in

Il perturbante assoluto: «Racconti di follia» di Patrick McGrath

- -
Racconti di follia
di Patrick McGrath
introduzione di Joye Carol Oates
traduzione di Alberto Cristofori e Andrea Silvestri
La Nave di Teseo, 2020

pp. 518
€ 22,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Puttane e psichiatri: chi meglio di loro sa vedere le forme e le ombre degli uomini? (p. 499)
La Nave di Teseo (ri)porta in Italia le short stories di McGrath: Racconti di follia infatti ripropone sia racconti già apparsi sotto l’ala di Bompiani, vale a dire Acqua e sangue (titolo originale Blood and Water and Other Stories, pubblicato nel 1988 e qui apparso nel 2003) e La città fantasma (titolo originale Ghost Town: Tales of Manhattan Then and Now, pubblicato nel 2005 e apparso nello stesso anno nel nostro paese), sia sei racconti inediti, pubblicati altrove fra il 1989 e il 2014.
Si tratta di un’opera monumentale, il cui carattere prorompente è amplificato dal rosso acceso della copertina e dalla coraggiosa e azzeccatissima scelta di colorare di nero i bordi delle pagine: il risultato è una eccezionale resa grafica, un primo impatto visivo che mette subito in guardia chi si avvicina a questo autore e al contempo dà conferma a chi, invece, ha già assaggiato la penna di McGrath, magari attraverso il capolavoro del 1998 Follia.
Nell’introduzione leggiamo che «Uno psichiatra mi iniziò alle teorie sulla follia quando avevo otto anni. Era mio padre» (p. 11): Oates cita da Writing Madness, testo autobiografico di McGrath. La vita intera di questo scrittore, che il padre sperava «diventasse un medico, uno psichiatra come lui» (p. 12), è segnata dall’indice della psichiatria, del disturbo mentale, della follia e della disintegrazione dell’io.
Questo aspetto si riflette pienamente nella scrittura di McGrath. Che siano racconti propriamente “psichiatrici” (come L’altro psichiatra, pp. 275-301; Ground Zero, pp. 465-515), thriller (come Acqua e sangue, pp. 221-34; Vigilanza, pp. 301-18) o horror/grotteschi (come La Mano Nera del Raj, pp. 57-68; La patata ero(t)ica, pp. 213-9), l’elemento in comune resta lo stesso: il perturbante. A perturbare può essere una malattia sconosciuta, la natura non umana di un essere che solo all’apparenza ci somiglia, oppure l’ossessione per il sistema carcerario di una studentessa di Storia del diritto penitenziario. Persino Ground Zero – il racconto più simile a Follia e ad altri romanzi successivi –, pur trattando di qualcosa di “normale” come l’amore di un uomo per una prostituta, ha in sé il germe del perturbante: il percorso di Dan, descritto dall’occhio clinico ma non distaccato della sua psicoterapeuta, somiglia in modo inquietante alla discesa negli abissi dell’umanità di Follia, quell’allontanarsi graduale ma ineluttabile dalle soglie della razionalità per sprofondare verso il fondo oscuro di un lago. A disturbare è la consapevolezza che eventi come questo capitano quotidianamente e, quando ciò accade, arrivano a frantumare la percezione che abbiamo di noi stessi e della nostra presunta identità e statura morale.
Il perturbante è tale perché ciò che ci è estraneo si connette in modo invisibile e obliquo a ciò che più conosciamo: da qui il senso di estraniazione, di distacco dal reale. Nell’esplorarlo McGrath si rivela come sempre un maestro, soprattutto nei racconti più psicologici i quali, non a caso, risultano i più scorrevoli e intensi.
Meno riusciti sono invece quelli di stampo horror o grotteschi, quasi tutti afferenti alla raccolta del 1988 Acqua e sangue: queste storie, che spaziano nel paranormale, nell’esoterico e nell’esotico, hanno quasi tutti un elemento in comune, ossia sembra mancare loro la tensione necessaria per il genere a cui appartengono. Si sviluppano lentamente, con farraginosità, per poi giungere a un finale che sgonfia le aspettative e lascia un senso di insoddisfazione, se non di incompletezza. A mancare in questi racconti, oltre all’elemento di tensione, è anche la cifra letteraria tipica del McGrath successivo, quell’accortezza nei dettagli in grado di aumentare la pressione interna della storia: appare lampante come qui lo scrittore stesse in qualche modo testando la propria scrittura e cercando ancora una voce propria, e si rifacesse ad autori come Poe e Lovecraft sia come stile sia come immaginario. Ne è un esempio il macabro La Mano Nera del Raj, ambientato in un’India colonizzata del 1897, dove troviamo esploratori, militari inglesi e stregoni locali.
Racconti di follia è una bella opera omnia, fondamentale per gli amanti di McGrath, anche solo per ritrovare le sue origini letterarie. Non si può negare, in ogni caso, che lo scrittore inglese dia il meglio di sé nella narrativa lunga, dove ha tutto il tempo e il modo di sovraccaricare di tensione la trama per poi farla esplodere nel finale.

David Valentini




Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: