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Che venga pure la fine del mondo: "L'allegra apocalisse" di Arto Paasilinna

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L'allegra apocalisse
di Arto Paasilinna
Iperborea, 2010

Traduzione di Nicola Rainò

pp. 320
€ 16,00 (cartaceo)
€ 8,49 (ebook)


L'idea che un bruciachiese comunista possa essere l'avvio per la rinascita del pianeta suona assurdo. Asser Toropainen, che in gioventù non si è risparmiato nell'appiccare fuoco agli edifici di culto, sul letto di morte decide di lasciare al nipote Eemeli fondi sufficienti per costruire una chiesa tra i boschi di Finlandia. Quando ci sono soldi, terreni e una sauna per convincere i burocrati locali ad autorizzare la costruzione, i problemi sembrano svanire. Quando poi si dice chiesa, è chiaro che serve anche un cimitero e una Fondazione funeraria alle spalle. E poi una casa per il pastore; e una per il presidente della fondazione e sua moglie. E queste persone dovranno mangiare e bere alcol e serviranno case per chi alleva e coltiva. Ci vuole poco per costruire un piccolo centro ricco e fiorente, edificio dopo edificio. Chissà che questo piccolo centro arcadico non sia il solo nucleo in grado di sopravvivere alla distruzione del mondo e allo sterminio della razza umana. Finché durano i coregonini e la grappa di erbe, non dovrebbero esserci problemi.
Il mondo sembrava prendere a cuore la sua entrata nel Terzo Millennio e i festeggiamenti erano all'insegna della più sfrenata euforia. Si fecero fuochi d'artificio in tutti i continenti. In Italia si spararono più petardi che per la caduta di Mussolini. In Kazakistan una combriccola di nomadi avvinazzati si impadronì di una base missilistica e, tanto per far festa, lanciarono due testate nucleari intercontinentali. Un paio di giorni dopo si seppe che una aveva raggiunto l'Atlantico al largo della Mauritania, dove l'esplosione aveva procurato uno tsunami. L'altra aveva colpito Sumatra. Come l'avessero presa in loco, non è dato saperlo. (p. 143)
Forse meno conosciuto dei Piccoli suicidi tra amici e dell'Anno della lepre, L'allegra apocalisse pubblicato nel 1992 in Finlandia è arrivato solo nel 2010 in Italia mostrando il più grande concentrato dell'ironia e dell'umorismo sempre al confine con la tragedia che caratterizza la scrittura di Arto Paasilinna.
Tema fondante è il ritorno alla natura e la diminuzione di tutti gli orpelli che la società capitalista porta con sé. Il villaggio della Fondazione funeraria nasce quasi per caso, di passaggio in passaggio, di casetta in casetta. Non sembra avere un piano predefinito fin dal principio, ma si sviluppa in maniera organica, funzionale e autosufficiente e in perfetto miscuglio tra il recupero dell'antico (dove serve) e l'accettazione della modernità (dove si riesce).
Il legame con il passato del Paese parte dalla scelta della chiesa che va costruita per lascito testamentario. Eemeli, costruttore con una società fallita alle spalle, studia insieme al nonno morente le chiese finlandesi in modo da scegliere la migliore da prendere come esempio nel pieno rispetto della tradizione finlandese. Vengono rispolverati sistemi di produzione e di trasporto che appaiono obsoleti, ma che nella decadenza del mondo diventano vincenti.
La modernità non è per forza d'aiuto alla costruzione di questo piccolo villaggio. L'ispettore distrettuale delle imposte e il comandante della polizia vengono addirittura paragonati al serpente del Paradiso. Infatti la burocrazia, i furti che arrivano anche da parte dei rappresentati dell'ordine ormai alla fame e il turismo che travolge il piccolo villaggio sono più d'inciampo che altro.
Il rapporto con la morte in questa storia è evidente. Ma è una morte che non ha mai nulla di stravolgente o di triste a patto di essere preparati alla dipartita sia nel caso degli esseri umani che nel caso del pianeta. Perché se si è preparati, la vita può ritornare. È il caso di Toropainen che muore sereno per aver dato il via alla costruzione della chiesa. È anche il caso del pianeta che, nonostante le devastazioni, può contare su questo piccolo villaggio (che può ricordare un po' l'organizzazione del villaggio dei Puffi) che ha la forza di prosperare.
A dispetto del titolo tradotto, l'apocalisse entra in maniera quasi marginale nella storia. Certo, arrivano echi del disfacimento della nostra società in ogni angolo del mondo. Ci sono esterni che raccontano del crollo di New York sotto il peso dei rifiuti. L'impatto delle esplosioni nucleari non risparmiano di certo il villaggio, né resta indenne da quello che pare essere lo spostamento dell'asse terrestre. Ma proprio perché si è preparati, la morte porta con sé il seme della nuova rinascita.
Il romanzo è ambientato a cavallo del cambio di millennio, data che già abbiamo affrontato senza grossi traumi. Eppure l'apocalisse si costruisce giorno dopo giorno, una decisione sbagliata alla volte. Siamo (forse) già su quella strada e dobbiamo davvero sperare che un bolscevico anticlericale, da qualche parte del mondo, stia avviando la costruzione di un bucolico centro in grado di garantire la nostra sopravvivenza.
Giulia Pretta