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Una luce sulle mura: “La Splendente” di Cesare Sinatti

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La Splendente
di Cesare Sinatti
Feltrinelli, 2018


€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Ci vuole coraggio per intraprendere un'impresa come quella in cui si cimenta Sinatti: raccogliere materiali noti, oggetto di innumerevoli rielaborazioni, rimasticati da antologie scolastiche e sceneggiati televisivi, innestati profondamente nell'immaginario popolare, e farne qualcosa di diverso e che pure non tradisca la memoria. Riesce, in un romanzo poetico e tagliente al tempo stesso, recuperando dall'antico il fluire avvincente, la profondità di certi tratti descrittivi, la litania rassicurante del mito. La storia degli Atridi, discendenti maledetti di Pelope, si intreccia a quella delle figlie di Tindaro, Elena e Clitemnestra, la splendente e l'oscura. Sembra un destino ineluttabile quello che guida i personaggi sin dalla loro infanzia, muovendo i loro passi, avvicinandoli gli uni agli altri, ma Sinatti è abile nel mantenere una certa ambiguità: dietro lo scudo del fato, sono le scelte umane a innescare gli eventi. 
Nonostante le apparenze, quello raffigurato dall'autore è un mondo senza dei: sulla terra vediamo baluginare la presenza delle divinità riflessa nei volti luminosi e perfetti degli eroi e dei figli di sangue misto; sentiamo la loro voce attraverso la mediazione degli indovini. Sono però gli uomini a plasmare il proprio destino per conformarsi agli oracoli. E sul campo di battaglia sono ineluttabilmente soli.

La narrazione della guerra di Troia viene affrontata unilateralmente, con una focalizzazione esclusiva sull'accampamento greco; non è dato alcun accesso alla prospettiva troiana: vediamo Paride solo attraverso gli occhi di Menelao, Ettore cadavere solo attraverso quelli di Achille. Non c'è nulla da dire sul nemico, del resto, poiché il nemico per gli eroi non è altro che uno specchio di sé: 
Il nemico li attendeva. Vestito del loro stesso metallo, con i loro stessi elmi, con i loro stessi scudi carichi di insegne, le loro stesse lance di epoche passate. Schierati informazioni geometriche, gli eroi [...] si ponevano di fronte agli achei come un riflesso di loro stessi.
La maggior parte dei greci combatte una guerra che non è la propria, tutti vincolati da un giuramento rievocato a distanza di troppo tempo, più che dalla condivisione di un ideale. A tratti, a ricordare loro un sogno lontano, una dama luminosa, forse Elena, forse solo un miraggio, appare sulle mura di Ilio. E tuttavia, dopo dieci anni di assedio vano, la passione e l'ardore di tutti sono scemati. Persino Menelao e Agamennone appaiono uomini consumati, dalla fatica, dalla malattia, dalla disillusione. 
Nella narrazione puntuale e tesa di Sinatti il conflitto, sanguinoso e devastante, diventa quasi un pretesto per narrare le storie degli eroi, da protagonista nella tradizione si fa elemento collaterale, tanto che la caduta della città non viene descritta, se non incidentalmente: si assiste quindi a un decentramento rispetto ai temi dell'Iliade, scelta intelligente per una riscrittura che, pur rispettando lo spirito del modello (uno dei modelli), vuole essere opera originale. La Splendente è una storia di uomini, più che di gesta. 
Li abbiamo incontrati bambini, vedendoli da una prospettiva inconsueta: Cesare Sinatti ha scavato nella loro interiorità, cercando la natura e i motivi del loro essere. Di ogni carattere ha giustificato psicologicamente l'evoluzione, andando ben oltre le finalità e i mezzi dell'epica antica, pescando piuttosto dalle tragedie, o ancora attingendo a versioni collaterali del mito. Siamo ben oltre il delicato passaggio tra la società di vergogna arcaica e la società di colpa, qui le motivazioni non sono quasi mai esterne, ma sempre covate nel profondo. Achille, per esempio, sa essere terribile nella forza, come nella debolezza: l'invulnerabilità invece che renderlo impassibile e superiore lo rende fragile, ossessionato dalla paura della morte; la sofferenza mai provata non può essere conosciuta né accettata, e diventa causa di paralisi. O ancora Ulisse, spaventato dalle proprie origini, dalla possibilità di un contagio della follia attraverso il sangue, cerca riscatto nell'equilibrio della propria vita, e non vede l'ora di tornare a casa. In questo modo, scavando negli interstizi del mito, Sinatti ci permette di rivalutare ciò che credevamo di conoscere, donandoci una storia che è vecchia, ma riesce a essere anche nuova. 
In particolare, in un mondo affollato di uomini e semidei, La Splendente si configura sorprendentemente come un inno al femminile: splendente non è solo Elena dagli occhi trasparenti e il volto luminoso; splendenti sono le donne che attraversano la narrazione e trovano il modo di emergere in un mondo maschile, dominato da ideali eroici. Le donne del mare, come le donne della terra e le donne del cielo 
si fanno cercare. [...] Solo una donna può ispirare quella voglia di ritorno, la nostalgia di qualcuno che non si è mai visto, di posti dove non si è mai stati. Hai mai avuto desiderio di tornare a un luogo che non conosci, Eumeo? O a un luogo che ti sembra di aver lasciato da così tanto tempo che quasi si potrebbe dire che non lo conosci… Cercare una donna per mare, per cielo e per terra è così.
Elena diventa simbolo supremo di questa attrazione, e l'Iliade archetipo di tutti i poemi, di tutti i romanzi, che ruotano intorno a donne assenti o fuggitive, motori e impulsi all'agire maschile. È la donna allora, più che la guerra, la matrice di una narrazione che colpisce, con i suoi salti temporali e i continui scarti narrativi, fino all'ultima pagina, quando si spalanca, per il lettore più avveduto, una consapevolezza inaspettata. 

Carolina Pernigo



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