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#EditoriInAscolto - MonteRosa Edizioni, dove i libri incontrano la montagna

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Quando è nata la rubrica EditorInAscolto il nostro principale obiettivo era conoscere da vicino piccoli e medi editori che operano sulla scena italiana (e non solo), scoprire i loro cataloghi e le iniziative, costruire insieme un dialogo sulle sfide dell'editoria indipendente e sulle proposte per vincerle attraverso la passione per la letteratura e la progettualità.

Ci sono editori che abbiamo incontrato a fiere ed eventi letterari, altri che abbiamo conosciuto avvicinandoci, alcune volte quasi per un fortunato caso, ai loro titoli. Molti di loro hanno saputo raggiungerci e incuriosirci raccontandosi.

Entra a fare parte di questo gruppo MonteRosa Edizioni, una casa editrice nata con la missione di raccontare le montagne e le valli intorno al Monte Rosa.
Percorsi su neve, roccia, ghiaccio, sentieri, vita e cultura alpina: i titoli dell'editore vogliono trasmettere l'amore per la montagna e la gioia di andare in montagna. Spesso sono scritti in prima persona perché l'esplorazione dei luoghi e degli itinerari sia coinvolgente e appassionante come un romanzo d'amore.

Per capire come nascono e vengono scelte queste vere e proprie storie d'amore tra uomini e montagna, abbiamo intervistato Simonetta Radice, che dal 2019 è l'editore di MonteRosa Edizioni. 
Consulente di comunicazione, copywriter e giornalista pubblicista, Simonetta è da sempre appassionata di montagna, di lettura e di scrittura, tre dimensioni che si sono adesso concretamente unite grazie al suo ruolo in casa editrice.

Partiamo dalle origini: come e quando è nato il progetto editoriale di MonteRosa Edizioni?

Il progetto nasce decisamente prima che io iniziassi a occuparmene e cioè nel 2011, per iniziativa di Livia Olivelli, che è stata l’editore di MonteRosa fino allo scorso anno.
Come lei ama dire: “Le cose belle nascono da una grande passione, MonteRosa edizioni è nata da due grandi passioni: quella per il libri e quella per la montagna.
In particolare, direi, che MonteRosa Edizioni nasce soprattutto dall’amore per il territorio della Val d’Ossola, un territorio montano che ha conosciuto relativamente poco il turismo di massa e a cui molta della produzione editoriale è dedicata. Per questo va detto grazie soprattutto al lavoro instancabile di Alberto Paleari che l’Ossola l’ha esplorata praticamente palmo a palmo, sia per la sua attività di guida alpina, sia per il suo puro gusto dell’esplorazione.
Il primo libro pubblicato a sua firma con MonteRosa Edizioni è dedicato al Mottarone (VB), un tempo noto come la “montagna dei Milanesi” e frequentata stazione sciistica, oggi decisamente più meta di escursionisti e arrampicatori. Nel tempo, altri autori si sono uniti al progetto, molti dei quali vivono proprio all’ombra del Monte Rosa: Luigi Ranzani e Andrea Bocchiola di Verbania, Enrico Serino, in Val Vigezzo, Erminio Ferrari di Cannobio e anche altri; tutti bravi alpinisti e altrettanto bravi scrittori.
Oggi gli autori che collaborano con noi vivono ovunque e anche i temi trattati dalla casa editrice hanno allargato il loro raggio anche se, naturalmente, la Val d’Ossola resta un tema che per noi è importantissimo e che continueremo a esplorare.
Simonetta Radice

Una domanda un po' "sentimentale": come si fa secondo te a scrivere davvero la montagna, a renderne l'essenza, l'atmosfera? A raccontarne i mille volti? 

Ecco, io credo che sia una cosa veramente difficile scrivere bene di montagna. Se ci fosse qui Erminio Ferrari mi avrebbe già corretta, e mi avrebbe detto che in effetti la cosa veramente difficile è scrivere bene. 
Il che naturalmente è vero, ma quando si parla di territori straordinari, nel senso letterale dell’extra-ordinario, si finisce quasi per una legge del contrappasso con il scivolare nei luoghi comuni, o peggio – e questo vale soprattutto per la montagna - nelle spire della retorica di un luogo pacificato, cosa che è naturalmente è lontanissima dalla realtà.
Un grande alpinista come Renato Casarotto, che scalò molto e scrisse poco, aveva ben presente questa difficoltà quando diceva: “Raccontare, parlare, è molto difficile. È sempre duro arrivare così vicino all’essenza della vita e poi, dopo, ritornare indietro e sentirsi imprigionati nelle strettoie del linguaggio, completamente inadeguato a tradurre in simboli i concetti e la totalità dell’esperienza vissuta.” 
Come uscire quindi dalle “strettoie del linguaggio”?
Casarotto conclude dicendo così: “Un’esperienza lunga e sofferta che mi ha permesso di capire una verità fondamentale: alla base di tutto, di ogni azione che l’uomo compie, deve esserci sempre l’amore.” E qui a me piace richiamare un grande scrittore che amo molto, e che non credo abbia mai messo piede in montagna: David Foster Wallace. Tra le tante cose chi mi hanno colpito dei suoi scritti c’è questa: “ Mostrare al lettore che si è brillanti, spiritosi, pieni di talento e così via, cercare di piacere, sono cose che, anche lasciando da parte la questione dell’onestà, non hanno abbastanza calorie motivazionali per sostenere uno scrittore molto a lungo. Devi disciplinarti e imparare a dar voce solo alla parte di te che ama le cose che scrivi, che ama il testo a cui stai lavorando. Che ama e basta, forse.” È una risonanza curiosa questa, che ricorre tra due personaggi che non hanno praticamente nulla a che fare l’uno con l’altro, e probabilmente viene a dirci di non cercare scorciatoie, ma di puntare dritto all’autenticità del nostro essere e del nostro scrivere.

In redazione ci siamo già dedicati alla lettura dei libri di Alberto Paleari, Livia Olivelli ed Erminio Ferrari sulla Val d’Ossola (Ossola bella e buonaOssola quota 3000) e abbiamo raccontato le loro narrazioni eterogenee, a cavallo tra il saggio, il manuale, il memoir. O forse niente di tutto ciò e ancora altro... Ci racconti quali sono le principali forme narrative della montagna che voi esplorate?

Diciamo che qui abbiamo la fortuna di avere a che fare con molti autori capaci di mescolare felicemente generi diversi, spesso all’interno di uno stesso libro. Le nostre guide, per esempio, non sono mai una classica raccolta di relazioni di escursioni o di vie di arrampicata. Si leggono anche come libri di racconti, come diari intimi degli autori e come brevi spaccati di storia dell’alpinismo. Oggi si tende a puntare molto sull’aspetto tecnico e sportivo delle discipline che si praticano in montagna, mentre queste pubblicazioni parlano soprattutto agli alpinisti – diciamo così – romantici, affascinati dall’esplorazione e dal gusto dell’avventura più che della sola performance. Oltre alle guide ci sono romanzi, raccolte di racconti – un genere che per qualche motivo in Italia resta sottovalutato - e i classici récit d’ascension, i racconti delle spedizioni del presente e del passato, ma ci piacerebbe anche aprire ai libri di storia e all’antropologia alpina, per esempio, come pure alla letteratura per bambini.

Presentiamo adesso ai lettori le vostre collane e gli autori che le popolano. 
La prima "Sentieri Selvaggi" ha un titolo molto iconico che sembra suggerire innanzitutto l'idea della scoperta. È così?

Decisamente. La maggior parte delle nostre guide racconta luoghi lontani dalla frequentazione di massa. Come accennavo, la Val d’Ossola ha conosciuto uno sviluppo turistico relativamente limitato e nasconde tanti luoghi che richiedono un approccio esplorativo, che risvegliano il gusto della scoperta. Moltissimi ambienti, qui, sono lontani dalla montagna patinata di località più note, sono di una bellezza che potremmo dire un po’ spettinata, ma se si impara ad amarli c’è un mondo intero che si apre, insieme alla consapevolezza che per trovare l’avventura non è necessario andare lontano.
Questo è un discorso che non vale solo per l’Ossola, naturalmente.
Ne I 3900 delle Alpi, per esempio, Erminio Ferrari, Alberto Paleari e Marco Volken hanno deciso di esplorare le cime delle Alpi che per quei 100 metri di dislivello restano escluse dall’Olimpo dei Quattromila. Un atto di understatement, che a me fa risuonare le parole che credo siano di Fernand Braudel, quando diceva che “sulle montagne che non danno gloria c’è ancora spazio per sentirsi liberi”. A proposito di questa collana, lo scorso anno l’abbiamo arricchita con una guida dedicata ai bambini, curata da Toni Farina.
È una guida pensata con un linguaggio che si rivolge direttamente ai ragazzi, affinché abbiano un ruolo attivo nella partecipazione e nella conduzione della gita. Troppo spesso, infatti, i più giovani vivono la montagna passivamente, quasi letteralmente trainati dai genitori e finiscono per vivere solo fatica e la noia.

Un'altra collana si chiama "Le parusciole". Qual è il suo DNA?

Parusciola in dialetto ossolano è il nome della cinciallegra, un grazioso uccellino dal canto melodioso. Lo stesso termine, sempre in Ossola, si usa per indicare una cosa piccola e graziosa. 
Così vogliono essere i libri di questa collana, volumi di dimensioni contenute - adatti a essere infilati nello zaino – e frutto di un lavoro di ricerca su storie dimenticate, spesso mai tradotte prima in italiano, ma che presentano diversi elementi di interesse. Tra i titoli pubblicati per questa collana mi piace ricordare Guerra Fredda sull’Everest, che racconta la straordinaria e rocambolesca impresa di Woodrow Sayre (nipote del presidente americano Wilson Woodrow) sulla parete Nord dell’Everest, un’avventura che finì per provocare niente meno che un incidente diplomatico con la Cina.
L’ultimo nato di questa collana si intitola invece Sul trono degli Dei, e racconta la prima salita assoluta al Cho Oyu. Tradotto per la prima volta in italiano da Paolo Ascenzi, il libro documenta la salita alla sesta montagna più alta della terra a  opera del team austriaco guidato da Herbert Tichy nel 1954. Una spedizione agile, leggera, decisamente innovativa per l’epoca e che riuscì anche a instaurare un rapporto di amicizia privilegiato con gli Sherpa, al punto che all’interno di tutta la narrazione il raggiungimento della vetta passa quasi in secondo piano. Per questa collana sta per uscire un nuovo libro, che racconterà una pagina importante dell’alpinismo, quello sovietico, praticamente sconosciuto, in Italia e non solo.

Recentemente con un nuovo titolo di Alberto Paleari, La finestrella delle anime (che noi in redazione stiamo leggendo) è stata inaugurata una nuova serie: "Gli Ellebori". Questo libro ha la sue radici nella memoria, nella decisiva ricerca di trattenerla attraverso la scrittura. In che modo si legherà all'identità della collana nel suo complesso?

Nella prima parte del libro, parlando dell’importanza di Erodoto nella storia, e nella storia della scrittura, Alberto Paleari afferma: “… Così è nata la storia, così è nata la letteratura, che è l’ossessione della memoria, l’ossessione di trattenere la memoria delle cose: gli scrittori sono degli smemorati che scrivendo cercano di trattenere più a lungo quel poco che sanno o che credono di sapere.”
Quindi, senza dubbio quello della memoria è un tema importante, che ricorre ogni volta che in montagna cerchiamo qualcosa di diverso dal semplice panorama. I sentieri walser, i sentieri partigiani, le vestigia della Grande Guerra ma anche i semplici ruderi delle civiltà contadine che hanno smesso di esistere sono un richiamo per moltissime persone che amano la montagna.
E quindi i memoir, così come i saggi di antropologia alpina, per esempio, sono tra le pubblicazioni a cui vorremmo dare spazio in questa collana. Tra i prossimi libri in pubblicazione ce ne sarà uno dedicato a Cicogna, il borgo più importante della Val Grande, a cui sta lavorando Fabio Copiatti e che scava nella memoria di un luogo ormai diventato un punto di riferimento per i moltissimi frequentatori della valle.

Ci dai un'anticipazione sui nuovi progetti che avete in cantiere? 

Quello che mi piacerebbe fare nel prossimo futuro, oltre a continuare a cercare storie e stili originali, è dare voce alle donne, sia come autrici, sia come protagoniste dei libri.
Quello della montagna, e soprattutto dell’alpinismo, è ancora un mondo in larga parte maschile, troppo maschile, eppure tante sono le storie di donne che meritano di essere conosciute e ascoltate, nel presente ma anche nel passato. Abbiamo lavorato con Marzia Verona, che ha scritto un bellissimo libro dedicato agli alpeggi e ai formaggi della Val d’Aosta, un libro che è anche un trattato di antropologia, una finestra su una professione, quella del malgaro, che richiede passione e fatica, oggi come in passato. In questo momento, Siamo molto felici di lavorare con Luisa Mandrino, che sta scrivendo un nuovo romanzo ed è una voce femminile capace come poche altre di raccontare la montagna e i suoi personaggi. Infine stiamo raccogliendo una selezione di scritti di Giovanna Zangrandi, una donna che fu scalatrice, alpinista, scrittrice ed ebbe un ruolo attivo nelle Resistenza, una vita e una scrittura tutta da riscoprire. 

"Editori in ascolto" nasce come rubrica che dà voce ai piccoli e medi editori non solo raccontandone l'identità progettuale, ma anche il rapporto con il mondo contemporaneo. Quali sono le principali sfide che incontrate? E cosa significa per te essere "indipendente" oggi?

Le sfide naturalmente sono tante. In Italia ogni anno vengono pubblicati più di 60.000 titoli e questo è un enorme problema per tutti, perché significa dare al libro lo stesso ciclo di via di un prodotto della grande distribuzione. Questo in realtà toglie anche molta di questa supposta indipendenza a tutti, si finisce con l’essere schiavi delle novità senza nemmeno avere il tempo di conoscerle, figuriamoci di leggerle. Noi ci troviamo un po’ a fare di necessità virtù: una casa editrice piccola – e in un mercato comunque di nicchia - non può lavorare sui grandi numeri e quindi ci prendiamo la libertà di dedicare più tempo al lavoro di ricerca e a scommettere su titoli che hanno elementi di interesse ma non promettono di diventare esattamente dei Blockbuster, per mutuare un termine un po’ vintage da un altro genere. Io resto però convinta che se si fanno conoscere voci originali e storie interessanti i lettori, poi, sono capaci di premiare queste scelte che richiedono solo un po’ di coraggio.


Ringraziamo Simonetta Radice per la passione con cui ci ha raccontato il progetto editoriale di MonteRosa Edizioni e la sua idea di montagna. 

Intervista a cura di Claudia Consoli