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Realismo magico 2.0: "Zucchero nero" di Miguel Bonnefoy

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Zucchero nero
(Sucre noir, 2017)
di Miguel Bonnefoy
66th and 2nd, 2018

traduzione dal francese di Francesca Bononi

pp. 147
€ 16,00 (cartaceo)
€ 8,49 (ebook)



Un romanzo che inizia con la sconcertante immagine di una barca in un bosco, carica di tesori e di pirati, capitanata nientemeno che dal famigerato Henry Morgan, giunto ormai al crepuscolo ma avviluppato come un rampicante agli ori e alle gemme accumulati nella stiva, frutto di una vita di scorribande. Lontana dall’abbraccio protettivo delle onde, la barca si inabissa nelle aride profondità della terra, lasciando di sé solo il ricordo delle fortune serbate in grembo ma nessun indizio sulla propria posizione.

Un salto di tre secoli ci porta in un villaggio sorto proprio nel punto dove la barca del pirata Morgan era stata inghiottita dalla foresta. Luogo di pellegrinaggio continuo alla ricerca del tesoro da parte di cercatori di belle speranze ma di scarsa fortuna provenienti da ogni dove, fra cui il bizzarro Severo Bracamonte, che chiederà ospitalità agli Otero, famiglia proprietaria di una delle tante piccole fattorie costruite in quel luogo incantato.

L’arrivo di Severo Bracamonte al villaggio costituisce il reale avvio della storia, che si snoda lungo qualche decennio attraverso le vite dei diversi personaggi, prima fra tutti la giovane Serena, unica figlia degli Otero e protagonista del romanzo insieme a Severo; donne e uomini imprevedibili e curiosi, come la vecchina che una volta l’anno si reca a piangere il marito morto in una piccola stanza all’interno della fattoria o il misterioso Andaluso, avventuriero accompagnato dal cane Oro, che diventerà parte della famiglia. La piccola Eva Fuego, poi, subentrerà nel ruolo di protagonista durante lo scorrere degli eventi.

E non dimentichiamo il tesoro, altro personaggio (quasi) mai presente ma sempre incombente, in forma di oro e dobloni ma anche di canna da zucchero o di rum (zucchero nero, appunto), origine della ricchezza della famiglia Otero. Infine, lo sfondo su cui Bonnefoy dipinge questa storia ammaliante e profumata, ossia la foresta caraibica, lussureggiante, immaginifica e favolosa, dove tutto può accadere e dove reale e irreale si compenetrano, sede naturale di vicende imprevedibili proprio come quelle narrate in questo romanzo sorprendente, mai banale, ricco di elementi che riportano alla grande letteratura ispanoamericana, quella di Arguedas, Rulfo, Aira, Asturias e degli altri maestri del Realismo Magico. Il villaggio in cui la storia ha luogo è una sorta di piccola Macondo, e in effetti lo stile di Bonnefoy, meticoloso, fiabesco, a tratti apparentemente ingenuo e ricco di piccole sorprese narrative rivela un’intensa frequentazione del lavoro di García Márquez.

Con Zucchero nero Miguel Bonnefoy è al secondo romanzo, dopo l'altrettanto notevole Il meraviglioso viaggio di Octavio, già comparso sulle pagine di Critica Letteraria (qui la recensione di Debora Lambruschini); entrambi i lavori sono stati finalisti nei più importanti premi letterari francesi.

La nota finale è riservata alla grafica di copertina, talmente bella che riesce a impreziosire un romanzo già di per sé meraviglioso. Sì, è vero che quella è la funzione propria della grafica editoriale, ma a mio avviso qui siamo di fronte a un piccolo capolavoro. 

Stefano Crivelli