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A cena con il Vate: quali leccornie?

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La cuoca di D'Annunzio
di Maddalena Santeroni e Donatella Miliani
UTET libri, 2015

pp. 160
€ 14



Secondo voi quanto poteva essere ambiguo, fantasioso, raffinato, scapestrato D'Annunzio nel redigere le richieste per la sua cuoca? I foglietti, quasi missive intestate e datate, firmate con soprannomi fantasiosi, sono un manicaretto per i lettori dal palato fine. La cuoca, Albina Lucarelli Becevello, sorprendentemente mai sedotta dal Vate, era una sorta di nume tutelare di casa, maga dei fornelli e pazientissima "Suor Intingola", per usare uno dei tanti soprannomi che D'Annunzio le dedicava affettuosamente. Inesausta e disposta ad alzarsi anche nel cuore della notte per accontentare le richieste stravaganti del suo datore di lavoro, Albina viene ricompensata da straordinari ringraziamenti e lauti premi in denaro. Avevate dubbi? Il Vate, genio e sregolatezza per eccellenza, manifesta anche nella cucina un comportamento incostante e volubile. Per quanto Santeroni e Miliani precisino che D'Annunzio ci tenesse alla linea e alla cura della sua dieta, in realtà le richieste alla cuoca tradiscono il gusto per l'eccesso, ora per ricette tradizionali, ora per leccornie complesse da trovare. A tratti si sorride, come quando si scopre la richiesta di tenere sempre in serbo un arrosto di vitello, con o senza salse, per le voglie improvvise del Vate seduttore. Altrove ci si stupisce, come nel capitolo dedicato alla passione smodata di D'Annunzio per le uova: ne mangiava persino 5 al giorno, altro che colesterolo!
Oltre alle richieste culinarie, dalle lettere, trovate per un caso fortuito al Vittoriale di Gardone (e dunque abbandonate dalla tanto amata cuoca), stati d'animo, allusioni giocosamente erotiche, confidenze. Un po' amica e un po' madre mancata (per quanto fosse molto più giovane del poeta), Albina non si risparmia, si muove nella cucina molto pratica e con pochi orpelli (strano, vero?) che il Vate ha fatto costruire per lei. In cambio, oltre alla riconoscenza, numerosi riconoscimenti economici per lei e il fratello, che D'Annunzio sente vicino in quanto mutilato in guerra. Inutile dire che l'esperienza di semi-cecità aveva lasciato un segno fortissimo nel Vate.
Albina Lucarelli Becevello, "Suor Intingola"
Come rimarca Giordano Bruno Guerri, Presidente del Vittoriale degli Italiani, nella prefazione al libro, da queste lettere emerge un D'Annunzio inedito,  certamente imprevedibile come sempre, ma piacevolmente sconcertante.

Un consiglio? Potete sfogliare il libro e leggere anche disordinatamente i capitoli, seguendo il vostro estro. Le autrici si sono premurate di ripetere i nuclei essenziali ad ogni capitolo e, dunque, non rischiate di restare sprovvisti di informazioni, commento sui testi e contestualizzazione. Certamente questa caratteristica è meno utile per i lettori tradizionali, che partiranno dalla prefazione e chiuderanno i il libro all'indice finale e che, dunque, incontreranno qualche ripetizione. Ma non ci si fa quasi caso, perché è tanta la potenza delle richieste dannunziane, tanto il divertimento e la sorpresa di pagina in pagina, che verrà voglia di imitare "Suor Intingola" e provare anche noi a fare certe costolette speciali, o una frittata degna del Vate! 

GMGhioni