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Intuizioni: di crepe e bellezza, in un’atmosfera onirica e pericolosa

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Intuizioni
di Alexandra Kleeman
Black Coffee edizioni, novembre 2018

Traduzione di Sara Reggiani

pp. 240
€ 15 (cartaceo)



Ci sono volte in cui il semplice essere al mondo equivale a strofinare la pelle nuda sulla carta vetrata, in cui ogni tipo di movimento produce un’abrasione, lasciandoti ferito e vulnerabile alla prossima aggressione. (p. 189, “Sangue finto”)
Scrivo, cancello e riscrivo pensando al modo migliore per parlare di questa raccolta di racconti. Per farlo con onestà, senza cedere a toni accademici e lunghe digressioni sulla short story e il suo impatto nel panorama editoriale contemporaneo, ma semplicemente con il desiderio di alimentare il dialogo sulla forma breve, suscitare un dibattito magari, semplicemente riflettere su un libro dagli interessanti spunti di lettura. Una brevissima premessa, però, mi sento in dovere di farla: non è un testo facile, Intuizioni, di Alexandra Kleeman. Non lo è se non si frequenta più o meno regolarmente la forma racconto, soprattutto nelle sue sperimentazioni attuali; non lo è se si cerca una narrazione regolare, rassicurante, una voce chiara, capace di dare risposte univoche; non lo è se il particolare, il frammento, emblema della forma breve e qui portato quasi al suo estremo, ci lascia interdetti, insoddisfatti quasi. Per contro, se tutto quanto appena detto ci intriga, se non abbiamo timore di vedere dove l’intuizione – perdonatemi, vi prego, il banale gioco di parole – e il dettaglio ci possono portare, ecco, può essere il libro per noi. Per quel che mi riguarda, ho un debole per i racconti, forse per meglio dire “per un certo tipo” di racconti, e ho apprezzato molti aspetti di questa raccolta, a partire dal senso di destabilizzazione che la sua lettura mi ha suscitato. Certo, ci sono anche numerosi dettagli che non mi hanno convinta del tutto, a partire dalla brevità estrema di alcuni racconti (e non intendo semplicemente il numero di battute) ma, in generale, Intuizioni è una prova apprezzabile, e alcuni racconti sono davvero intensi, si insinuano sotto pelle.

Una raccolta suddivisa in tre sezioni, in cui tutti i racconti sono legati da alcuni elementi a partire dal desiderio di creare un affresco della vita, dall’inizio alla sua fine, con immagini, sensazioni e spunti ricorrenti: le stanze, quasi sempre soffocanti, prive di vie di fuga, l’atmosfera onirica, tutt’altro che serena, e in generale quel senso di profonda angoscia, di pericolo, che pervade tutta la raccolta, come se qualcosa di terribile fosse sul punto di accadere e i personaggi si trovassero a vivere in equilibrio precario.
Karen sentì che per tutta la vita avrebbe oscillato tra una percezione di pericolo e una di sicurezza, senza sapere mai come stavano davvero le cose. (p. 167, “Medusa”)
Pericolo e angoscia, quindi, le sensazioni che scaturiscono da questi lampi di vita raccontati da Kleeman, che si intrecciano alla riflessione su identità, relazioni, famiglia, maternità, dove lo sguardo dell’autrice si posa per raccontarne le zone d’ombra, l’inaspettato, rinunciando a giudicare o dare risposte. E quelle domande restano sospese, si insinuano nelle pieghe del racconto e nella mente del lettore, nei finali aperti, “irrisolti”, spingendo a considerare le cose da un punto di vista meno confortante di quanto siamo abituati a fare. Le atmosfere oniriche, il mistero, scene e situazioni a tratti bizzarre, contrastano efficacemente con la concretezza, la familiarità, di tematiche e spunti su cui siamo chiamati a riflettere e proprio in quel contrasto, talvolta, si crea la bellezza di un racconto e la capacità dell’autrice di restituirci un mondo che fatichiamo a riconoscere forse, ma di cui comprendiamo perfettamente inquietudini, contraddizioni, sentimenti, desideri.

Ciò che affascina, per quel che mi riguarda, è, ancora una volta, la volontà di indagare la realtà e noi stessi senza falsi perbenismi e, come si diceva, il gioco di contrasti su cui si reggono i racconti. È in quest’ottica, per esempio, che Kleeman racconta la maternità nel racconto “Vittima di soffocamento”, privandola di quell’aura buonista in cui per troppo tempo è stata avvolta, ma scegliendo di raccontarne le imperfezioni, i dubbi, gli sbagli, il senso di smarrimento
Il giorno in cui aveva lasciato l’ospedale con Lila fra le braccia, le era parso di trovarsi su un pianeta diverso da quello in cui viveva prima. La gente la guardava giusto il tempo di togliersi di mezzo. Se qualcuno si fermava a parlare con lei, le dava attenzione, si trattava sempre di un’altra donna, una donna con tanti consigli su come fare la madre, una donna che voleva sapere il nome della bambina e quanto aveva. Era entrata in un mondo composto esclusivamente da donne che, pur rivolgendosi a lei in tono amichevole, la trattavano come una nuova collega la cui incompetenza era risaputa. (p. 131, “Vittima di soffocamento”)
È un momento così difficile scoprirsi madre e la letteratura, negli ultimi tempi, pare finalmente dare voce a tutto quello che finora sembrava non si potesse dire, presentarne le difficoltà, i dubbi, lo smarrimento, si diceva. La verità però è che «perdersi in un bambino» è così facile, essere giudicata dagli altri, che siano genitori oppure no, è una realtà che chiunque abbia figli conosce molto bene; Kleeman racconta, attraverso lampi e frammenti, della ricerca di una propria individualità oltre l’essere madre, spingendo appunto a interrogarci su tale tematica e mettere in dubbio certezze e preconcetti e, ancora, senza offrire risposta, senza dare giudizi.
Come risposta o soluzione non c’è all’angoscia, alla solitudine, che pervade l’ultimo, intenso racconto, “Tu, che scompari”, a mio avviso il più interessante e intimo della raccolta. Ritorna, anche in questa storia, la riflessione su relazioni, sentimenti, sulla perdita, sulle crepe che portiamo dentro, in un gioco ancora una volta di contrasti. Una strana apocalisse attende il mondo, oggetti, sentimenti, ricordi e persone sembrano improvvisamente e senza alcuna logica scomparire, persi per sempre o forse, chissà, perduti per poi riapparire in un mondo nuovo da qualche parte. E una donna innamorata, che sceglie di andarsene per non assistere alla fine della storia, dell’amore, del ricordo:
Questa apocalisse di tanto in tanto ruba qualcosa, e ingoia anche ricordi interi. Non volevo esserci quando mi avresti dimenticato. Non volevo vedermi scivolare via dalla tua mente. Speravo di dimenticarti per prima. A volte però questa convinzione vacillava. Ti telefonavo e mi arrabbiavo come se fossi tu quello che aveva così tanta paura di essere dimenticato da sentirsi costretto a lasciare l’appartamento, la città, e stabilirsi altrove, dove nulla era familiare, o tanto familiare da temere di perderlo. (p. 224, “Tu, che scompari”)
Un racconto che, da solo, vale tutta la raccolta: metafora della perdita del sogno, della fine dell’amore, della solitudine anche nell’essere in due, del sentimento che si consuma fino a scomparire, dell’incapacità di fare i conti con la perdita, la delusione, la sofferenza. È un racconto molto intenso, struggente, eppure non privo di speranza, di luce che in qualche modo riesce a insinuarsi in quelle crepe e invaderle. È sempre personale il modo in cui scegliamo di leggere, di vedere, una storia: ecco, con “Tu, che scompari”, io scelgo ancora una volta di vedere le crepe, si, ma, soprattutto, la luce che vi entra.

Debora Lambruschini
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«Ci sono volte in cui il semplice essere al mondo equivale a strofinare la pelle nuda sulla carta vetrata, in cui ogni tipo di movimento produce un’abrasione, lasciandoti ferito e vulnerabile alla prossima aggressione. (P. 189, “Sangue finto”)» Di crepe, solitudini, atmosfere oniriche e pericolo: oggi pomeriggio, sul sito, @deboralambruschini ci parla di “Intuizioni” la raccolta di #racconti di @alexandrakleeman pubblicata da @edizioniblackcoffee Stay tuned 😉 #book #shortstory #bookstagram #booklover #bookquotes #bookblogger #bookaholic #bookreview #bookreviewer #intuizioni #blackcoffee #alexandrakleeman #deboralambruschini #recensioni #instabook #instalibri #women #womenwriters #americanliterature

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