerca in ogni modo di trasformare l’avvenimento più banale in una causa da portare in tribunale, dove poter finalmente mostrare la sua inesistente capacità in materia giuridica. E infine la sorella Nerina, che vive a Roma, ci viene presentata come una profittatrice, che torna dalla sua famiglia solo quando ha bisogno di aiuto economico. Sposata con un uomo di colore e con un figlio piccolo, di nome Cirillo, la donna viene vista come una disgrazia per la famiglia, che a fatica accetta la presenza di una persona di colore in casa sua. È in questo ambiente famigliare un po’ oppressivo ed egoista che il protagonista, di cui non conosciamo il nome, cresce e si forma. Si trova però più a suo agio nella casa della zia, dal cui giardino può perdersi a studiare o semplicemente osservare in lontananza il sottile confine tra cielo e mare, che nelle giornate più soleggiate sembra quasi non esistere. 

Fuga dall'Inferno: sui passi di Dante con Luca Tarenzi, "L'ora dei dannati"

L’ora dei dannati. L’abisso

di Luca Tarenzi
Giunti, 2020

pp. 414
€ 16,00  (cartaceo) 
€ 9,99 (ebook)


C’è grande agitazione nel profondo degli inferi. È da un po’ ormai che si può assistere a strani movimenti, a un sospetto assembrarsi degli Spezzati intorno alla porta. Si vocifera di una guerra da combattere, e le anime dannate vengono gettate nel mondo di sotto con una frequenza inconsueta. Questo è ciò che fa pensare a Pier delle Vigne che sia giunto il momento di attuare il suo piano, la grande evasione a lungo pianificata. Per farlo, però, ha bisogno dell’aiuto di Virgilio: a dispetto della sua straordinaria intelligenza, prigioniero della Selva dei Suicidi, le membra da secoli irrigidite in rami d’albero, il notaio di Federico II non può agire da solo, per quanto sappia che è pericoloso all’Inferno fidarsi del prossimo. Si crea così un’inaspettata combriccola di fuggitivi, costituita da personaggi noti a chiunque abbia qualche reminiscenza della terza superiore. Luca Tarenzi ci riporta infatti nei luoghi della prima cantica della Commedia dantesca, di cui riesce a ricreare efficacemente le atmosfere. Si percepisce, nella ricostruzione e nella descrizione degli ambienti infernali, l’opera di ricerca e di studio che precede la scrittura e offre solide fondamenta all’impianto narrativo. Sotto la penna abile dello scrittore, i personaggi acquistano spessore: il poeta latino che, dopo aver accompagnato Dante nel suo viaggio e aver visto la luce dei regni superiori, si è trovato a non poter rientrare nel Limbo, e da allora è costretto a vagare tra i diversi cerchi senza appartenere a nessuno; Bertran de Born, combattente e letterato provenzale, uomo integro e dannato pur avendo agito secondo coscienza; l’iracondo Filippo Argenti, pronto a esplodere in violenti attacchi di rabbia di fronte a ogni contrattempo; e infine Ugolino, inquietante nella sua follia silenziosa, nelle potenzialità segrete della sua fame divorante. 

La quotidianità recisa da un "colpo di lama". Il noir di provincia di Mauro Covacich

Colpo di lama

di Mauro Covacich
La nave di Teseo, settembre 2020

pp. 153 
€ 17,00 (cartaceo)



Sembrerebbe un uomo realizzato, l’architetto Fabbretto, narratore di questo breve romanzo giovanile di Mauro Covacich e ulteriore riflesso dell’io autoriale (si sente ancora una volta il “fabbro” che risuona nel cognome dello scrittore triestino, ma questa volta ridotto, sminuito, quasi a dire del fallimento esistenziale del personaggio). Al tempo in cui è ambientata la vicenda, Fabbretto è infatti un giovane rampante, ambizioso, ben inserito nella comunità, attivo nella vita politica di Pordenone, dove riveste il ruolo di assessore alle politiche sociali. Questa sua fama lo ha accompagnato negli anni, fino al presente da cui lui racconta. È in questo presente che può finalmente svelarsi: lui è infatti un professionista che non svolge la sua professione, e si porta dietro le frustrazioni di una carriera mancata (“Io che sognavo di diventare un celebre architetto ho gestito le assegnazioni delle case comunali”, p. 12). Ha sempre vissuto da solo, con il fedele cane Barney, esorcizzando i suoi demoni con lunghe corse serali. Perfetto personaggio pubblico, grazie alla sua capacità di rimasticare la verità prima di esporla all’esterno, di agire con pochi scrupoli e nessun pentimento, da troppo tempo si porta dietro un segreto di cui vuole liberarsi, qualcosa che ha a che vedere con un orribile delitto che ha avuto luogo undici anni prima nelle terre dei comboniani e che è stato archiviato senza soluzione. L’opera assume allora la forma di una lunga confessione al questore, senza peraltro che in questo ci sia alcun desiderio di redenzione: 
Per ciò che sto per dire non chiedo a nessuno di capirmi, a nessuno chiedo perdono. [...] Credo [...] che il mondo marcirà da solo, lentamente, come una mela bacata, prima che qualcuno venga a giudicarci. Per quel che mi riguarda, voglio soltanto raccontare come sono andate le cose. (p. 14)

Nella realtà tentacolare di Bogotá: il romanzo di Carolina Sanín

 

Gli occhi delle balene
di Carolina Sanín
traduzione di Ilia Pessoa
Mendel, 2020

pp. 148
€ 17,10 (cartaceo)

 

Si domandava se Fidel sarebbe, un giorno, cresciuto e come avrebbe fatto a rendersene conto. Cercava di immaginarselo adulto. Sentiva che, ormai, il bambino aveva raggiunto l’età nella quale non si fa nulla che si smetterà di fare. Ogni novità sarebbe stata rappresentata dalla sola uscita di scena di personaggi che portava scritti dentro e dei quali non sapeva nulla. (pp. 91-92) 

Questa recensione necessita di un piccolo cappello: è nata da poco una nuova casa editrice indipendente, la Mendel edizioni, la quale si presenta con un assetto grafico quantomeno interessante, che viene esposto al lettore sul sito dell’editore in questo articolo. Tre almeno sono gli elementi distintivi che emergono in maniera prorompente: la scelta di non giustificare il testo, che getta l’occhio sulla «importanza del “tornare a capo”», il rientro ampio e la valorizzazione dello spazio bianco, che invece hanno molto il sapore della poesia.

Suicidio o omicidio ben architettato? Geli, l'amore malato di Hitler, è "L'angelo di Monaco"

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L'angelo di Monaco
di Fabiano Massimi
Longanesi, 2020

pp. 489
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)


È la realtà a superare la fantasia o viceversa? Nel romanzo di Fabiano Massimi, L'angelo di Monaco, uscito quest'anno per Longanesi, realtà e fantasia si rincorrono, si fronteggiano e lottano per imporsi. L'autore parte da un fatto incontrovertibile, ormai consegnato da tempo alla Storia: la morte di Angelika Raubal, detta Geli, nipote prediletta di zio Alf, al secolo Adolf Hitler.
Siamo negli anni 30 del secolo scorso. A Monaco sono anni cruciali, e non solo in Germania per la verità: il nazismo è in ascesa e di lì a due anni Adolf Hitler, nel gennaio del 1933, sarebbe stato nominato Cancelliere del Reich.

Privati del fiore della giovinezza con l'inganno: "Soldati di sventura" di Luca Fregona

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Soldati di sventura

di Luca Fregona
Athesia Tappeiner Verlag, dicembre 2020

pp. 272
€ 12,90 (cartaceo)

 
Beniamino Leoni, Emil Stocker, Rodolfo Altadonna. Questi sono i nomi dei protagonisti dell’ultimo libro di Luca Fregona, nomi che rappresentano un’intera generazione dimenticata, una guerra che in pochi conoscono. Soldati di sventura è diviso in tre capitoli, ognuno dedicato alla personale storia dei tre protagonisti. Si presenta al lettore come un diario di guerra, in cui i protagonisti raccontano la loro esperienza in prima persona di quell’inferno che era la guerra in Indocina, catapultati a 10.000 chilometri da casa e avvolti da quella giungla che non li ha mai lasciati veramente scappare, neanche a distanza di settant’anni. Una giungla che ha soffocato la loro giovinezza, costringendoli a combattere una guerra non loro, spinti dalla fame e dalla necessità di sopravvivere. Sì, perché Beniamino, Emil e Rodolfo scappavano dalla miseria, dalla povertà, e gli sciacalli francesi, approfittando della loro disperazione, riuscirono a convincerli a combattere per la Legion Étrangère in Indocina, contro l’avanzata del Viet Minh, l’esercito di liberazione nazionale vietnamita. In cambio, a questi giovani ragazzi senza speranza, promettevano viaggi esotici e soprattutto una buona paga, vitto e alloggio dignitosi compresi. La ferma era di cinque anni, al rientro avrebbero ottenuto la cittadinanza francese. Quello che i tre ragazzi non sapevano, però, era che non c’era nessuna speranza, venivano semplicemente mandati a morire per una causa che non sentivano neanche come propria, spediti come bestie al macello. La storia di questi ragazzi è praticamente la stessa, stessi anni, stessa guerra, stessa provenienza, stessi viaggi, eppure non si incontrarono mai. Una storia condivisa, di cui Beniamino, Emil e Rodolfo sono i testimoni di morti dimenticati, di una guerra dimenticata. Sentiamo sempre parlare della guerra americana in Vietnam, ma quasi nessuno sa che prima c’è stata una guerra francese, e moltissimi italiani sono finiti a combattere per la Legione straniera. È stata anche una guerra nostra, che si è lasciata dietro fiumi di sangue e figli strappati troppo giovani alla vita e all’affetto dei loro cari.

Sesso, maschi e cavalli: distruggere i confini della maschilità con “L’uomo diventato donna e altri racconti” di Sherwood Anderson



L’uomo diventato donna e altri racconti
di Sherwood Anderson
Marsilio, novembre 2020

Traduzione e a cura di Anna De Biasio 
Con testo a fronte

pp. 200
€ 16 (cartaceo)
€ 2,99 (ebook)


Spesso sono brevi e rapidissime epifanie che cambiano drasticamente le nostre vite, sconvolgendo tutte le nostre certezze. Piccoli dettagli, gesti osservati da lontano, uno scambio di sguardi. Uno scambio di identità. I tre protagonisti de L’uomo diventato donna e altri racconti - la nuova piccola antologia Marsilio dedicata a Sherwood Anderson e curata nei minimi dettagli da Anna De Biasio – sono alle prese con degli accadimenti che hanno scosso profondamente le loro vite e che ora, a distanza di anni e con uno sguardo retrospettivo, cercano misteriosamente di spiegare a sé stessi e, implicitamente, al lettore con il quale intrecciano un importante dialogo. Quello che sconvolge i personaggi nel fior fiore degli anni riguarda una materia che difficilmente viene collegata al mondo dei cowboy e dei cavallerizzi americani dei primi decenni del Novecento: il multiforme aspetto dell’amore, i segreti e le sorprese del sesso, e le domande su cosa significhi essere concretamente uomo, donna o animale.

Ci troviamo nel mondo delle racetrack stories, brevi racconti dedicati all’universo delle corse ippiche, degli stallieri, dei garzoni, degli allenatori e dei cavalli da competizione che tanto hanno affascinato Anderson da giovane e che hanno irreversibilmente influenzato il suo immaginario. In queste brevi storie, i protagonisti passano dall’adolescenza al mondo adulto attraverso il contatto “traumatico” con il corpo e la sessualità che li conducono ad esplorare in modo intimo come il maschile e il femminile si definiscono e, spesso, si sovrappongono, cancellando i labili confini tra quello che chiamiamo “uomo” e “donna”. La traduttrice Anna De Biasio, indagando tra gli scritti personali dell’autore, afferma che Anderson stesso collegava la creazione letteraria al cambio di genere, in cui il corpo dello scrittore si tramuta in quello di una donna incinta che inizia a sentire la piccola nuova vita muoversi dentro il suo grembo: «Di notte, disteso nel letto, potevo sentire i calcagni della storia scalciare contro le pareti del mio corpo» (p. 22). E da questa lunga gestazione sono nati tre racconti che sovvertono le “normali” questioni di genere, di sesso e di identità.

"Una mela al giorno" leva il medico di torno e mette il proverbio di mezzo: 26 vecchi adagi spiegati da Michela Tartaglia e Daniele Simonelli


Una mela al giorno.
Proverbi e modi di dire dal mondo

testi di Michela Tartaglia
illustrazioni di Daniele Simonelli
Nomos Edizioni, 2020

pp. 143
€ 19,90 (cartaceo)


Una laurea in filosofia a Bologna, un amore per la cucina che l’ha portata ad avviare una serie di esperienze imprenditoriali a Seattle culminate nella scuola “Cucina Casalinga” (cucinacasalinga.org) e nel corner dedicato alla pasta fatta in casa “Pasta casalinga” (pastacasalingaseattle.com), ma soprattutto una passione per i proverbi e per la loro versione non italiana che risale ai tempi del liceo, quando si dilettava a ricercarne o inventarne la traduzione latina. Se quello di Michela Tartaglia vi sembra un curriculum un po’ bizzarro, leggendo il suo Una mela al giorno si capisce come in realtà tutto concorra a perfezione nel dare vita a questo volumetto appena dato alle stampe da Nomos Edizioni, realizzato con la collaborazione di Marianna Rossi e arricchito dalle illustrazioni di Daniele Simonelli. Un libro che, a dispetto del titolo da pubblicazione salutista (e che forse è semplicemente un omaggio alla passione dell’autrice per il cibo in funzione identitaria), si occupa di lingue e linguaggi, più precisamente proprio di “vecchi adagi”. Perché non c’è niente che sappia esprimere lo spirito di una comunità che parla e scrive allo stesso modo come un bel motto locale, e perché questi ultimi fanno parte della nostra quotidianità molto più di quanto pensiamo.

Vedere noi stessi attraverso il riflesso della Natura e imparare a camminare nuovamente: "Una passeggiata d'inverno", di Henry David Thoreau



Una passeggiata d’inverno
di Henry David Thoreau
La Nuova Frontiera, novembre 2020

Traduzione di Tommaso Pincio; illustrazioni di Rocco Lombardi

pp. 128
€ 15,50 (cartaceo)


Da quando è iniziata la pandemia, abbiamo dovuto necessariamente rivalutare gli spazi che eravamo soliti occupare e i movimenti che in essi erano implicati. Da copri dinamici che si scontrano gli uni con gli altri nella frenesia di metro, tram, macchine e corse a perdifiato, ci siamo trasformati in corpi statici, stretti tra le quattro pareti della nostra casa che abbiamo imparato a conoscere come fossimo ciechi: attraversiamo il suo spazio ad occhi chiusi, non serve nemmeno tastare il muro per capire se stiamo andando nella direzione giusta. Il nostro corpo si è adattato alle nuove traiettorie della casa: stanza, bagno, cucina, salotto. Corridoio. Stanza di nuovo. Dalla dimensione socio-urbana, siamo stati proiettati in quella domestica. Disteso a letto, guardo fuori dalla finestra e vedo il ramo di un albero squarciare l’orizzonte invernale che mi sovrasta. Ma c’è una dimensione che ci sfugge. Uno spazio che ci ha sempre circondato ma che per mancanza di tempo (o di voglia) non abbiamo mai apprezzato e che ora ci chiama bisbigliano, come se quel ramo fuori dalla mia finestra fosse un braccio nodoso con le estremità che si trasformano in dita che, leggermente, mi invitano ad uscire e scoprire il mio giardino che sprofonda, giorno dopo giorno, nel cuore dell'inverno. Fissando l’albero fuori dalla finestra, ho cominciato la lettura di Una passeggiata d’inverno di Henry David Thoreau.

#CriticaLibera - Ho scelto il mio posto, è nel mistero. “Sempre ateo, grazie a Dio”, le vigorose idee di Luis Buñuel

sempre ateo grazie a dio luis bunuel



Sempre ateo, grazie a Dio
di Luis Buñuel
Edizioni E/O, ottobre 2020
PBM diretta da Goffredo Fofi

pp. 96 

€ 8,00 (cartaceo)

«Pochi artisti del nostro secolo hanno, come lui, così mirabilmente e anticamente descritto le passioni umane e le loro miserie, l’impossibilità delle liberazioni individuali (e le mitizzazioni di queste), così come l’impossibilità di soluzione dei conflitti che oppongono la realizzazione individuale della società, a qualsiasi società organizzata, di per sé costrittiva e oppressiva, così come l’inanità degli slanci migliori dell’individuo e alla solidarietà e alla trasformazione. Restava in lui, o ritornava, qualcosa di un pessimismo in definitiva cattolico. L’uomo non ha riscatto».
Era il 1995 quando Goffredo Fofi scriveva di Luis Buñuel in Come in uno specchio: i grandi registi della storia (Donzelli). È ottobre del 2020 quando lo stesso Fofi cura e dirige per la collana PBM (Piccola Biblioteca Morale), edita da E/O, la pubblicazione di Sempre ateo, grazie a Dio, una breve raccolta delle «più franche espressioni della filosofia bunueliana tratte dalle interviste concesse a chi egli sentiva più vicino» (p 8). 

«Disegnare significa decidere»: le cartine de "L’atlante storico mondiale" trasformano la narrazione storica in verità concreta

Atlante storico mondiale
di Christian Grataloup
L'Ippocampo, novembre 2020

Traduzione di Giovanni Zucca e Rossella Savio

pp. 656 
€ 29,90 (cartaceo)


L’approccio del lettore a un atlante è estremamente diverso rispetto a quello che avrà il lettore di un saggio storico. La tendenza a sfogliare, anche ad aprire pagine a caso, a lasciare l’occhio vagare per la pagina, saltellando qua e là tra la legenda e la cartina, e tra la cartina e i trafiletti, contraddicono la necessaria linearità del saggio, in cui un evento principale in combinazione con altre condizioni causerà una certa quantità di eventi secondari, e così via. Per questo, forse, la decisione di Christian Grataloup di raccogliere le cartine pubblicate nella rivista storica L’Histoire è così affascinante: togliendo la linearità temporale in favore della dilatazione spaziale, la libertà combinatoria dei lettori è totale. Poco importa se siano appassionati che si concedono due-tre cartine al giorno come una caramella, o che siano piuttosto professionisti del campo alla ricerca di una certa visualizzazione di alcuni eventi storici.

“Ognuno solo con se stesso”: la nuova raccolta di poesie di Cees Nooteboom, congedo o testamento?


Addio. Poesia al tempo del virus
di Cees Nooteboom
Iperborea, novembre 2020


Con testo a fronte.
Traduzione di Fulvio Ferrari
pp. 96


11,00 € (cartaceo)
9,99 € (ebook)


Ne abbiamo viste tante in questi mesi. Stanchezza, esasperazione, paura, insofferenza: sentimenti che hanno attraversato e attraversano il nostro cervello almeno una volta al giorno, sentimenti che spossano e che ci fanno sentire esausti. Il ricordo del primo lockdown che sembrava ormai lontano. Il breve respiro estivo di spensieratezza apparentemente legittimata che viene poi brutalmente cassato da una nuova ondata e dal ritorno della fiumana di problemi e brutte immagini già vissute in primavera. Perché sto scrivendo questo, vi chiederete? Un riassunto iterativo di situazioni reali e comunemente vissute, ma che fa da ponte al testo di cui vi parlo oggi: Addio, la raccolta di poesie dell’autore olandese Cees Nooteboom pubblicato da poco da Iperborea. Il sottotitolo, Poesia ai tempi del virus, potrebbe collocarlo tra quei cosiddetti instant books tanto in voga negli ultimi mesi, che hanno soddisfatto il bisogno degli autori di esprimere e condividere le loro impressioni sul presente e, di rimando, dei lettori, che hanno accolto, rimaneggiato e immagazzinato le riflessioni ricevute attraverso il filtro della propria individualità.

Poeta, giornalista, narratore di cronache di viaggio e di finzione, la voce di Cees Nooteboom risuona chiara e distinta in questa breve raccolta di versi contemporanei. In una forma poetica simile un sonetto spezzato e che concede all’ultima quartina solamente un verso solitario, l’autore racconta del presente, delle visioni del passato e dell’aspettativa discendente del futuro. Questa declinazione temporale è accompagnata dalla presenza di immagini vive, dinamiche e al contempo statiche e contemplative. La voce narrante dipinge presenze umane e naturali: un uomo in un giardino d’inverno che riflette sul senso e sulla fine, comparando involontariamente la propria immobile caducità alla natura in movimento costante e irrefrenabile.

In compagnia di Chiara Francini: "Il cielo stellato fa le fusa"


Il cielo stellato fa le fusa
di Chiara Francini
Rizzoli, dicembre 2020

pp. 336
€ 17,10 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Conosciamo tutti il volto e la bravura di Chiara Francini, attrice tra le più eclettiche e raffinate del giorno d’oggi, capace di cambiare mille identità e mantenere sempre la stessa incredibile eleganza. Di lei è facile ammirare la sua voce aggraziata, i modi pacati e la compostezza che mantiene sia nelle parti che interpreta sia nelle interviste che le fanno in prima persona, tuttavia forse non ancora tutti sanno che la Francini è anche una bravissima scrittrice.

La sua ultima uscita, Il cielo stellato fa le fusa, è un divertente libro ispirato al Decameron di Boccaccio. Senza entrare troppo nei dettagli, per non rovinarvi la sorpresa, l’autrice immagina i suoi personaggi in una tenuta toscana di campagna, dopo gli stessi sono stati fermati da un improvviso blocco degli spostamenti. Costretti a passare una settimana in una tenuta, in cui si sarebbe dovuto tenere un congresso a tema alimentare-culturale, i personaggi si organizzano per intrattenersi l’un l’altro. Cosa fare dunque, se non inspirarsi alla celebre opera di Boccaccio e raccontarsi storie?

«Mi piace tornare a casa per Natale. A tutti succede o, almeno, così dovrebbe essere»: alcuni appunti per un Natale in compagnia di Charles Dickens


Qualche giorno fa Papa Francesco ha invitato a vivere questo Natale 2020 nel segno del suo reale significato. L’esortazione del Pontefice vuole focalizzare l’attenzione su tutti quei valori del Natale che non comportano un atteggiamento consumistico. Davvero difficile da mettere in pratica, visto che ogni singolo momento della festività (che siano i momenti conviviali o lo scambio di doni) è perfettamente integrato nelle nostre società basate sul consumo e il libero mercato. Ma, a margine di questo appunto, verrebbe da chiedersi quali siano i valori che realmente associamo al Natale e, di conseguenza, quale sia la loro origine.

Rispondere a questi interrogativi non è cosa semplice e, allo stesso tempo, questo spazio non sarebbe quello opportuno per farlo. Tuttavia, la riflessione del Papa mi ha spinto a ritornare sul titolo di un film uscito qualche anno fa: Dickens – L’uomo che inventò il Natale. La pellicola ricostruisce in maniera fantasiosa la genesi di uno dei racconti natalizi più noti in Occidente, Il canto di Natale di Charles Dickens, pubblicato nel 1843. Complice una fortunata versione Disney, la maggior parte di noi conosce la storia del vecchio avaro Ebenizer Scrooge e della sua redenzione, avvenuta grazie alla visita di tre spiritelli durante la notte del 24 dicembre. 

“Vento dell’ovest” di Samantha Harvey, il romanzo del «contemptus mundi» medievale



Vento dell’ovest
di Samantha Harvey
Neri Pozza, novembre 2020

Traduzione di Massimo Ortelio

pp. 304
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Ci troviamo nella contea inglese del Somerset, XV secolo. Oakham è un piccolo villaggio attraversato da un fiume manso e tranquillo d’estate, impetuoso e violento durante il periodo invernale delle piogge torrenziali. Il villaggio è tagliato fuori dal mondo perché non esistono ponti che colleghino Oakham con i territori circostanti. Gli abitanti sono poveri contadini spaventati dagli spiriti cattivi che abitano le sponde del fiume, dalle superstizioni popolari, dalle tentazioni del diavolo e dalle relative punizioni di Dio. All’alba del Martedì grasso del 1491, il parroco John Reve viene svegliato dalle urla del giovane Herry Carter, il quale giura di aver visto un annegato giù al fiume. Reve si precipita nel luogo indicato per impartire al morto l'estrema unzione. Al suo arrivo, del corpo non resta altro che una camicia di lino tra i giunchi e che può appartenere solamente a una persona: Thomas Newman, il  ricco benefattore di Oakham scomparso ormai da due giorni. Così inizia Vento dell’ovest, l’ultimo insolito e affascinante romanzo di Samantha Harvey, docente di scrittura creativa presso l’Università di Bath.

"Da quando ci sono le serie tv, non leggo più niente" - Guida tascabile per maniaci delle serie tv

Guida tascabile per maniaci delle Serie TV
di The 88 fools con Giorgio Biferali 
Edizioni Clichy, 2020

pp. 504
€17 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)


«”Bisogna inventare i pannolini per noi giovani”, diceva il personaggio di un racconto di Aldo Nove”», dice Giorgio Biferali nella sua introduzione alla Guida tascabile per maniaci delle Serie TV, messa a punto insieme al collettivo di giovani romani The 88 fools e appena pubblicata dalle Edizioni Clichy - nella deliziosa collana Beaubourg che ospita guide tascabili per maniaci di vario genere.  

Inevitabile tornare col pensiero a David Foster Wallace, allo scherzo infinito, ai suoi schermi che proiettano l’intrattenimento che ti fa dimenticare, letteralmente, di alzarti dalla poltrona per espletare qualsivoglia bisogno fisico, fino alla morte. 
Senza arrivare a esiti tragici, senza dubbio le serie tv, di cui DFW stesso era gran consumatore  (pare che la preferita fosse The Wire, e stiamo parlando di anni in cui non c’era ancora Netflix) godevano di una grandissima popolarità già prima dell’avvento della grande pandemia. 
Oggi possiamo affermare che il binge watching - espressione che denota perfettamente l’idea della voracità e del consumo divenuto tipico, dell’abbuffata di puntate - rientra di diritto fra gli sport più praticati di questi nostri anni Venti. 

Christmas with Louisa: in “Storie di Natale”, l’autrice di “Piccole donne” dipinge il periodo delle feste con la sua saggia inventiva


Storie di Natale. Racconti inediti
di Louisa May Alcott 
Edizioni Clichy, novembre 2020

Traduzione di Giovanni Maria Rossi e Francesca De Luca

pp. 232
14,00 € (cartaceo)
6,99 € (ebook)


Anche quest’anno sta per giungere al termine. Un anno trascorso per la maggior parte tra le quattro pareti delle nostre rispettive case e in cui baci e abbracci sono stati tendenzialmente scarsi. Per un questo Natale così fuori dal comune non abbiamo bisogno di altro se non di conforto e calore, elementi che la buona narrativa provvede sempre a regalarci. Tra le voci che faranno vivere le feste in modo più sereno e rassicurante, grazie a Edizioni Clichy, troviamo quella di Louisa May Alcott, madre premurosa delle Piccole donne, che è nuovamente in libreria con un volumetto di racconti, quasi tutti inediti, dedicati a questo particolare periodo dell’anno. 

Inserito in una collana dal nome poeticissimo, Père Lachaise, che celebra autrici e autori straordinari della letteratura internazionale, con l’obiettivo di integrare nel tessuto narrativo contemporaneo parole del passato che vadano a informare e spiegare di radici e storie personali, Storie di Natale è uno dei testi che apre questa nostra stagione di letture festive. Comprende dodici racconti che “zia Jo”, come Alcott si firma amabilmente in apertura, inventa queste storie colorate e traboccanti di elementi magici per far dormire sonni sereni alla nipotina Lulu, figlia della sorella minore May, prematuramente scomparsa. Sembra poi che i racconti abbiano avuto così tanto successo tra gli amici della bambina che l’autrice abbia deciso di farne una raccolta. L’intento originario era perciò un uso domestico; una collezione di storie che, oltre a far riposare bene la nipotina, le insegnasse qualcosa di costruttivo e utile per la sua vita futura come donna saggia e dai valori saldi.

«E se mi inventassi un artista?» Così nacque Nat Tate


Nat Tate.
Un artista americano 1928-1960

di William Boyd
Neri Pozza Editore, 2020

Traduzione di Laura Prandino

pp. 104
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



Raccontare una bugia a fin di bene, raccontarla a fin di male, raccontarla per vedere (e neanche poi tanto di nascosto) l’effetto che fa. Raccontarla grande, media o piccola. Raccontarla come se non fosse una frottola totale ma anche una mezza verità. Raccontarla a cuore quasi leggero e ritrovarsi a poco a poco sempre più oberati dal suo stesso peso. Raccontarla e arrivare alla conclusione che sarebbe stato meglio non raccontarla mai, oppure che sia stata – senza trucco e senza inganno – la migliore idea della propria vita; un azzardo, forse, ma inequivocabilmente la fatidica fiche tarocca con cui essere riusciti a sbancare un intero casinò. Se è vero che la vicenda dell’artista immaginario Nat Tate è stata tutta all’insegna della magnifica menzognauna menzogna congegnata (è il caso di dirlo) ad arte nel 1998 dal suo ideatore William Boyd, tra i più rinomati e premiati autori inglesi viventi – la riflessione sull’incertezza dei confini tra ciò che è reale e ciò che non lo è si pone come momento obbligato nel recensire il volume che racconta fatti, premesse e conclusioni di questo emblematico accadimento. Appena ripubblicato da Neri Pozza Editore nella sua versione italiana, Nat Tate. Un artista americano 1928-1960 propone, per l’appunto, sia la biografia dell’omonimo pittore inventata di sana pianta dallo scrittore, sia “la vera storia” della sua origine e della sua ventura nel mondo. Un caso clamoroso e sempre attuale, che a distanza di tempo fa ancora riflettere non solo sulla volubilità del Sistema dell’arte, ma anche sulla credulità umana generalmente intesa.

Il pelaverdure, che storia! "The Design Book"



The Design Book
Phaidon Press Limited, 2013 
L’ippocampo edizioni, 2016 
Trad. di Anna Bissanti 

pp. 512 
€ 18 


Gli oggetti definiscono una cultura, delimitano la narrazione che ogni civiltà offre di sé rispetto a un’altra, raccontano un tempo e il suo mutare. È questa la base della cultura materiale, argomento di studi antropologici, archeologici e non solo. È anche il motivo della fascinazione dei manufatti, delle creazioni, soprattutto quando alla funzionalità coniugano l’estetica e diventano arte. Raccogliere, conservare e illustrare gli oggetti è lo scopo dei moltissimi spazi pubblici dedicati non solo ai prodotti industriali – i vari musei del design – ma anche a quelli più comuni e privati, come ad esempio il MOOP, il Museo degli Oggetti Ordinari di Parma. 
Tra le innumerevoli pubblicazioni sul tema, una delle più celebri è senz’altro la serie di tre volumi Design Classics di Phaidon, pubblicata nel 2006. L’ippocampo, casa editrice famosa per i suoi curatissimi volumi illustrati, ha curato l’edizione ridotta in italiano, tradotta da Anna Bissanti. Un libro-oggetto che narra le storie degli oggetti: bello, da conservare nonostante sia difficile da chiudere ogni volta che lo si prende in mano, essendo soprattutto una guida tra le piccole e grandi avventure che si celano dietro a ogni invenzione. 

LIBRI SOTTO L'ALBERO 2020 - Manca pochissimo a Natale: quali libri regalare all'ultimo momento?




Buona lettura, cari lettori! 
Ultimissimi giorni per correre ai ripari e regalare qualcosa di pensato per chi amiamo. Cosa c'è di meglio di un libro per regalare degli altrove? In questo Natale in cui passeremo molto tempo a casa, a maggior ragione, abbiamo pensato di dedicare la quarta e ultima puntata dei "libri sotto l'albero" alle opere che metteremmo sotto l'albero all'ultimo minuto, le nostre "reti di salvataggio". Se i consigli non vi bastano ancora, vi ricordiamo che su Facebook e su Instagram troverete anche i nostri video con ulteriori idee! 

Buone Feste e ottime letture! 
La Redazione



Barbara consiglia: 
"Outsiders" di Alfredo Accatino (Giunti)
Perché: la raccolta di Accatino, in due volumi, presenta una schiera di "nuovi" artisti che offre al lettore l'irrinunciabile possibilità di ampliare la propria conoscenza artistica, affinare il gusto estetico, ma, soprattutto, riflettere sulla straordinaria spietatezza delle regole che governano il mondo dell'Arte (e non solo): gli outsiders sono gli artisti "perdenti", dimenticati, per ragioni etiche e morali nascosti agli occhi del pubblico perché scomodi o imbarazzanti. Dietro il disagio che suscitano, però, è viva e vegeta la fiamma creativa e l'ingiustizia bruciante dell'oblio appare in tutta la sua intollerabilità. Questi due volumi sono il regalo perfetto perché donano a chi li riceve un biglietto sola andata alla scoperta della genialità, offrono spunti divertenti, e rappresentano - essi stessi - un oggetto d'arte da mostrare con orgoglio. 
A chi: agli amanti dell'arte, ai lettori curiosi. A chi si lascia appassionare dalle storie misteriose, a chi è tentato dalla follia, a chi non può fare a meno di scoprire cose nuove. A tutti coloro che amano le cose belle e non hanno paura di scovarle laddove sembrano celarsi solo degenerazione, pazzia, perversione (...e chi decide cosa è perversione, pazzia, degenerazione?). 

Guerra senza pace, violenza senza fine: il mondo nero di László Krasznahorkai

 

Guerra e guerra
di László Krasznahorkai
Bompiani, 2020 

pp. 394
€ 20,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

 

Io non sono impazzito, gli occhi color pozzanghera di Korin di illuminarono per un attimo di un lampo minaccioso, ma vedo le cose con una tale chiarezza che è come se lo fossi. (p. 14) 

Dopo Satantango (del 1985, tradotto nel 2016), Melancolia della resistenza (1989/2018) e Il ritorno del barone Wenckheim (2016/2019), Bompiani porta in Italia il quarto (in verità, il settimo) romanzo di László Krasznahorkai, Guerra e guerra. Iniziato, come si può leggere nella “Introduzione a tutta la storia”, nel 1992, dopo vari rimaneggiamenti il romanzo è stato infine pubblicato in Ungheria soltanto nel 1999. Sette anni di gestazione per un romanzo il cui autore, non potendo immaginare «la sua fine […] nelle ultime pagine del libro» (p. 376), ha addirittura avuto bisogno di «una sua trasposizione nel mondo reale» (ibid.), come possiamo meglio scoprire nel seguente passaggio “Il viaggio di Mario Merz nella città di G. Korin”.

Come per gli altri suoi romanzi, anche Guerra e guerra ha marchiato a fuoco il tratto distintivo della scrittura dell’autore ungherese: torna, e con notevole fragore, quell’elemento fluviale – anzi direi: torrenziale – in grado di far tremare la lettura, di renderla faticosa, incerta, spaesante, a tratti folle.

«I libri, quando li scrivi, sono piccoli mondi: ti ci rifugi dentro o ne vieni inghiottito»: "Viceversa, Il mondo visto di spalle" di Eleonora Marangoni

VICEVERSA. IL MONDO VISTO DI SPALLE
di Eleonora Marangoni
Johan & Levi Editore, 2020


Formato: 16,5 x 24 cm
Illustrazioni: 126 colore

pp. 160
€ 25,00 (cartaceo)


Riavvolgendo il nastro dei lunghi secoli d’arte e storia, assistiamo alla presenza costante e trasversale in ogni cultura di figure rappresentate di schiena. Viceversa, a cura di Eleonora Marangoni, esplora l’affascinante mistero che si cela dietro a queste immagini, ricostruendo un percorso di oltre duemila anni di narrazioni visive, che si snoda attraverso analisi letterarie, pittoriche e cinematografiche. 
Il libro è corredato da una nutrita selezione di immagini, che guida il lettore alla comprensione di una dimensione del sapere, per certi aspetti, ancora inesplorata. L’indagine artistica di Marangoni prende avvio in occasione di un avvenimento personale, quando l’autrice, trovandosi di fronte l’immagine di se stessa ritratta di schiena da bambina, comprende la propria costante propensione alla raccolta di analoghe rappresentazioni artistiche. Tale riflessione è la miccia che innesca un’approfondita ricerca e documentazione ragionata, che accompagna le pagine di Vicerversa, unitamente all’insieme di riflessioni squisitamente di Marangoni.

"Le lettere e le arti sono state infatti le vie parallele che ho battuto nel corso di molti decenni": Cesare de Seta recensore


Sulle strade delle lettere e delle arti
di Cesare de Seta
Neri Pozza Editore, 2020


pp. 452
€ 15,00 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)


«Il titolo di questo volume me l’ha suggerito l’Editore, che ringrazio: Sulle strade delle lettere e delle arti coniuga assai bene le tematiche dei volumi ricordati. [si tratta di Viale Belle Arti. Maestri e amici, edito da Bompiani nel 1991, e Le lettere e le arti. Un dialogo inquieto, pubblicato da Nino Aragno nel 2006, ndr]. Le lettere e le arti sono state infatti le vie parallele che ho battuto nel corso di molti decenni» (p. 5). Bastano queste poche parole di Cesare de Seta tratte dall’Introduzione alla sua miscellanea recentemente pubblicata da Neri Pozza per riassumere, se non il senso intero di una vita, almeno le ragioni e le coordinate di un percorso professionale altrimenti difficilmente sintetizzabile. Perché è proprio ciò che accade nel corso della lettura, quando, in poco meno di cinquecento pagine, ci si ritrova a visitare alcune tra le tappe di un itinerario estetico personale segnato dagli incontri con i rispettivi e importanti interlocutori. Incontri che, sebbene spesso anche arricchiti dalla frequentazione e corrispondenza diretta, furono sempre, in questi casi, sub specie libraria, con l’autore nei panni del commentatore in carica.

Il Salotto - Crescere nella provincia pontina: intervista ad Alice Urciuolo

Alice Urciuolo, autrice di Adorazione (66thand2nd)

Adorazione è l'esordio in narrativa di una promettente penna italiana, Alice Urciuolo. Specifico "in narrativa" perché Alice Urciuolo lavora come sceneggiatrice, figurando fra le autrici della webserie SKAM Italia. Non è affatto un caso che le tematiche della webserie siano prossime a quelle affrontate nel romanzo d'esordio per 66thand2nd: l'adolescenza e i suoi quotidiani rituali (e problemi), la ricerca dell'identità, il confronto con le altre generazioni.

Di questo romanzo ci parlerà prossimamente Giulia Laino. Avendo letto anche io il libro, tuttavia, ed essendo rimasto attratto dai mille spunti che ne sono usciti fuori, ho pensato di rivolgere ad Alice Urciuolo qualche domanda. Lei, disponibilissima, ha accettato.


Ciao Alice, innanzitutto complimenti per questo bell’esordio in narrativa con un romanzo di non semplice gestione. Immagino che scriverlo non sia stato semplice, per cui partiamo proprio dall’inizio: come nasce Adorazione? Quanto c’è di reale e quanto di inventato?
La genesi di Adorazione è stata molto poco lineare. Per diversi mesi non ho fatto altro che pensare, riflettere e prendere appunti, continuando a modificare e ad ampliare di volta in volta il nucleo principale del racconto, che prevedeva solo due personaggi principali, Diana e Vera. Poi ho iniziato a scrivere, e il romanzo inizialmente era in prima persona, dal punto di vista di Diana. Ma man mano che andavo avanti il mondo della provincia prendeva sempre più forma, e il racconto diventava sempre più complesso, fino a quando non sono nati Elena ed Enrico. Mi sono accorta che c’era un filo che legava la loro storia a quella di tutti gli altri personaggi, e questo filo era proprio il tema dell’adorazione. A quel punto ho capito che mi serviva la terza persona, ho accantonato tutto quello che avevo scritto fino a quel momento e ho ricominciato da capo. È stato un lavoro molto faticoso, non mi ero mai confrontata con la terza persona e soprattutto non avevo mai dovuto scavare nell’interiorità di così tanti personaggi.

Giocare per divertirsi: è possibile a tutte le età



Il libro dei giochi. 101 modi per divertirsi di più nella vita
di Michael Roses
Il Saggiatore , 2020

Traduzione di Camilla Pierette

pp. 248
€ 18,00 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)



Giocare fa bene, anche in età adulta nonostante il concetto di gioco, in Occidente, sia spesso legato in modo intrinseco all’infanzia. In realtà giocare aiuta ad affrontare i cambiamenti, a imparare ad essere flessibili, ad accettare le regole, a lavorare in team.
In questo libro, il gioco viene presentato come uno strumento per creare un nuovo ordine, “dove ordine vuol dire struttura, organizzazione, schema, classificazione. È l’opposto del caos” (p. 20).
Tramite il gioco è possibile, infatti, scoprire che molte situazioni, attività, oggetti e anche pensieri possono essere riorganizzati, modificati, portando a un equilibrio diverso, spesso anche più soddisfacente. Quindi, come suggerisce l’autore Michael Rosen, il gioco può essere un modo per conoscere il mondo, “per coltivare un approccio più giocoso con se stessi, con i propri figli o con la propria famiglia” (p. 239).

Storie di ordinario fanatismo botanico: in giro per il mondo con Jonathan Drori e 80 piante degne di racconto


Il giro del mondo in 80 piante
di Jonathan Drori
illustrazioni di Lucille Clerc
traduzione di Lucia Corradini
L’ippocampo, 2020

pp. 216
€ 19,90 (cartaceo)



«È difficile non avere una visione antropomorfica, e a volte, trasognato, devo ammettere che ce l’ho anch’io» (p. 9). Se a scrivere queste parole è uno come Jonathan Drori ci sono poche chances di equivoco nel cercare di indovinare a che cosa si stia mai riferendo l’eccezionale ambasciatore del WWF, membro del consiglio presso il Cambridge University Botanic Garden, socio delle Linnean Society, della Zoological Society of London e della Royal Geographical Society (nonché già fiduciario per ben nove anni dei Royal Botanic Gardens di Kew e del Woodland Trust): al 99,9% la sua allusione non potrà che riguardare un rappresentate del mondo vegetale. Così è, difatti, anche in questo caso, ma ben al riparo dai rischi e pericoli insiti nella tendenza ad attribuire caratteristiche umane a ciò che umano non è. Se l’insidioso paragone figura nell’Introduzione al suo Giro del mondo in 80 piante, difatti, non è certo perché l’autore abbia intenzione di rimettere l’uomo al centro di ogni paradigma interpretativo o di proporlo come metro di paragone: al contrario, e ancora più di quanto già non accadeva nel Giro del mondo in 80 alberi, questo nuovo viaggio di esplorazione ne dimostra una volta di più la relatività esistenziale e la dipendenza antichissima da tutto ciò che di fotosintesi si nutre. Con un messaggio esplicito e diretto ai potenti del mondo perché si adoperino a favore della salvaguardia e della valorizzazione della biodiversità e di tutto il verde possibile.

#CriticaLibera - Serve ironia per raccontare l'infinito. Franco Battiato scritto da Aldo Nove (e vissuto anche da me)


Franco Battiato

di Aldo Nove
Sperling & Kupfer, 2020

pp. 256 
€ 17,90 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Chi ama Franco Battiato ricorda certamente il primo momento in cui l'ha ascoltato. Succede così con tutte le grandi passioni della nostra vita - direte probabilmente voi - ma con Battiato è diverso. Quel momento coincide con la nitida e inequivocabile sensazione di uno scoppio, una folgorazione che avviene da qualche parte nell'anima. Un momento di pura bellezza che non si può spiegare. 
In molti ironizzano da sempre sul fatto che le canzoni di Battiato non si riescano a spiegare e interpretare. È vero. Battiato non si fa spiegare perché non procede mai per narrazione (un tema che si dispiega in inizio-svolgimento-conclusione), bensì per intuizione.
E l'intuizione spesso ha la forma di frammenti, luci, oppure quella delle "scie delle comete" venute da tempi e spazi remoti a parlarci di mondi lontanissimi e altri sistema solari. Come si fa a spiegare tutto questo? 
Aldo Nove, che appartiene a quella schiera di esseri umani che hanno assorbito la musica del compositore siciliano come un tatuaggio sotto pelle, per l'appunto non lo vuole interpretare. 

#CriticARTe - Prima, donna. La fotografia esemplare di Margaret Bourke-White in mostra a Milano


Prima, donna
di Margaret Bourke-White (a cura di Alessandra Mauro)
Contrasto Books, settembre 2020

pp. 184
fotografie: 124


35,00 €



Per anni, la fotografia è stata erroneamente posizionata tra le arti meno complesse, sia per la tecnica che per quello che lo scatto in sé veicola quanto a significato e per i vari campi in cui viene utilizzato, che spaziano dal racconto di guerra alla pubblicità. Un senso di pregiudizio snob rifiutava di porre la fotografia sul podio dei vincitori tra le arti figurative. Sbagliando, è ovvio. Probabilmente non immaginandosi nemmeno il destino florido che essa avrebbe avuto in seguito. La storia moderna ci insegna quanto fondamentale sia diventata la fotografia per testimoniare fatti e rendere il ricordo di momenti del passato più fervidi e meno dimenticabili, ma anche per ritrarre le emozioni più nascoste, quelle fugaci, di un momento, e che solo la trasparenza intrinseca della lente e la casualità dello scatto riescono a riprodurre così fedelmente. Partendo da questi presupposti, vorrei ripercorrere con voi la mostra della fotografa statunitense Margaret Bourke-White (1904 – 1971) attraverso lo splendido catalogo di Contrasto Books, allestita al Palazzo Reale di Milano e che ho fatto in tempo a visitare poco prima delle recenti chiusure. Scrivo oggi, infatti, nella speranza che presto musei e gallerie possano riaccoglierci tutti, ritornando a nutrire le nostre anime, per ora avide e aride di bellezza. 

#CriticaNera - Nei meandri della mente con "Io sono l'abisso", il nuovo romanzo di Donato Carrisi


Io sono l'abisso
di Donato Carrisi
Longanesi, 23 novembre 2020

pp. 384
€ 22 (cartaceo)
€ 12,99 (ebook)

Le storie non sono mai lineari, si ripeteva, pensando anche alla propria. Invece sono labirinti. E, a volte, ci si imbatte in porte chiuse che immettono in realtà parallele o in altre storie segrete. (p. 151)

Esce un nuovo romanzo di Donato Carrisi, di solito verso la fine dell'anno, e vola dritto ai primi posti delle classifiche. E non dobbiamo meravigliarci, perché anche questo Io sono l'abisso conferma quel talento eccezionale dell'autore di tenerci col fiato sospeso lungo tutto il romanzo, per poi avere quei colpi di scena finali che potrebbero essere eletti a marchio distintivo di Carrisi. L'autore ogni volta ci chiede di lasciarci turbare da storie che affondano nei lati oscuri dell'animo e della mente, e quando noi lettori ci immedesimiamo e proviamo inquietudine per i pensieri e lo stile di vita del protagonista, ecco che Carrisi inizia a farci guardare attraverso un caleidoscopio che riflette tante verità, tante idee di presente, tante di valori e disvalori. Sì, perché anche in Io sono l'abisso il protagonista, che non ha nome, ma viene chiamato "l'uomo che puliva", vive nell'invisibilità. E in effetti è bravo a fare proprio queste due cose: a non farsi notare e a pulire. Di fondo, l'uomo che puliva pensa di non meritarsi nulla, perché fin dalle primissime pagine del romanzo si capisce che dietro di lui si accumulano traumi gravi, per non dire gravissimi, che hanno avuto ricadute profonde sulla sua autostima, ma anche sulla sua psiche. Eppure la sua quotidianità appare sorprendentemente normale, forse fin troppo. Ecco perché di tanto in tanto l'uomo che puliva di concede una serata speciale, una serata in cui smettere di essere anonimo e senza identità, sa corteggiare e osservando dettagli minuti sa prevedere il comportamento delle donne che avvicina; ma questa trasformazione non è mai spontanea, né priva di conseguenze... 

In equilibrio sul petalo di una rosa selvatica: "Thérèse e Isabelle" di Violette Leduc

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Thérèse e Isabelle

di Violette Leduc
Neri Pozza, novembre 2020

Traduzione di Adriano Spatola e Laura Cimenti 

pp. 130 
€ 16,00 (cartaceo) 
€ 7,99 (e-book) 


Il giorno finiva, la mia stanza sfumava, piume volavano via dalle labbra della mia innamorata assente. La notte cominciava il suo turno. La notte: la nostra coperta di cigno. La notte: il nostro baldacchino di gabbiani. (p. 102) 
Thérèse e Isabelle, due giovani amanti ai confini del sogno. Si conoscono in un collegio e sono subito travolte da un amore passionale. Passano le loro giornate in modo monotono e disciplinato, si svegliano ogni mattina alla stessa ora, si ritrovano nel refettorio, consumano i pasti nella sala comune, studiano nella biblioteca, lucidano le scarpe in un locale freddo come la pietra delle sue pareti. Ed è proprio in questo locale che le due giovani si incontrano per la prima volta. All’inizio è il sentimento dell’odio che la fa da padrone, perché Thérèse “detesta” Isabelle. Percepisce la sua arroganza, la sua superiorità, l’arrendevolezza con cui affronta la vita nel collegio, lei, la migliore allieva. Thérèse è diversa, si sente esclusa da quel mondo, sa che presto sua madre la riporterà da lei, se si annoierà troppo e sentirà il bisogno della sua bambina. Thérèse però non appartiene più alla madre, inizia ad appartenere a Isabelle, notte dopo notte. Costruiscono un amore che si consuma solamente col favore delle tenebre, diffidenti di chi invece usa la notte per dormire, incapaci di cogliere la magia di ciò che accade sotto il bagliore della luna: “Le allieve e la sorvegliante si saziano d’ombra e d’assenza. Io sono sveglia, diffido” (p. 30). La fuga da quel mondo può però esistere solamente nell’oscurità, lontana dagli occhi attenti e vigili delle sorveglianti, perché “il giorno prendeva la notte, il giorno cancellava il nostro matrimonio, Isabelle si addormentava” (p. 116). 

"Il quaderno dell'amore perduto": l'esordio di Valérie Perrin sulle fragilità, sugli intrecci e sui misteri del passato



Il quaderno dell’amore perduto

di Valérie Perrin
Editrice Nord, 2020

traduzione di Giuseppe Maugeri


pp. 348
€ 14,16 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)



Valérie Perrin ci regala un nuovo appassionante romanzo sui rapporti, sulle fragilità, sugli intrecci e sui misteri del passato, in un romanzo d’esordio (del 2015), pubblicato nel 2016 in Italia e riproposto a luglio di quest'anno, sempre da Editrice Nord, dopo il successo dell’acclamato Cambiare l’acqua ai fiori, che l’ha resa celebre grazie al passaparola dei lettori. 

In questo libro d’esordio, che in verità rende molto di più nel titolo francese Les oubliés du dimanche (I dimenticati della domenica), due donne si incrociano, una giovane ventunenne, Justine, orfana di entrambi i genitori e che lavora in una casa di cura nella piccola cittadina francese in cui è cresciuta coi nonni, e un’ospite della casa di cura in cui Justine è infermiera, “Le ortensie”, che si chiama Hélène e ha avuto un grande amore nella sua vita, e che nei suoi ricordi si ritrova su una misteriosa spiaggia, con l’uomo che ama, a rivivere un momento che non tornerà più.


La “Nuova Poesia Americana” che canta di se stessa e non solo: la contemporaneità in versi secondo Black Coffee


Nuova Poesia Americana. Volume II
A cura di John Freeman e Damiano Abeni
Edizioni Black Coffee, dicembre 2020

Traduzione di Damiano Abeni
pp. 214


13,00 € (cartaceo)



Cos’è la poesia oggi? In molti si pongono questa domanda e la risposta non è mai semplice. Reduci da decenni di trionfo di un forte sperimentalismo su prosa e romanzo, il nostro presente sembra serbare ben poco spazio per il racconto in versi. Sorge spontaneo chiedersi se questa prepotente attenzione alla forma del romanzo sia il riflesso di un pubblico intellettualmente intorpidito, poco disposto a mettersi eccessivamente in gioco per capire i messaggi che la letteratura lancia. Lungi da me dal cadere nel cinismo, vi porto oggi un esempio di “sforzo intellettuale” che si incastona perfettamente nel tessuto imperfetto della contemporaneità. Grazie all’occhio esperto di curatore e traduttore, John Freeman e Damiano Abeni, è uscito da poco per Edizioni Black Coffee il secondo volume di Nuova Poesia Americana, raccolta di poesie e poeti inscritta nel progetto di costruzione di una collana che raccolga ed esalti le più notevoli penne liriche degli Stati Uniti di oggi. Ispirato da un’idea simile di Penguin degli anni Sessanta, la proposta di Nuova Poesia Americana si fonda sul racconto di un’America viva e vera, che porti con sé la consapevolezza di una realtà socio-politica complessa e di cui si sente parlare molto, ma di cui forse, oltreoceano, si capisce poco. Accompagna questo intento anche il desiderio di esaltare una tradizione culturale e letteraria variegata e in continuo divenire. Quest’ultima, come spesso accade, è un elemento difficile da trasporre nella scrittura contemporanea senza apparire divulgativi o poco innovativi, ma è esplorata con grande maestria e nella giusta misura nelle scelte poetiche degli autori presenti nelle raccolte di Black Coffee.