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Joyce Carol Oates, "Carthage"

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Carthage
di Joyce Carol Oates
Fourth Estate Editore, 2014
(non ancora edito in Italia)
pp. 482




La paura, il pregiudizio, la colpa, il ritorno, il distacco, la riconciliazione sono solo alcuni dei temi affrontati da Joyce Carol Oates nella sua ultima opera, Carthage, imponente lavoro che inizia come un mystery novel e poi, improvvisamente, si trasforma in romanzo psicologico. I temi si sovrappongono e fluiscono attraverso la vicenda narrata, restituendo un'immagine cruda e realistica di quella provincia americana tanto idealizzata quanto denigrata e derisa, milieu ideale dei complessi personaggi della Oates.

La provincia americana, quella Waste Land con le sue smalltown anonime e accoglienti, in realtà molto spesso fucine di irrequietezza, disagio e violenza, è argomento su cui sono stati versati fiumi di inchiostro, sia per cantarne la (immaginaria) dimensione comunitaria e solidale, sia per svelarne il lato oscuro. Punto di riferimento imprescindibile per tantissimi grandi scrittori americani, da Anderson a Masters a Mark Twain, soggetto privilegiato per le rassicuranti illustrazioni di Norman Rockwell o per la musica del Copland più descrittivo, la smalltown è in realtà una miniera di argomenti, situazioni e dinamiche collettive cui anche la Oates, in maniera magistrale, attinge copiosamente.



Tutta Carthage, cittadina (fittizia) dell'Upstate New York, è in allarme per la scomparsa della diciannovenne Cressida, la figlia più giovane di Zeno Mayfield, prominente uomo d'affari, ex sindaco, ex capitano della squadra di football e campione di "americanità" stimato e ammirato da tutti i suoi concittadini. Le ricerche si susseguono invano per settimane negli sterminati boschi delle circostanti Adirondack Mountains, in cui la ragazza era stata vista in compagnia di Brett Kincaid, l'ex fidanzato della sorella, tornato dalla guerra in Iraq devastato, oltre che nel fisico e nell'aspetto, fin nel profondo della psiche, a causa sia dell'esplosione che lo ha ferito sia dell'orrore delle inconfessabili - e difatti inconfessate - situazioni vissute, che lo hanno caricato di sensi di colpa angoscianti.

È su Kincaid che si concentrano i sospetti, su quell'ex studente modello, capitano della squadra di football (anche lui: evidentemente è una tappa obbligata per il successo), fidanzato della ragazza più bella della città, arruolatosi volontario per emulare quel padre mai conosciuto - aveva mollato lui e la madre dopo la sua nascita - che aveva prestato servizio nel Golfo nel 1991. Ecco però che all'improvviso tutto cambia, e il bravo ragazzo americano, nonostante gli onori tributatigli pubblicamente, viene immediatamente isolato e tenuto alla larga da tutto e tutti, a causa della sua supposta pericolosità, che causa nei concittadini una inconfessata ma palpabile paura e un misto di pietà e disgusto per il suo aspetto non più conforme all'immagine dell'eroe.

Da questa vicenda che dà inizio al romanzo prende il via una storia di insoddisfazione, fughe, rancori, sensi di colpa laceranti, voglia di riscatto, ritorni a casa. Il tutto narrato con la grande capacità cui la Oates ci ha abituati, fatta di personaggi completi e credibili, di suggestioni bibliche e shakespeariane, di profonde ispezioni nella psiche individuale e collettiva, di continui ondeggiamenti tra naufragio e redenzione.

La narrazione segue i punti di vista dei diversi attori, plasmandosi ogni volta sulle percezioni e sui pensieri di ognuno di essi. In questo modo si ricompone una sorta di quadro di partenza, costituito da quella famiglia Mayfield apparentemente felice, con un padre carismatico e rassicurante, una madre suburbanite protettiva (forse un po' stereotipata, almeno nella prima parte) e due figlie condannate a essere identificate come "quella bella" e "quella intelligente", definizioni che calzano strette in particolar modo a Cressida, the smart one, fulcro di una serie di fatti che sconvolgeranno la vita di tutti i protagonisti, che a fatica dovranno affrontare quello che Zeno definisce "assestamento sismico", un riallineamento che dopo una tragedia così estrema rimette in discussione i rapporti all'interno del contesto familiare.

Un romanzo molto bello, scorrevole e intrigante, impegnativo quanto basta perché la lettura non sia puro passatempo ma un'occasione per riflettere sulla complessità dei rapporti umani, sulla fragilità adolescenziale, sulla necessità di aggrapparsi alla speranza - concepita a un metalivello, oltre la mera religiosità - anche quando tutto sembra irrimediabilmente perduto.

Stefano Crivelli