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#PagineCritiche - Organizzare una crociata: un difficile gioco di... squilibri!

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Come organizzare una crociata
di Christopher Tyerman
UTET Libri, 2018

Traduzione di Luisa Agnese Dalla Fontana

pp. 540
€ 26 (cartaceo, copertina rigida)
€ 9,99 (ebook)


Quando abbiamo studiato le crociate a scuola, c'è stato un momento in cui abbiamo pensato: che caos! L'elenco di date difficili da ricordare e che coprono più secoli, i tanti papi e sovrani che si sono avvicendati, i generali ricordati per le loro gesta eroiche e/o spietate (ché le due cose sono più spesso connesse di quanto potremmo sperare),... Ma ci siamo mai davvero chiesti cosa sia costato, e non solo in termini economici, organizzare una crociata? 
In Come organizzare una crociata, studio vibrante per passione e precisione, Christopher Tyerman, uno dei massimi studiosi delle crociate, ribalta parecchi luoghi comuni su guerre di religione che, come sappiamo, hanno anche ben altri moventi politici ed economici alla loro base. 
Intanto, Tyerman premette come l'uso della ragione, nel Medioevo, andasse di pari passo con pratiche che potrebbero sembrarci in piena contraddizione, come magia e predizioni: «La razionalità era ammessa per la sua utilità, ma non elevata a divinità secolare. Affioravano limiti oltre i quali speculazione e ricerca non potevano arrivare» (p. 44). Per convincere la gente a partire per la crociata, nuovamente, si fa ricorso a due stratagemmi: da un lato si cerca di «incanalare la violenza diffusa [...] verso il bene comune», dall'altro si promette la «salvezza personale» (p. 49), attraverso la redenzione dei peccati fino ad allora commessi e la salvezza dell'anima.

Dal celebre discorso di Clermont del 27 novembre 1095 in poi, quando papa Urbano II ha lanciato la prima crociata, si sono moltiplicate le giustificazioni per muovere i cittadini (soprattutto i nobili, ma non solo) a prendere la croce. In primo luogo, c'è sempre l'idea che sia Dio a volerlo («Deus lo volt!»), e che quindi la crociata sia un «servizio speciale a Dio, una santa opera», nonché la necessità di salvare la comunità cristiana. Solo successivamente, a partire dal 1100, a queste giustificazioni si sarebbe affiancata la vendetta: «vendetta per la conquista dei territori cristiani e la sofferenza dei cristiani orientali, per l'oltraggio a Cristo e per le morti e le sconfitte dei crociati» (p. 73). 

Che dire, poi, della ricompensa concreta? Il discorso di Clermont non discuteva l'argomento, ma non lo esclude nemmeno; anzi, si disinteressa delle azioni dei crociati durante la campagna militare. Dunque, sempre di più l'aspirazione economica si affianca alla promessa spirituale, insieme a una serie di privilegi legali, immunità e altri vantaggi per il crociato e la sua famiglia, che sarebbe rimasta sotto la protezione della Chiesa fino al rientro del capofamiglia. Dalla terza crociata, poi, si allarga il numero delle persone che possono prendere la croce: non solo coloro che imbracciano le armi, ma anche le donne e gli anziani, che possono partecipare versando un contributo in denaro o in armi. 

Per convincere il popolo a partecipare, le strategie messe in campo erano varie e anche rischiose: spesso le crisi manifeste erano occasione per manovrare la folla, insistendo su «episodi di atrocità e dissacrazione di reliquie, e rappresentata come un pericolo per tutta la cristianità» (p. 90). Ma accanto ai racconti delle crociate precedenti, spesso romanzati, cantati, oggetto di riflessioni di ogni tipo, troviamo la vera propaganda, portata avanti con predicazioni, in assemblee che servivano per creare il consenso, aizzando la gente a partecipare. Le predicazioni, svolte in campagna come in città, erano un vero e proprio business, portato avanti da messaggeri, predicatori di professione, diplomatici, ma anche ordini mendicanti (francescani e domenicani su tutti). Figuriamoci che dalla metà del Duecento circolava un prontuario specifico per predicare le crociate! Condotti in latino e qualche volta tradotti nella lingua locale, i sermones si avvalevano di parole-chiave comprensibili per tutti, affiancate da riti, attrezzi scenici e sottolineatura vocale e gestuale. Dalla predicazione dipendeva tutto: senza la giusta propaganda, la crociata non sarebbe mai stata avviata! 

Per quanto riguarda il reclutamento, poi, Tyerman si sofferma sul sistema sempre più preciso di contratti per ogni crociata: ci sono rimasti, infatti, documenti che attestano come ormai dal 1240-50 fosse assolutamente normale richiedere e ottenere una retribuzione. Spesso, a spostarsi non era il singolo cavaliere, ma una vera e propria "confederazione" a lui vicina, fatta di servitori, altri cavalieri suoi fidati clienti e compagni, scudieri,... Due categorie su cui l'autore si sofferma molto sono quelle dei giovani e del clero, attirate dalle infinite possibilità della crociata, ma anche i criminali hanno sfruttato la promessa di esenzioni e protezione legale per evitare il carcere. 

Ma, data l'enorme portata delle crociate e il numero crescente dei crociati, dove reperire le finanze? E qui Tyerman si sofferma su vari modi (almeno sei) per procurare il tanto necessario sostentamento, con particolare focus sui sistemi di tassazione che, spesso differenziati da stato in stato, testimoniano un diverso approccio alle crociate. Le conseguenze, poi, non sono affatto irrisorie: «La finanza delle crociate contribuì alla liberalizzazione del mercato della terra, all'apertura di mercati internazionali del credito e alla creazione di nuove tecniche fiscali» (p. 315).

Interessantissima, l'ultima sezione legata alla logistica, ovvero al coordinamento, all'approvvigionamento e alle varie presenze altre nell'esercito crociato (medici, lavandaie, prostitute, famiglie intere), per poi trattare le diverse rotte di viaggio e il materiale topografico a disposizione dei crociati. 

Alla fine di questo poderoso viaggio di cinquecento pagine nelle crociate, emerge che 
«i progetti delle crociate, esaminandone la preparazione e la realizzazione, si rivelano efficaci sul piano funzionale, fondati su programmi pratici di promozione, reclutamento, pianificazione e finanziamento, più vicini a Dwight Eisenhower che a don Chisciotte» (p. 404). 
Parimenti, lo studio di Tyerman si rivela preciso e strutturato, accompagnato da un fidato apparato di note e un'adeguata e ricca bibliografia finale. Una monografia dettagliata e, al tempo stesso, molto chiara, per chi è vorace di approfondire la storia analizzando i moventi e le conseguenze più nascoste.

GMGhioni