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Dalla biblioteca di Piero Dorfles, "I cento libri che rendono più ricca la nostra vita"

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I cento libri che rendono più ricca la nostra vita
di Piero Dorfles
Garzanti, 2014

€ 14.90
pp. 304



Mettetevi comodi; armatevi di penna, block notes o supporti digitali a scelta e preparatevi a prendere appunti. Perché, lo sapete, l’effetto di un libro che parla di libri soprattutto se scritto da un raffinato lettore come Piero Dorfles è sicuramente quello di scatenare un’irrefrenabile voglia di correre al più presto in libreria/biblioteca ed allungare ancora la nostra personale – e potenzialmente infinita- lista di desideri letterari. Con la consueta precisione ed arguzia, Dorfles qualche mese fa ha infatti pubblicato per Garzanti una lista ragionata di 100 titoli «che rendono più ricca la nostra vita», una scelta assolutamente soggettiva e personalissima di un centinaio di libri che fanno parte di quella che non fatichiamo immaginare essere la piuttosto fornita biblioteca personale dell’autore. Come infatti spiega lo stesso Dorfles:
Si tratta […] della personalissima e discutibilissima selezione dei cento libri che oggi, in Italia, a mio avviso, è bene aver letto perché sono entrati a far parte dell’immaginario letterario collettivo; quelli che permettono di stabilire un contatto con gli altri lettori perché rappresentano un patrimonio comune ineludibile.
Una lista di libri di cui molti, moltissimi, sono classici che quasi sicuramente abbiamo letto, a cui probabilmente si aggiungono titoli che già conoscevamo e che potrebbero facilmente diventare le prossime letture di questo autunno in arrivo, quando magari più forte si fa sentire la voglia di un classico da alternare a novità editoriali. Certo l’idea alla base del libro di Dorfles non rappresenta una novità e va sicuramente incontro a critiche sui libri selezionati, sugli inevitabilmente numerosissimi esclusi e viceversa su alcuni inclusi che non raccolgono magari il favore del lettore, sull’orizzonte storico e geografico prescelto nella selezione.. E via dicendo.
Come lettrice con personalissimi gusti e predilezioni, ovviamente anche la sottoscritta ha avuto qualche perplessità di fronte per esempio alla scelta di Dorfles di inserire così tanti autori italiani (di cui certo, alcuni essenziali) sacrificando di conseguenza moltissimi romanzi e racconti che nel quadro generale dei titoli che hanno reso più ricca la mia vita sono stati sicuramente più fondamentali rispetto ad alcuni tra quelli scelti dal giornalista e critico letterario; a questo si aggiunge probabilmente anche il gap generazionale che divide la sottoscritta da Dorfles e dal contesto in cui intellettualmente si è formato, quindi nella mia ipotetica lista difficilmente mi sarei sentita di inserire Cuore o I ragazzi della via Pal. Quindi è inevitabile che intorno alle scelte compiute dall’autore del saggio possano nascere perplessità, ma ciò che senza dubbio vale la pena ricordare di fronte ad un libro come questo, è ciò che è insieme il suo valore e il suo limite: quella soggettività imprescindibile condizionata da numerosi fattori che vanno appunto dal gusto, dalle inclinazioni personali, all’età, il contesto in cui si è cresciuti, le influenze e i consigli, gli umori del momento e numerosissimi altri che per ognuno di noi contribuiscono a definire il lettore che siamo e a rendere liste di questo tipo intrinsecamente personali. Dorfles poi è chiaramente un lettore attento, magari profondamente ancorato al proprio tempo e con una chiarissima (e per certi versi più che condivisibile) predilezione per il romanzo ottocentesco, che non manca di stupire qui e là includendo libri che magari non ci saremmo aspettati di trovare (Via col vento, per fare solo un esempio) e soprattutto capace, nel breve spazio concesso ad ogni titolo, di darne un’analisi che lungi dall’essere esaustiva è comunque in grado di restituire al pubblico i punti cardine per affrontare una lettura consapevole. Nel farlo scivola purtroppo nell’errore di fornire troppi dettagli sulla trama, ma è davvero ammirabile la capacità con cui in poco più di tre pagine per libro riesce a cogliere e soprattutto a mettere a disposizione del lettore di questo suo saggio narrativo – un pubblico, badate bene, anche non specialistico- una breve ma pur sempre incisiva riflessione critica. Senza presunzione, senza insensate ambizioni di sorta, ma semplicemente appare come un naturale ampliamento di quel brevissimo spazio televisivo che Dorfles ha a disposizione nel programma Per un pugno di libri per trasmettere almeno in parte il suo bagaglio di competenza e amore sconfinato per la parola scritta.

Chiaramente dal critico ci si aspetta di più di un semplice elenco numerato, magari anche ordinato per preferenza, di 100 libri in qualche modo significativi per la sua identità di lettore; e il desiderio di metterne in luce quegli aspetti rilevanti cui poc’anzi si accennava si accompagna anche alla scelta di ordinare questi titoli in 10 capitoli-temi ognuno di essi preceduto da una breve introduzione che spiega le ragioni di tale raggruppamento tematico ed è ancora una volta l’occasione per riflettere in linea generale sul ruolo della lettura e del romanzo. Nel farlo, Dorfles costantemente riconduce il romanzo al presente e al contesto storico in cui ha visto la luce, dimostrando ancora una volta la profonda capacità del genere di comprendere un’epoca e i suoi valori, ma anche la forza dei classici di resistere allo scorrere del tempo e di rivelare nuove interpretazioni ad ogni rilettura. È uno sguardo a posteriori sui drammatici eventi del Novecento (la nascita dei totalitarismi, la guerra, la Shoa) e sulla crisi dell’uomo moderno (la solitudine, l’alienazione, la psicanalisi) ed è parallelamente uno sguardo su noi stessi e sul mondo attuale perché i dubbi etici ed esistenziali che ossessionano l’uomo sono gli stessi in ogni tempo, mutano forma ed urgenza ma non abbiamo mai smesso di interrogarci sulla violenza intrinseca nell’animo umano, sul potere e l’etica, sul destino, sulle passioni, sul nostro ruolo sociale. Dorfles cala il romanzo nel tempo per farne ancora una volta cosa viva, che sia la tragica storia di una donna lacerata dalla passione nella fredda Pietroburgo di fine Ottocento, lo smarrimento di un giovane di buona famiglia cacciato dall’università, o la brama di potere di un cinico arrampicatore sociale nella Parigi dei giornali. E poi Orwell, Levi, Vittorini, Conrad, Austen, Mann, London.. il saggio cita un buon numero di autori, per alcuni di essi ricordando più di un romanzo. Cento libri cita il titolo, ma in realtà il lettore scoprirà fuori dal conteggio un ultimo titolo, un racconto, entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo e che l’autore non può escludere da questo elenco.

È facile contestare le scelte, arrabbiarsi perché mancano nell’elenco di Dorfles autori che per noi sono fondamentali (a personalissimo esempio: Virginia Woolf, Pavese, Franzen, Smith, D.F.Wallace solo per citarne alcuni), sbadigliare di fronte a quello che ci appare ancora una volta un mai del tutto superato provincialismo o la volontà di fermare la linea di confine al Novecento escludendo il panorama letterario degli anni duemila che dopotutto ci ha regalato qualche titolo che non fatichiamo ad immaginare un giorno entrare a buon diritto nello scaffale dei classici (e qui mi ripeto, ma Donna Tartt è decisamente una delle voci attuali più potenti e intriganti). Potremmo stare qui per giorni a discutere sulle scelte di Dorfles e in fondo una delle cose più belle di libri come questo è proprio l’opportunità che ci danno di continuare ancora il discorso sulla magia delle storie, sulle nostre esperienze di lettori e di esseri umani; e sicuramente sarebbe divertente stilare la personale classifica dei 100 libri che hanno arricchito la nostra vita, seguendo però la guida del critico e non limitandoci a sterili elenchi da far circolare sui social network, ma sforzandoci di approfondire il perché delle nostre scelte, motivare la passione che ci ha inchiodati alle pagine di un romanzo che è davvero impossibile mettere via. Romanzi di formazione e d’avventura, indagine sociale e psicologica, romanzo storico, racconti: nel saggio di Dorfles trovano spazio sottogeneri diversi che, come si anticipava, l’autore cerca di ordinare secondo tematiche comuni e ricollegare al mondo di oggi, indugiando sul potere dei classici che sono tali per la capacità intrinseca di trascendere il tempo e sul lettore di oggi che si avvicina a testi scritti anche diversi secoli prima e da cui, ci si augura, non resterà deluso. Lo fa con uno stile volutamente lineare, chiaro e veloce, senza mettersi in cattedra o cedendo a facili pedanterie, ma costruendo un abile libricino chiaramente non destinato ad aggiungere fondamentali riflessioni nel campo della critica letteraria ma pensato come un dialogo leggero (e mai parola fu più fraintesa quando caricata di dispregiativo significato) tra bookslovers che si scambiano consigli letterari e riflessioni più o meno condivisibili.

Un elenco ragionato eppure necessariamente emotivo, non una lista di titoli ma un invito alla lettura di autori e testi più o meno noti al grande pubblico che lungi dall’essere esaustivo dal punto di vista critico è senza dubbio interessante punto di partenza per ripensare – e da qui ovviamente approfondire la questione su altri saggi specialistici- il nostro approccio alla lettura: più ragionato, capace di andare a fondo e svelare il substrato di non detto, collocando l’autore e il testo nella tradizione letteraria, sforzandoci di comprendere la visione del romanziere e la capacità o meno di quel dato testo di dialogare con il mondo reale. Perché oggi appare sempre più urgente riprenderci il ruolo di lettori consapevoli e attenti, capaci di pensiero critico indipendente; godiamo quindi di quello che leggiamo, ma affrancando la lettura dal misero ruolo di mero intrattenimento che sembra prendere piede. Se il saggio di Dorfles può invogliarci a nuove letture e spingerci ad un approccio più consapevole, credo I centi libri superi egregiamente il pericolo di sterile, soggettiva e quindi opinabile lista di titoli. È un atto d’amore verso la parola scritta, il potere della lettura intesa come «avventura dello spirito»:
I libri bisogna viverli, rileggerli, sentirli propri, personalizzarli, farli diventare una parte di noi come noi diventiamo una parte di quello che hanno dentro. Ecco, allora, se va bene, possiamo parlare di una lettura che ci ha veramente arricchito. […] Come dice il giovane Holden dei musei, i libri sono sempre gli stessi, mentre siamo noi che, ogni volta che li riprendiamo in mano, siamo cambiati. Dobbiamo riuscire a vivere la lettura come un’avventura dello spirito, un’esperienza della vita, un passaggio di maturazione. Ogni libro può esserlo, ma dobbiamo essere disponibili ad accettarlo come tale.
Ecco, al di là delle scelte personali condivisibili o meno, il senso profondo e il valore di questo semplice saggio di Dorfles ci pare in fondo essere proprio questo.