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"Se una notte d'inverno": Calvino e la magia della Letteratura, che non vuol farsi matematica

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Se una notte d'inverno un viaggiatore
di Italo Calvino
Mondadori Editore, 1994

pp. 264
€ 14,00

Chiudi gli occhi, immagina una gioia. Molto probabilmente penseresti a una partenza. Ah, si vivesse solo di inizi, di eccitazioni da prima volta, quando tutto ti sorprende e nulla ti appartiene ancora. Penseresti all’odore di un libro nuovo... (Costruire, Niccolò Fabi)
Non c’è un modo corretto, un modo auspicabile di recensire un classico. Perché un classico si legge per imparare, si studia quasi, si osserva con ammirazione e senso d’inferiorità.
Questa dunque non vuol essere un’esauriente recensione a Se una notte d’inverno un viaggiatore, ma uno sguardo verso il romanzo, se è vero come osserva lo stesso Calvino che un classico è un libro «che non ha mai finito di dire quello che ha da dire» e, soprattutto, che «ogni interpretazione esercita sul testo una violenza e un arbitrio» (p. 67).

Pubblicato nel 1979 da Einaudi, Se una notte d’inverno un viaggiatore è un romanzo a cornice, in cui la narrazione principale ospita dieci diversi filoni di narrazioni altre, tutti aperti e nessuno concluso. Si tratta quindi di una cornice di incipit: dieci romanzi che il Lettore, protagonista della narrazione principale, comincia a leggere ma non riesce mai a finire, a causa degli imprevisti più disparati: errori tipografici, furti rocamboleschi, censure poliziesche.
La fascinazione romanzesca che si dà allo stato puro nelle prime frasi del primo capitolo di moltissimi romanzi non tarda a perdersi nel seguito della narrazione: è la promessa di un tempo di lettura che si stende davanti a noi e che può accogliere tutti gli sviluppi possibili. (p. 176)
Accanto al Lettore, il Romanzo introduce una Lettrice, Ludmilla, che condivide con lui il piacere della parola scritta e con la quale nascerà una (magistralmente scontata) relazione sentimentale.
Il nucleo narrativo principale, il romanzo che sostiene la cornice di incipit, è caratterizzato da una rinfrancante banalità, un andamento prevedile, a tratti macchinoso, che lo rende esplicitamente un pretesto per Calvino per costruire un metaromanzo, un libro che riflette sulla natura e i meccanismi della narrazione stessa.
D'altronde, negli anni Settanta Italo Calvino volge lo sguardo allo Strutturalismo francese, corrente filosofica e letteraria che sostiene la vicinanza intrinseca di matematica e letteratura: quest’ultima, come le equazioni algebriche, si concretizzerebbe nell’applicazione di una serie ordinata di meccanismi che danno come risultato finale il Romanzo: un prodotto, dunque, confezionabile seguendo precise leggi.
Calvino gioca dunque costantemente su due piani, il piano della letteratura e quello della metaletteratura: da un lato, sviluppa una serie di avvincenti incipit romanzeschi che si servono, dissimulandole, delle più affascinanti tecniche di costruzione narrativa; dall’altro, costruisce un Romanzo principale dalla rassicurante banalità, che mette in mostra la sua impalcatura, i meccanismi, i manierismi e le accortezze del processo artistico.
Come avviene? Innanzitutto l’autore-Calvino si rivolge al protagonista-Lettore usando il "tu" e non la terza persona singolare. Un tu che, dunque, attraverso il personaggio si trasla sul lettore vero, su di noi, nel tentativo (fallito, volutamente fallito) di favorire l’identità dell’uno nell’altro.
Secondariamente, esplicita i trucchi narrativi, racconta la ricerca autoriale dell’atmosfera giusta, anticipa, descrivendole, le azioni che i personaggi compiranno, in una sorta di operazione chirurgica a cuore aperto sul corpo della Letteratura, allo scopo di renderla umana, bassa, terrena. Al lettore a casa si rivolge Calvino, in un apparentemente onesto (e spietatamente crudele) desiderio di rivelazione, di smascheramento di fronte a chi ha sempre creduto nella trascendenza della Letteratura.

È soprattutto nel gioco di specchi interno alla narrazione che si realizza il tentativo più riuscito di Calvino di rendere Se una notte d’inverno un viaggiatore un metaromanzo strumentale: se il lettore è costretto a identificarsi nel Lettore del romanzo, anche l’autore-Calvino trova il suo alter ego nel personaggio di Silas Flannery, lo scrittore in crisi d’ispirazione che vagheggia un romanzo fatto solo di incipit, con protagonisti un Lettore e una Lettrice.
M’è venuta l’idea di scrivere un romanzo fatto solo d’inizi di romanzo. Il protagonista potrebbe essere un Lettore che viene continuamente interrotto. (…) Potrei scriverlo tutto in seconda persona: tu Lettore... (p. 197)
Alla voce di Flannery, Calvino affida l’espressione delle sue opinioni sui temi fondamentali per uno scrittore: come si legge? Chi è il lettore? Esiste un lettore ideale?
- Perché? Lei vorrebbe che leggessi nei suoi libri solo quello di cui è convinto lei?
Le ho risposto: - Non è così. Dai lettori m’aspetto che leggano nei miei libri qualcosa che io non sapevo, ma posso aspettarmelo solo da quelli che s’aspettano di leggere qualcosa che non sapevano loro. (p. 184)
Il metaromanzo evolve quindi in manifesto letterario.
In una ideale matrioska narrativa, anche i singoli incipit di racconti si riflettono nel nucleo principale, anticipandone l’andamento, persino le azioni: ad esempio, il capitolo nove ricalca l’erotismo proibito contenuto nel precedente racconto Sul tappeto di foglie illuminate dalla luna; il meccanismo è portato allo stremo al punto che leggendo un racconto ci si domanda con curiosità (ed è forse qui, nella curiosità, che si rivela la prima falla dello straniamento...) quale parte di esso si ricalcherà (e in che modo) nella narrazione principale.
Dunque, potremmo dire, Se una notte d’inverno... è un romanzo di trappole che il lettore è chiamato a scovare per rivelare a se stesso il meccanicismo che regola la produzione letteraria.
Ma è anche, di fatto, un romanzo-trappola esso stesso, in cui la metaletteratura fallisce nei suoi intenti, ed è Calvino stesso a guidarne il fallimento, perché quegli automatismi che l’autore vorrebbe scardinare e mettere a nudo, operano talvolta inconsapevolmente, al di là del suo controllo, confermando la presenza di un elemento magico, imponderabile, nella scrittura e nella letteratura.
Se una notte d’inverno un viaggiatore non diventa saggio: resta romanzo, resta libro da leggere per il piacere di farlo, per la curiosità di osservare una storia, o più storie.
L’autore fa della metaletteratura lo strumento per riaffermare il trionfo della letteratura in senso tradizionale.
Leggere, dice Calvino, è un atto solitario, il più solitario di tutti, anche se lo si fa in due, e dunque non è possibile ingabbiare un processo personalissimo, unico per ognuno di noi, in una struttura convenzionale che semina tranelli e trappole di coinvolgimento ovunque.
«Ho capito i miei limiti - m’ha detto. - Nella lettura avviene qualcosa su cui non ho potere.» (p. 240)
Nel dimostrare i meccanismi nudi del farsi letteratura, Calvino rivela, più che mai, il mistero della narrazione, quell’elemento ancestrale che la rende uno degli strumenti di fascinazione più potenti nell’uomo, forse il più potente; più forte dell’erotismo, in quanto trasversale a ogni epoca dell’esistenza; più duraturo del denaro, perché fine a se stesso.
La storia narrata è mezzo e scopo di ogni azione di lettura: si legge per leggere, si racconta per raccontare. Al di là di ogni macchinazione produttiva, l’incantesimo è tutto qui.
«…Finché so che al mondo c’è qualcuno che fa dei giochi di prestigio solo per amore del gioco, fiché so che c’è una donna che ama la lettura per la lettura, posso convincermi che il mondo continua…» (p. 240)
Barbara Merendoni

Di questo romanzo hanno parlato anche Laura Ingallinella (qui e  qui) e Gloria M. Ghioni (qui)


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