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Pillole di Autore: "La peste" di Albert Camus

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Il romanzo fa perno su un'immaginaria epidemia di peste che si abbatte su Orano, in Algeria. Attraverso il diario del dottor Rieux, Albert Camus ci permette di assistere alla drammatica recrudescenza di questo flagello, dalle sue primissime avvisaglie fino al giorno in cui la città non è più asserragliata dal male, che l'ha costretta a un lungo isolamento dal mondo, e può dunque rinascere a nuova vita.
Nella peste, metafora del male che attecchisce nella mente dell'uomo propagandosi come un'epidemia inarrestabile, si intravedono gli spettri del nazismo e i timori legati a una Terza guerra mondiale.
La peste simboleggia anche il castigo che Dio infligge agli uomini affinché possano espiare i loro peccati e riscattarsi attraverso un processo di purificazione, da intendersi nella sua accezione più sublime di "consapevolezza".
Non tutti gli abitanti di Orano scorgono l'insegnamento, che si cela fra le pieghe di questa punizione divina: c'è chi tenta di fuggire, chi si nasconde, chi indulge allo sciacallaggio. Eppure, qualcuno sceglie il sentiero della fratellanza e della solidarietà, che condurrà a una progressiva sconfitta della pestilenza, e al trionfo della vita sulla morte (anche in senso allegorico).
(Edizione di riferimento: La peste di Albert Camus, traduzione di Beniamino Dal Fabbro, Ed. Bompiani/RCS Libri, S.p.A., 2013)

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"Il male che è nel mondo viene quasi sempre dall'ignoranza, e la buona volontà può fare guai quanto la malvagità, se non è illuminata."
"Gli uomini sono buoni piuttosto che malvagi, e davvero non si tratta di questo; ma essi più o meno ignorano, ed è quello che si chiama virtù o vizio, il vizio più disperato essendo quello dell'ignoranza che crede di saper tutto, e che allora si autorizza a uccidere."
"Il gran desiderio d'un cuore inquieto è di possedere interminabilmente la creatura che ama o di poterla immergere, quando sia venuto il tempo dell'assenza, in un sonno senza sogni che non possa aver termine che col giorno del ricongiungimento."
"La verità germoglierà dall'apparente ingiustizia."
"Ascoltando, infatti, i gridi di allegria che salivano dalla città, Rieux ricordava che quell'allegria era sempre minacciata: lui sapeva quello che ignorava la folla, e che si può leggere nei libri, ossia che il bacillo della peste non muore né scompare mai, che può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere, nelle cantine, nelle valigie, nei fazzoletti e nelle cartacce e che forse verrebbe giorno in cui, per sventura e insegnamento agli uomini, la peste avrebbe svegliato i suoi topi per mandarli a morire in una città felice."