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Pazza Idea 2018: pazza è l'idea di non seguire la manifestazione

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Letizia Battaglia a Pazza Idea 2018
Foto di Sara Deidda
Mostre di fotografia e di installazioni artistiche, spettacoli teatrali, proiezioni di film-documentari, workshop, concerti, reading di letteratura e presentazioni di libri. Come sempre, da sette anni ormai, Pazza Idea si conferma una delle manifestazioni più ricche e di spicco nella scena culturale e artistica della Sardegna. Il tema trattato quest'anno, dal quale è stato dipanato l'intero programma, è Femminile Plurale. Un femminile che parte dallo stesso staff dell'evento: grandi menti di impegnate donne hanno fatto sì che anche quest'anno l'evento, oramai agli sgoccioli, sia un clamoroso successo. E allora in questi giorni illustriamo con piacere cosa rende Pazza Idea una manifestazione imperdibile.


Di certo il botto iniziale della mostra e dell'incontro con la fotoreporter Letizia Battaglia merita ancora qualche riga d'approfondimento in più. Trenta foto in bianco e nero narrano agli osservatori una professionista che immortala l'anima delle sue protagoniste. Magnetica, quasi ipnotica è la ragazza con il pallone, dotata di uno sguardo duro e al contempo profondo. Una donna, resa immortale negli anni più belli della sua giovinezza, che ha la storia di un incontro successivo con la fotografa in tempi in cui ragazza più non è. Oppure le foto di morte, quelle più apprezzate e caratteristiche di Battaglia. Sono diverse, sono crude, sono la rappresentazione fisica del tempo che si ferma sulla pellicola e sulla vita. Ve n'è una, in particolare, che illustra la morte di tre persone, che fa vedere dunque tre cadaveri, corpi che sono la parte più pesante dell'anima, contrapporsi alla leggerezza e al lato frivolo della vita con il poster di Carmen Russo svestita con un pallone, in onore dei campionato mondiale di calcio del 1982. Una scena che si può repentinamente collegare alle più recenti opere cinematografiche di Quentin Tarantino. Vi è in scena la morbidezza dei corpi rilassati nel divano, nella poltrona e nel pavimento, contro la rigida e studiata posa della soubrette più in voga in quegli anni. Ancora, tornando alla vita, c'è il ritratto di una giovane e bella donna fotografato a metà, in un simmetrico e sublime gioco di luci e ombre, che valorizza la perfezione di un volto ad occhi chiusi.
Ebbene, i soggetti prediletti di Letizia Battaglia sono proprio le donne, come dichiara durante l'incontro che l'ha vista regina “Un bicchiere di realtà. Una lunga storia d'amore e fotografia”:

“Amo fotografare le donne perché sono solidale: devono ancora superare tanti ostacoli verso la felicità, in questa società maschilista che le vuole eternamente giovani, belle, con una concezione dell'amore che spesso, in realtà, è solo possesso. E cerco gli occhi profondi e sognanti delle bambine: mi ricordano me stessa a dieci anni, quando mi resi conto, di colpo, che il mondo non era poi così bello. Ecco perché le bimbe che ritraggo non ridono mai: le voglio serie nei confronti del mondo, come lo sono stata io”.

Neri Marcoré, Pierluigi Vaccaneo e Renato Chiocca
Foto di Sara Deidda 
Numeri alle stelle di partecipanti che hanno “occupato” ben tre piani della suggestiva location Il Ghetto a Cagliari per poter ammirare la maestria teatrale di Neri Marcorè, la cultura di Pierluigi Vaccaneo, direttore della Fondazione Cesare Pavese e le oniriche musiche di Antonio Firinu e Sergio Tifu.Tu sei come la terra che nessuno ha mai detto. Un reading per parole e musica sulla produzione poetica di Cesare Pavese” è stato tra gli eventi più sentiti e attesi dal nutrito pubblico che ha di certo gradito il lavoro esclusivo realizzato ad hoc per la manifestazione da Luna Scarlatta. Le donne vere, immaginate o anche amate per poco dal poeta sono le muse ispiratrici delle poesie lette durante la serata. I brani selezionati dal libro “Le poesie” (Einaudi, 2014) hanno soddisfatto l'orecchio e l'intelletto sardo, noto per essere particolarmente esigente. Uno dei tanti passi letti è questo:

La terra e la morte.
Terra rossa terra nera;
tu sei come una terra;
anche tu sei collina;
hai viso di pietra scolpito;
di salmastro e di terra;
sei la terra e la morte.

Farian Sabahi Seyed e Stefano Salis
Foto di Sara Deidda
L'esperienza multiculturale e “multireligiosa” della giornalista Farian Sabahi Seyed ha attratto parecchi curiosi che senza remore le hanno posto le più svariate domande. Lei, donna tutta d'un pezzo, che si è sentita dare della “bastarda” ancora piccola, ancora minorenne, risponde ad alcune provocazioni e a incalzanti domande con sorriso beffardo “Si legga il libro”. Il libro in questione che ha destato non poco fascino è “Non legare il cuore. La mia storia persiana tra due Paesi e tre religioni” (Solferino, 2018). Si è trattato di un incontro stimolante, ricco di spunti, riflessioni e perché no, anche di critiche verso certe leggi e certi controlli che oramai anziché tutelare le persone, forse è il caso di ammettere e riconoscere che le limitano. Così, ancora oggi, lei donna italo-persiana, figlia di Enrica, madre italiana cattolica di Alessandria e di Taher, padre musulmano sciita di Teheran, deve motivare il suo doppio cognome. E durante la presentazione, in apertura, dichiara:

“Seyed vuol dire “discendente del profeta Maometto” e nella casa della mia famiglia discendiamo dall'ottavo imam. […] Gli imam sono i discendenti legittimi dell'islam sciita del profeta Maometto ed è un titolo religioso, nel mio caso, declinato al maschile. Io sono nata e cresciuta ad Alessandria, in Piemonte. Mio papà è iraniano e mia mamma è italiana. Quando mio papà è andato all'anagrafe a registrare la mia nascita non parlava così bene l'italiano o forse l'ufficiale dell'anagrafe non voleva dargli retta”.

Argomenta e spiega che è stata battezzata da sua nonna materna, senza l'autorizzazione dei suoi genitori. E che da adulta ha richiesto di essere “sbattezzata”, pratica sempre più in voga ed esigenza quanto più soddisfatta negli ultimi tempi, che in verità non ha alcun valore ai fini religiosi e legali.
L'entusiasmante incontro, moderato dal competente giornalista Stefano Salis, è stato realizzato grazie alla collaborazione di un'altra manifestazione sarda degna di nota, Storie in Trasformazione, manifestazione di letteratura sociale che si distingue sullo scenario culturale per proporre temi e libri mai scontati o banali, ma anzi al passo con la contemporaneità e le sue problematiche, nonché con le sue chiavi vincenti di apertura culturale, oltre che mentale.

Oggi è in corso l'ultima giornata di Pazza Idea che, siamo certi, avrà altre vincenti carte da giocare l'anno prossimo e così a seguire negli anni futuri ancora.
Quanto prima avremo cura di “recensire” sul sito altri coinvolgenti incontri.

Alessandra Liscia