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#VivaSheherazade : Zitelle, single, New Woman: the future is female

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Zitelle
di Kate Bolick
Sonzogno, 2016

Traduzione di Silvia Rota Sperti

pp. 304
€17.50 (cartaceo)










All the single ladies. Il potere delle donne single
di Rebecca Traister
Fandango, 2016

Traduzione di Valentina Nicolì

pp. 480
€ 22 (cartaceo)











Odiavo quando le mie eroine si sposavano.

Scrivo. Cancello. Riscrivo. Cancello di nuovo. Sono così tante le cose che mi passano per la testa, così numerosi gli spunti di riflessione nati dalla lettura dei due libri di cui voglio parlare, Zitelle di Kate Bolick e All the single ladies di Rebecca Traister, che devo fare uno sforzo enorme per riuscire a mettere in ordine le parole sulla pagina. E provare a chiarire perché, secondo me, oggi più che mai dobbiamo leggere libri come questi, anzi ne abbiamo davvero bisogno. Per ispirarci, per provare a capire un po’ di più il mondo là fuori, per porci delle domande e cercare da noi le risposte.
Non ricordo esattamente il momento in cui ho capito di essere una femminista. Per me era – è – sempre stata una condizione decisamente naturale, innata, come essere bionda – ok, in questo forse negli ultimi anni c’è stato un aiuto – e avere gli occhi verdi, amare la lettura, la cioccolata, essere una donna. Ho avuto la straordinaria fortuna di crescere in una famiglia che non mi ha mai fatto credere che, in quanto donna, avrei dovuto fare o non fare determinate scelte, poter essere o meno qualcosa o altro. Ma non vivo nel paese delle fate e il confronto con la realtà, presto o tardi, è arrivato anche per me: sono stata piuttosto fortunata da non dovermi scontrare personalmente con discriminazioni di genere troppo pesanti, è vero, ma capita anche a me di assistere ad odiosi episodi di sessismo quotidiano. E, come dovrebbe essere naturale, di indignarmi. Non starò qui a raccontarvi di coscienza femminista, letture, prese di posizione, piccole e grandi battaglie di ogni giorno, né a fare analisi improvvisate della condizione femminile nel mondo occidentale contemporaneo. No, voglio semplicemente parlarvi di questi due testi, importantissimi secondo me, che riflettono ognuno a proprio modo su una delle condizioni ancora oggi tristemente stigmatizzata e  criticata: la singletudine.
Alla fine, che tu scelga o sia scelta, che accetti con gioia o resisti a denti stretti, fai il grande passo.
Nasci, cresci, diventi moglie.
Ma se non fosse così?
Ecco: e se non fosse così? Se qualcuna, per propria scelta o per caso, non seguisse il percorso prestabilito, l’unico a quanto pare socialmente accettabile ancora oggi, e non considerasse il matrimonio come happy ending? Perché oggi è ancora così stigmatizzata la scelta di rimanere single? Quali sono le difficoltà di vivere in un mondo che sembra pensato per la coppia? Quali i modelli alternativi a cui possiamo ispirarci? E ancora, cosa significa oggi essere una donna single?

Intorno a queste e a numerose altre domande sono costruiti i due saggi di Bolick e Traister, tradotti in italiano a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro dopo il notevole interesse della stampa e dei lettori internazionali, e l’acceso dibattito che ne è conseguito. Domande a cui, è bene sottolinearlo, né l’una né l’altra mirano a fornire risposte univoche, ma punti di vista – nel caso del saggio-memoir della Bolick più personale, soggettivo, dell’altro – , spunti di riflessione ed indagine, considerazioni puntuali su una particolare condizione femminile, la sommaria ricostruzione storica della sua percezione all’interno della società occidentale, statistiche, inchieste e saggi, allo scopo di spingere il lettore a riflettere intorno al tema del matrimonio e la vita da donna single. Senza abbandonarsi a sterili esaltazioni della vita da single, ad atti d’accusa nei confronti del matrimonio, glorificando una scelta o l’altra, ma fornendo un quadro dettagliato, personale ed ispirato in un caso, più oggettivo e giornalistico in un altro, di una condizione troppo spesso percepita come innaturale, socialmente pericolosa quasi. E lasciando ai lettori la possibilità di trovare le proprie risposte, fornendo una nuova interessante prospettiva da cui osservare la società contemporanea.

Nel farlo, si accennava, Bolick e Traister si affidano a modalità narrative, di indagine, differenti: la prima sceglie la forma del saggio-memoir, rielaborazione approfondita di un celebre articolo da lei scritto qualche anno fa per Newsweek nel quale sottolineava di preferire la vita da single ad un matrimonio mediocre; Traister si affida invece al saggio tradizionale, ricchissimo di dati, in un’indagine che ha coinvolto trenta donne intervistate ma nel quale non mancano comunque considerazioni personali argute. Due testi molto diversi, accomunati dal desiderio di riflettere su condizione, ruolo sociale e politico, desideri, soddisfazioni e problematiche della donna single, tra ricostruzione storica, testi fondamentali della cultura femminista, entrambi focalizzati sulla realtà contemporanea, fra nuove possibilità e contraddizioni. Due saggi che hanno fatto molto discutere e che, nel presentare un modello femminile alternativo a quello che generalmente ci viene imposto quale esempio a cui ambire, rivela le complessità del mondo contemporaneo, le numerose battaglie ancora da combattere per superare discriminazioni di genere, stereotipi e modelli con cui fare i conti:

Rimane radicato il pregiudizio per cui il successo nella vita di una donna si misura non dai traguardi professionali o dalle amicizie o anche da relazioni erotiche appaganti, ma dall’avere o meno una relazione legalmente riconosciuta. A sua volta, questo pregiudizio trae origine dall’idea inconscia che se una donna non è sposata non è perché ha fatto delle scelte ben precise, ma perché è lei a non essere stata scelta, desiderata, apprezzata a sufficienza. [All the single ladies, Rebecca Traister]
E se come si diceva, né l’uno né l’altro mirano a fornire risposte universali sulla questione ma, cosa più importante, spunti di riflessione intorno a cui trarre da sé le proprie considerazioni, allo stesso modo non vanno a mio parere interpretati come un atto d’accusa nei confronti del matrimonio: della vita da single mettono in luce – soprattutto il testo di Traister – opportunità e soddisfazioni ma anche problematiche, difficoltà e discriminazioni quotidiane, al pari del matrimonio o di altre forme di legami sentimentali, sottolineando comunque il ruolo fondamentale che le donne single rivestono nella società attuale, il loro potenziale e la necessità di rivedere codici, criteri di giudizio, modelli.

Le donne single stanno davvero sovvertendo tutto; la loro presenza sempre più numerosa influisce sulla ripartizione del potere economico, politico e sessuale tra i sessi. Le tantissime donne single che vivono negli Stati Uniti stanno ridefinendo il concetto di famiglia, e questo a sua volta avrà un impatto notevole sulle politiche sociali. [All the single ladies, Rebecca Traister]
Sono proprio i modelli, o meglio quelle che Bolick chiama “muse” ad ispirare il saggio di Bolick, dal titolo tanto eloquente: Spinster (Zitelle, nella precisa traduzione italiana pubblicata da Sonzogno), la donna single stigmatizzata, qualche volta derisa, molto spesso incompresa. Ma è per un puro «desiderio di zitellaggine» che l’autrice stessa si è scoperta tante volte a preferire la vita fuori dalla coppia, un desiderio simile ritrovato nelle cinque muse che in modi diversi l’hanno ispirata e guidata negli anni. Cinque personaggi e modelli femminili differenti, accomunate appunto da quel desiderio di indipendenza – che non è mai venuto meno, neanche quando impegnate in relazioni sentimentali e matrimoni – e determinazione nel vivere la vita seguendo le proprie inclinazioni: la poetessa Edna Millay, le scrittrici e giornaliste Maeve Brennan, Neith Boyce, Edith Warthon, Charlotte Perkins Gilman. Donne che, ognuna in maniera peculiare e in fasi differenti della vita dell’autrice, con le loro vite più o meno anticonvenzionali hanno contribuito ad indicarle un modello femminile alternativo, con i libri, gli articoli, le poesie, un modo particolare di guardare il mondo al di fuori della sfera domestica, dei legami sentimentali, dei percorsi prestabiliti, di quello che la società ancora oggi sembra aspettarsi da una donna.
Moglie e madre, sono ancora considerate le due scelte quasi obbligate per una donna, quelle che in fondo tutte desideriamo, nonostante quanto andiamo professando: Bolick e le sue muse dimostrano invece che non deve essere necessariamente così, che ci sono ancora molte convenzioni da sfidare e stereotipi di genere da combattere, che a New Woman, flapper e spinster del secolo scorso ancora oggi una buona parte della società guarda con sospetto. Perché, a quanto pare, certi rigidi modelli sono difficili da superare e nonostante le conquiste, l’indipendenza economica, le possibilità professionali, tutto ancora pare tristemente ridursi a quella domanda:

“Chi sposerò? E quando?” sono queste le due domande fondamentali della vita di ogni donna, indipendentemente dal luogo in cui è cresciuta o dal suo credo o non-credo religioso. [Zitelle, Kate Bolick]
Mediante la ricostruzione delle vicende biografiche delle sue muse, l’indagine sugli sviluppi storici e sociali nella costruzione dell’identità femminile attuale, la rilettura dei testi fondamentali del femminismo novecentesco, ma soprattutto riflettendo sulla propria vicenda personale, Bolick regala quindi al lettore un libro intimo, ma non per questo meno puntuale e meditato, che si pone a pieno titolo al centro del dibattito sull’attuale condizione femminile ponendo l’attenzione su una particolare categoria delle donne single. Attraverso l’esperienza personale dell’autrice, che non teme di esporsi, le testimonianze indirette delle donne che l’hanno ispirata e delle letture condivise, impariamo anche grazie a testi come questo e il saggio di Traister che esistono molte forme di soddisfazione personale e che il matrimonio, a lungo considerato quale unica forma di realizzazione sociale ed economica possibile per una donna, è in realtà soltanto una delle scelte possibili e che oggi è quanto mai urgente battersi contro una mentalità troppo spesso ancorata a modelli e codici antiquati. Si può essere mogli, magari madri, ma non dovremmo sentirci in difetto se scegliamo di non esserlo, non dovremmo essere giudicate dalla società e nemmeno da noi stesse, troppo spesso così dure nell’osservarci.
Diventare adulti, assumersi le proprie responsabilità, raggiungere l’indipendenza economica, costruirsi una rete di amicizie ed affetti dentro e fuori dalla famiglia: obiettivi semplici eppure molto spesso ostacolati, da stereotipi sessisti quando non da convergenze economiche. Gli affetti, le amicizie, diventano quindi ancora più fondamentali per la donna single:

Ora capivo che essere costretta a uscire per cercare contatti umani spingeva una persona ad avere una vita più piena. Nei casi migliori il risultato era una rete complessa di amicizie di vario grado e intimità che, a quanto pareva, poteva essere un sostegno tanto quanto un nucleo famigliare, e forse anche più interessante. [Zitelle, Kate Bolick]
Lo sottolinea anche Traister, consapevole che anche relativamente ai rapporti di amicizia ci sono fraintendimenti che dovremmo superare:

L’amicizia femminile non era un premio di consolazione, una specie di surrogato sentimentale. Le donne che trovano l’affinità l’una nell’altra non si stanno accontentando. Anzi, forse è l’esatto contrario: scoprono un elemento di vitalità che mancava nei loro legami amorosi, e in questo modo fanno una cosa sana, e cioè elevano i loro standard.
Dovremmo tornare quindi ad arrabbiarci e a ribattere a tono di fronte alle odiose domande che parenti ed estranei si sentono sempre in diritto di fare sullo status sentimentale, sulle scelte di vita personali – avere o non avere figli, per esempio – e provare, ognuno con i mezzi che ha a disposizione, a cambiare questa società, che ancora guarda con sospetto alle donne single, specie quando il discorso si intreccia a sessualità ed indipendenza:

[…] le donne dovrebbero ricercare la sveltina della rivoluzione sessuale, come disse memorabilmente Erica Jong nel 1973, e «far sesso come gli uomini», come propose Samantha venticinque anni dopo nell’episodio pilota di Sex and the City – ovvero egoisticamente, cinicamente, senza coinvolgimenti emotivi. [Zitelle, Kate Bolick]
Le avventure in città di Samantha e delle sue amiche, la scopata senza cerniera celebrata da Erica Jong, le vite e le opere anticonvenzionali delle muse scelte da Bolick o dei nostri personali modelli di riferimento, l’indipendenza economica, professionale, sessuale che abbiamo faticosamente raggiunto o stiamo cercando di costruire: abbiamo il diritto anche di essere single, “perfino” soddisfatte di esserlo, smettendola di giustificarci o ancora peggio incolparci perché non rispondiamo a quello che la società vuole imporci come l’unico modello possibile, accettabile.
Le donne single stanno guadagnando spazio in un mondo che non è stato pensato per loro [All the single ladies, Rebecca Traister]
E lo fanno con fatica e tenacia, non sempre ci riescono, scontrandosi non solo con i pregiudizi ma anche con una serie di difficoltà concrete e quotidiane. L’indagine accurata di Traister, una lettura forse meno “emozionale” e scorrevole rispetto al testo di Bolick, di stampo quasi accademico, puntuale e ricchissima di spunti, rivela potenzialità e problemi dell’essere single, mettendo in luce entrambi gli aspetti di questa condizione mediante la voce delle donne protagoniste delle interviste da lei condotte, ognuna con la propria personale percezione del mondo, del matrimonio, della vita da single, con differenti carriere, estrazione sociale, razza, punti di vista. Ne deriva, quindi, un quadro complesso, vivissimo, della condizione femminile e di una società – quella americana – che definire contraddittoria è quasi un eufemismo, entro la quale per lungo tempo la donna non sposata è stata, e in parte ancora è, oggetto di giudizi, discriminazioni, accusata di egoismo, considerata in qualche modo difettosa. E dove la scelta, consapevole o meno, di essere single, le possibilità di realizzazione personale e professionale al di fuori della coppia, la rete di amicizie e di affetti che con ancor maggior determinazione ci si costruisce, la maternità indipendentemente dal matrimonio, la libertà sessuale, l’indipendenza, sono invece conquiste che non dobbiamo smettere di difendere e da cui partire per arrivare ad una società giusta ed equa nei confronti di tutti i suoi cittadini, indipendentemente dal sesso, dallo stato civile, dalla razza.
Quello fatto da Traister non è un ritratto perfetto di una condizione ideale e come Bolick, si è detto, rifiuta di fornire una sterile esaltazione della singletudine; ma, allo stesso tempo, non si abbandona nemmeno alla rabbiosa constatazione di tutte le colpe o presunte tali di una società troppe volte ancora maschilista o ferma ad un unico modello femminile ormai decisamente superato. Restituisce invece ai lettori uno spaccato veritiero della condizione delle donne single di oggi, tra difficoltà e contraddizioni, possibilità e desideri e, soprattutto, fornendo spunti di riflessione e proposte concrete ai problemi riscontrati. Laddove Bolick porta la propria esperienza personale, Traister sembra osservare la società tutta e spingerci a correggere quello che non va in essa, proponendo entrambe un modello femminile alternativo. Quel modello che oggi sembra farsi sempre più numeroso e la cui centralità nella società contemporanea non può più essere ignorata o stigmatizzata.

Probabilmente è ancora lontano il tempo in cui on remo dare conto delle nostre scelte sentimentali, giudicare noi stesse perché non ci siamo sposate o non abbiamo fatto figli, del perché siamo magre o siamo grasse, bionde naturali oppure tinte: ma verrà, ne sono certa, e allora la vita da single non sarà più vista come un difetto, una mancanza, ma in qualche caso, «una forma di liberazione».

Vogliamo il massimo di quello che possiamo ottenere: perché non dovremmo?